3 gennaio 2021

LA MILANO DEL POST COVID ED IL RILANCIO DI BEPPE SALA

Viglia di una lunga campagna elettorale


Da più parti si dà per scontata la rielezione di Beppe Sala ma esistono anche dubi sulla sua capacità di “cambiare registro” visto i diversissimi panorama della città non ancor uscita dal Covid.

Due mesi dopo il termine che si era dato, Beppe Sala ha lanciato la sua candidatura a prossimo Sindaco di Milano. Cosa attesa, quasi scontata, ma il campo democratico l’attendeva non senza qualche trepidazione ed ora sente di aver messo in cassaforte la prossima battaglia comunale.

Ha scelto il 7 dicembre, Beppe Sala, per l’annuncio, data simbolica per chiamare a sé la vicinanza beneaugurante del Vescovo Ambrogio, ispiratore autorevole e non sempre ascoltato, dei valori più profondi della città. Un richiamo che, in tempi purtroppo ancora drammatici, possiede una valenza attualissima, ma che chiede di essere proposto ed accolto senza ambiguità e furbizie.

In effetti, se Beppe Sala può essere garanzia di successo elettorale probabile, cosa in sé notevolissima, occorre porre e porsi qualche interrogativo sulla relazione tra il momento storico in cui si pone ed il suo profilo personale.

Come manager, amministratore e politico, ha compiuto un percorso che ha inciso sulla sua figura pubblica e, forse, sulla sua visione delle cose e di Milano, ma è pur vero che, come massimo dirigente di EXPO 2015 e come Sindaco degli anni successivi, ha inscritto atti e strategie tutte interne ad una rappresentazione di sviluppo che la crisi pandemica ha messo in crisi.

La Milano Smart giocata sul terreno dell’attrattività globale, alimentata dall’intreccio tra investimenti immobiliari, nuovo skyline, grandi eventi, turismo internazionale, sistema dell’ospitalità e della ristorazione, che pure mostrava già qualche segno di difficoltà (come altre metropoli internazionali), non appare più all’ordine del giorno, anzi è ormai datata.

Per qualche tempo Beppe Sala ha tardato a farsene una ragione, non solo lui s’intende, e si è affannato a dare nuovi giri di manovella al meccanismo inceppato, ma presto gli slogan “Milano riparte” si sono spenti, soffocati dall’impatto devastante del virus: turisti e uomini d’affari a casa, eventi annullati, certo e questo basterebbe pure, ma anche un clima sociale e culturale poco disponibile a riprendere le cose come prima.

Il business non è più usual, e Beppe Sala, non privo di sensibili antenne, qualche tempo fa ha segnalato ai naviganti che quella Milano difficilmente si potrà rivedere e che bisogna ripensare il modello post EXPO. Il richiamo ad Ambrogio è il segnale, il sintomo, di un tentativo, lodevole nelle intenzioni, di riqualificare la proposta politica, e, nel momento in cui centra il messaggio sulla capacità inclusiva della città come cifra essenziale della sua identità, appare perfino sincero.

Ma basta? Aldilà delle evocazioni, Beppe Sala possiede lo spessore culturale, la capacità di visione, i contenuti di programma, che lo dovrebbero caratterizzare come Sindaco della Ricostruzione post covid? Un sindaco che necessariamente deve ripensare a fondo un modello di sviluppo, economico, sociale, e soprattutto culturale, non più sostenibile, e non solo a causa della pandemia.

Per alcuni, da tempo “«L’impressione è che Milano vada verso un modello Londra: una città molto attrattiva dal punto di vista internazionale, che però tende a espellere dal contesto urbano chi non può permettersi un certo tenore di vita”. Ma si dovrebbe aggiungere, non solo ferocemente escludente di chi non dispone di reddito adeguato, ma soprattutto dolorosamente sconnesso tra luoghi centrali deputati a vetrina del bello e luoghi delle periferie, che pare vivano un’altra realtà, quella delle case popolari fatiscenti, della solitudine e dei servizi non sempre adeguati, in città e nella metropoli. Un discorso questo, che ha molte cause e diverse, non tutte imputabili al governo cittadino, ma su cui punterà certamente la destra populista, un discorso pericoloso che pure esiste e che deve essere messo in conto quando si fa il bilancio del centro sinistra negli ultimi 8 anni.

