16 gennaio 2021

UN PIANO AMBIENTALE PER LA CITTÀ METROPOLITANA

Rivedere la priorità tra la valutazione di impatto e gli altri strumenti urbanistici


Le priorità temporale tra strumenti urbanistici va riconsiderata. Oggi spesso si opera su realtà consolidate e dunque con scarsa efficacia finale.

La valutazione ambientale dei piani e dei progetti è tanto più efficace quanto più riesce a intervenire a monte, nelle prime fasi del processo decisionale, quando le scelte sugli aspetti strategici sono ancora fluide. Fin dall’inizio i temi ambientali devono avere dignità e considerazione pari a quelle dedicate ai temi economici e sociali.

Imm. Pompilio

La valutazione ambientale strategica è uno strumento introdotto durante gli anni Novanta (in Europa con apposita direttiva nel 2001) proprio per raggiungere questo scopo. Ma nella prassi le cose non vanno come le norme vorrebbero. Spesso la valutazione, percepita come ridondante adempimento amministrativo dagli operatori, e anche da molti enti pubblici, viene confinata alle fasi terminali, quando le decisioni sono state prese o si sono già consolidate, a quel punto potendo al più incidere solo su aspetti di dettaglio marginale.

I piani territoriali, e in particolare quelli di area vasta, possono contribuire a correggere questa prassi distorta. Le questioni ambientali per essere affrontate, o anche solo capite, richiedono una visione di insieme capace di andare oltre i confini amministrativi dei comuni. Si pensi all’inquinamento atmosferico, ai problemi idrogeologici dei corsi d’acqua, che ne travalicano i confini, per fare solo due esempi.

Il Piano territoriale metropolitano (PTM) di Milano (1) partendo dagli obiettivi di sostenibilità e dai tempi dettati dall’Agenda 2030 definisce un sistema di strategie e priorità ambientali che collocate a monte del processo decisionale hanno contribuito alle scelte e ai contenuti di tutti i temi del piano, quindi anche di quelli relativi a infrastrutture, grandi insediamenti, servizi, mobilità, ecc. Il PTM definisce inoltre un sistema di obiettivi e azioni di sostenibilità di riferimento per i comuni, i quali dovranno da questi partire per articolare alla scala di maggiore dettaglio gli obiettivi delle comunità locali e i contenuti dei Piani di governo del territorio (PGT).

Il PTM affronta i temi ambientali la cui attuazione e gestione compete alla Città metropolitana (es: risorse idriche, impianti rifiuti, bonifiche, cave, autorizzazioni in materia di energia e qualità dell’aria) ma nel piano devono essere considerati anche i temi ambientali che sono oggi di competenza di altri enti, per esempio della Regione Lombardia (pianificazione qualità dell’aria, pianificazione rifiuti, programma energetico, caccia e pesca, agricoltura e foreste). Purtroppo a seguito della Legge 56/2014 (la cosiddetta “riforma Delrio” su province e città metropolitane) molte regioni hanno avocato a sé diverse delle funzioni ambientali che per tanti anni sono state egregiamente svolte dalle province.

Tuttavia la Città metropolitana è secondo le indicazioni della Costituzione e delle norme generali dello Stato ente che rappresenta la comunità metropolitana e che ha il compito di curarne gli interessi, e di promuoverne e curarne lo sviluppo (2). Il suo piano territoriale deve quindi potere integrare secondo una visione organica e unitaria tutti i temi che riguardano il territorio e la comunità metropolitana, anche quelli di competenza di altri enti, territoriali e di settore, regione inclusa.

L’ambiente e i suoi obiettivi sono considerati nel PTM tema trasversale, e quindi intervengono per indirizzare le scelte in tutte le componenti del territorio (grandi insediamenti, mobilità e infrastrutture, servizi, paesaggio, agricoltura, attività industriali, qualità dell’abitare, ecc.). Il piano comprende azioni specificamente volte a mitigare gli impatti sull’ambiente, la pressione sulle risorse scarse e non rinnovabili, e sistemi di azioni volte, attraverso un approccio integrato, a riorganizzare e preparare il territorio per reagire, adattivamente e tempestivamente, alle conseguenze dei cambiamenti climatici.

Una sezione specifica delle norme di attuazione del piano viene dedicata ai temi di emergenza ambientale, ossia a quei temi, oggetto dell’Agenda 2030, che dopo tanti anni di disattenzione costituiscono un’urgenza non più rinviabile, e sui quali è quindi necessario focalizzare l’attenzione in via prioritaria. Due sono gli aspetti emergenziali trattati: la tutela delle risorse ambientali scarse e non rinnovabili e i cambiamenti climatici.

Nella tutela delle risorse ampio spazio è ovviamente dedicato al tema del consumo di suolo, dove il PTM è tenuto ad articolare a livello metropolitano gli obiettivi generali definiti dall’apposita integrazione al Piano territoriale regionale (PTR) approvata nel 2019. Il piano introduce inoltre i temi del contenimento, o meglio dell’invarianza, dei consumi energetici, delle emissioni in atmosfera e dei consumi di risorsa idrico potabile.