Si è fatto molto, per alcuni, non abbastanza però per molti altri, e cosa da non dimenticare, sulla sofferenza sociale delle classi e dei ceti più poveri e disagiati, la destra ha costruito la vittoria in molti Municipi cittadini.

Quale destino allora per Milano, quale identità nuova, quale proposta politica, capace di riconnettere centro e periferie, cittadine e metropolitane? Quale visione ampia, di lungo respiro, può fare da spartito per il nuovo messaggio? Quale programma può dare fiato, con gli investimenti del Recovery Fund, ma non solo, a questa visione?

E soprattutto Beppe Sala non rischia di rimanere ancora prigioniero lui per primo di un progetto ormai superato e che soprattutto richiede una svolta radicale?

È lui il Sindaco capace davvero di immaginare, prima che di governare, il post covid di Milano? Noi lo speriamo, e lo vogliamo aiutare, con decisione però e senza limitarci a portare acqua ad una proposta ancora tutta da costruire.

Il Recovery Fund offre il contesto finanziario e programmatico dove situare la nuova Milano post covid, ma non è scontato il saperne approfittare, utilizzandolo a sostegno di una revisione sistematica di quel modello di sviluppo, così attrattivo ma anche così ingiusto?

Transizione ecologica, servizi per la mobilità, politiche urbanistiche, servizi sociali, sono temi che non solo chiedono ampio respiro innovativo, ma anche la lucidità nel collocarle sui contesti di territori dove possono essere effettivamente governati. Questa della Città metropolitana è forse la maggior debolezza del bilancio dell’ultima consiliatura e la maggior zavorra della prossima, o davvero si può legittimamente pensare di governare i 700.000 city users con la bella favoletta delle piste ciclabili in viale Monza?

Ben venga allora la ricandidatura di Beppe Sala, ma non lasciamolo solo nella rielaborazione del profilo di Milano. Lui forse non lo chiede, ma ne ha tanto bisogno.

Giuseppe Ucciero



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  1. Annalisa FerrarioPurtroppo Sala ha annunciato la sua ricandidatura. Si è persa quindi l'occasione per un vero ripensamento delle politiche degli ultimi anni e di un nuovo rilancio nel futuro. Dubito assai infatti che chi è stato protagonista di una stagione (la continuità con le politiche del centrodestra con una spruzzatina di tematiche "sociali") sia in grado di capire e cambiare la situazione. Chi è Sala lo si è capito bene: ex direttore generale della Moratti, nominato da Renzi, sprezzante nei confronti di chi chiama "estremisti" (ma che gli hanno permesso di vincere per un soffio al ballottaggio, cosa che non ha ancora capito), si distingue per le infelici uscite su troppi temi: non solo su covid e smartworking, ma anche su piazza Fontana (dimenticandosi del ruolo dei servizi segreti dello Stato... per fortuna c'è stato il democristiano Mattarella che glielo ha prontamente ricordato) o sulle foibe (dimenticandosi delle colpe italiane: anche qui, grazie Mattarella), in tutte le occasioni insomma non fa altro che rivelare quello che realmente è: un manager di destra. Anche nell'annuncio della ricandidatura ("sono pronto") non una parola su quello che vuole fare per i suoi concittadini, nulla sui programmi: sembrava l'annuncio di uno sportivo che si prepara a una gara. E questo dovrebbe fare la rivoluzione? E chi ci crede? E di che tipo, soprattutto? Come dice il proverbio, non puoi insegnare nuovi trucchi a un vecchio cane. Questa è solo propaganda. E la conclusione è una sola: non lo si può votare. Purtroppo. Saluti
    6 gennaio 2021 • 10:40Rispondi
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