Invarianza significa che i piani devono includere azioni di riduzione volte a compensare i maggiori consumi dovuti alle nuove previsioni insediative e infrastrutturali. Il PTM dispone che i comuni in sede di redazione del PGT sviluppino un bilancio a somma zero tra azioni di riduzione e maggiori consumi.

Il principio di invarianza viene dal PTM applicato in modo del tutto analogo alle emissioni in atmosfera con riferimento agli inquinanti più critici per le aree urbane: ossidi di azoto (NOx), particolato fine (PM10) e ultrafine (PM2,5). Anche qui i comuni nei PGT devono costruire un bilancio in cui stimano le emissioni dovute alla maggiore pressione insediativa e prevedono le azioni per compensare a somma zero tali emissioni. Questi possono ad esempio includere: interventi sul traffico, incrementi del trasporto pubblico, sostituzione degli impianti di riscaldamento obsoleti, sviluppo del piano degli orari, maggiore efficienza energetica nel patrimonio edilizio esistente.

Lo stesso principio di invarianza viene applicato anche ai consumi di acqua potabile, risorsa preziosa che viene spesso sprecata a causa di usi impropri, vetustà della rete di distribuzione, generale mancanza di limitatori o regolatori dei flussi nell’edilizia esistente. Nel PGT devono essere individuate le azioni necessarie per contenere l’indice comunale di consumo idrico pro-capite.

Altre indicazioni sono previste dal PTM per tutelare la risorsa idrico potabile dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo. Alcune disposizioni riguardano quei comuni nei cui territori sono localizzate aree di ricarica dell’acquifero sotterraneo, al fine di proteggere la qualità della risorsa idrica potabile dagli inquinanti che percolando si diffondono nel suolo e nelle falde. Altre disposizioni impongono nei progetti la raccolta delle acque meteoriche e il loro riutilizzo per fini secondari non potabili, come l’innaffiatura di giardini, il lavaggio di strade e pavimentazioni.

La raccolta delle acque meteoriche è anche azione finalizzata al rispetto del principio di invarianza idraulica. Introdotto in Lombardia nel 2017 (3) richiede nei progetti edilizi di compensare gli effetti dell’impermeabilizzazione del suolo con interventi (vasche o altre modalità) che durante gli eventi meteorici intensi facilitino la percolazione delle acque in falda oppure la raccolta, la ritenzione e il successivo graduale smaltimento nei corsi d’acqua.

Il PTM contiene a tale fine disposizioni progettuali, accompagnate da abachi di esempi applicativi, che i comuni applicano nei propri strumenti di pianificazione e regolamentazione territoriale o edilizia. L’incremento in frequenza degli eventi meteorici intensi si osserva da qualche anno anche nel territorio milanese, tra le conseguenze dei cambiamenti climatici cui tutto il pianeta è soggetto in questi anni.

Il PTM affronta, tra i primi strumenti di pianificazione territoriale a farlo a livello Europeo, il fenomeno dell’isola di calore, anche esso in via di intensificazione in conseguenza dei cambiamenti climatici. La densità edilizia, la presenza di ampie superfici pavimentate e per contro di una sempre più limitata percentuale di superfici verdi permeabili, sono alla base della formazione dell’isola di calore che sia in estate che in inverno porta nelle aree urbane all’incremento delle temperature diurna e notturna di diversi gradi.

Il fenomeno è particolarmente evidente e fastidioso nelle notti estive, con il rilascio lento in forma di calore dell’energia accumulata durante il giorno dalle superfici artificiali, soprattutto pareti e tetti in cotto o cemento, pavimentazioni in asfalto. Le differenze con le aree di campagna possono raggiungere in alcune zone anche i 6-7 gradi.

Il PTM contiene un sistema di disposizioni da inserire nei piani e regolamenti edilizi comunali, e da applicare nei progetti, per contenere l’uso di materiali con indici elevati di assorbimento di energia da irraggiamento, per adottare soluzioni del tipo tetti o pareti verdi, per inserire vegetazione arborea che crea ombreggiamento e assorbe energia, per modulare la geometria degli spazi urbani (ampiezza sede stradale e altezza edifici) al fine di favorire la dispersione del calore evitando di intrappolarlo negli stretti canali stradali. Ulteriori indicazioni del PTM riguardano la realizzazione di corridoi verdi di ventilazione che disposti lungo la direzione dei venti dominanti favoriscano il ricambio d’aria tra le zone più densamente edificate e la campagna circostante.

Questi sono in grande sintesi i temi ambientali prioritari. Il PTM contiene in realtà in tutte le sue componenti (insediative, infrastrutturali, paesaggio, servizi, …) disposizioni dove gli aspetti ambientali, in modo diretto o indiretto, hanno una parte determinante nelle scelte di pianificazione. L’elenco sarebbe lungo, ma si possono fare un paio di esempi, le APEA e la rete verde.

Per individuare i poli produttivi industriali sovracomunali, sia su nuove aree che su aree produttive esistenti o dismesse, è richiesta la qualifica di Area Produttiva Ecologicamente Attrezzata – APEA (art 26 del d.lgs 112/1998) che si ottiene rispondendo ad una serie di requisiti relativamente a temi come l’accessibilità, il consumo di suolo, la dotazione di impianti per l’utilizzo dell’energia solare, il contributo alla realizzazione di obiettivi paesaggistici.

Il PTM contiene una proposta di schema direttore per la rete verde metropolitana, alla quale comuni e altri enti territoriali e di settore saranno chiamati a contribuire nella fase di attuazione. In un territorio densamente urbanizzato come quello metropolitano, dove gli spazi verdi scarseggiano e sono quindi preziosi per mantenere un minimo equilibrio tra costruito e non costruito, la rete verde assegna una o più funzioni alle aree ancora libere da edificazioni e ne definisce le condizioni attuative. Rafforzare il ruolo di tali aree è un modo efficace per preservarle dagli appetiti di trasformazione insediativa. La rete verde non è dunque intesa come mero rimedio mitigativo introdotto a posteriori ma assume importante ruolo strategico nel determinare l’assetto dell’area metropolitana.

Con lo schema direttore di rete verde il PTM punta a ricomporre paesaggisticamente il territorio non urbanizzato secondo una visione unitaria e organica di obiettivi di rinaturalizzazione, fruizione paesaggistica, tutela degli elementi e delle zone di pregio della cultura rurale, e mantenimento delle funzioni agricole insediate. La rete verde metropolitana si occupa di rafforzare gli ecosistemi naturali attraverso l’attuazione del progetto di rete ecologica, di promuovere la fruizione e la conoscenza del territorio rurale attraverso la realizzazione di percorsi ciclopedonali che mettono tra loro in collegamento i parchi esistenti e programmati, di contribuire al contenimento dell’isola di calore attraverso il potenziamento del verde e la creazione di corridoi di ventilazione, di contribuire a contenere il consumo di suolo e le emissioni di CO2, a raggiungere gli obiettivi di laminazione delle piene, a contenere la conurbazione e la diffusione urbana incontrollata meglio definendo i margini urbani e il rapporto città-campagna.

Quanto illustrato qui in sintesi mostra che nel PTM è stato definito un sistema di riferimento solido e articolato per affrontare i temi ambientali. Potrà essere utilizzato dalla Città metropolitana, ma anche anzi soprattutto dai comuni e dagli altri enti e istituzioni che operano sul territorio. Il piano, adottato a luglio dal Consiglio metropolitano, è in fase di approvazione. È ora il momento di pensare ai prossimi passaggi. Bisogna consolidare il percorso attuativo, che vede i comuni come principali protagonisti. Bisogna rassicurare i comuni creando strumenti che ne facilitino l’azione, per esempio preparando manuali e linee guida applicative molto concreti, ricchi di esempi, di metodi semplici e pratici, di parametri da usare e banche dati alle quali attingere utili informazioni. Con un sistema di strumenti di sostegno a disposizione sarà più facile per i comuni vedere le indicazioni del PTM non come un ulteriore fardello ma come un aiuto ad affrontare aspetti, quelli ambientali, sui quali i cittadini chiedono ai loro sindaci con sempre più urgenza un impegno concreto.

Bisogna quindi procedere celermente all’ultimo passaggio di approvazione finale del PTM prima che il mandato amministrativo del Sindaco sia terminato. Questo PTM è una grande occasione, da non perdere, per dotare l’area metropolitana, e i suoi sindaci, di un riferimento organico che metta i temi ambientali al centro dell’attenzione nei percorsi decisionali su infrastrutture, mobilità, grandi insediamenti, e nelle scelte di conformazione del suolo della pianificazione comunale.

Marco Pompilio

NOTE:

  1. Il PTM è stato adottato dal Consiglio metropolitano il 29 luglio 2020. Gli elaborati sono consultabili e scaricabili dal sito internet della Città metropolitana all’indirizzo https://www.cittametropolitana.mi.it/PTM/iter/adozione/index.html
  2. Si veda l’articolo 3 comma 3 del d.lgs 267/2000, Testo unico degli enti locali: “La provincia, ente locale intermedio tra comune e regione, rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo”
  3. L’invarianza idraulica e idrologica è stata introdotta in Lombardia dal Regolamento Regionale n.7 del 23 novembre 2017. L’articolo 1 comma 1 definisce lo scopo del regolamento: “Al fine di perseguire l’invarianza idraulica e idrologica delle trasformazioni d’uso del suolo, riequilibrare progressivamente il regime idrologico e idraulico naturale, conseguire la riduzione quantitativa dei deflussi, l’attenuazione del rischio idraulico e la riduzione dell’impatto inquinante sui corpi idrici ricettori tramite la separazione e gestione locale delle acque meteoriche non suscettibili di inquinamento, il presente regolamento definisce, in attuazione dell’articolo 58 bis della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), criteri e metodi per il rispetto del principio dell’invarianza idraulica e idrologica, che devono essere anche utilizzati dai regolamenti edilizi comunali per disciplinare le modalità per il conseguimento dei principi stessi, e specifica, altresì, gli interventi ai quali applicare tale disciplina ai sensi dell’articolo 58 bis, comma 2, della stessa l.r. 12/2005”.



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