3 gennaio 2021

L’UE PENSA A NOI

Gli stati nazionali e l’Europa


Gli Stati nazionali e i loro leader. In particolare i cosiddetti “frugali” temono, a ragione, che i soldi della UE vengano gestiti male e generino corruzione ma sanno che senza la UE non usciremo dal tunnel dalla pandemia.

«I cittadini degli Stati ‘frugali’ temono un possibile spreco del piano di rilancio europeo», titola un articolo di Marie Charrel (Le Monde La lettre éco, 30/11/20, online) su uno studio ECFR-European Council on Foreign Relations, da cui risulta che otto cittadini su dieci in Austria, Danimarca, Olanda, Svezia «respingono l’idea secondo cui “l’Unione europea stanzia troppi soldi”: lo pensa solo il 20% di svedesi e austriaci (contro 17% in Francia), il 22% di danesi e il 24% di finlandesi e di olandesi».

«Non li preoccupa ‘spendere di più’ ma spendere male – in particolare il rischio di spreco e corruzione nei paesi beneficiari. Inquietudine particolarmente viva in Austria (48%). “Questi dati mostrano che l’etichetta ‘frugale’ non rispecchia l’opinione pubblica”, conclude lo studio. Anche se la coalizione dei ‘frugali’ ha avuto un successo tattico nei negoziati sul piano di rilancio, in futuro questi politici dovranno mostrare una più precisa comprensione della posizione dei loro cittadini”».

«Lo studio non dice quali stati suscitino timori di spreco e corruzione: sud della zona euro? Est? Si deve concludere che tra i paesi membri i cliché nazionali sono duri a morire? “In parte sì, ma non del tutto: i dubbi mettono il dito su un problema vero che, non risolto tempestivamente, diventerà una bomba a orologeria” si preoccupa un eurodeputato. “Denunce di corruzione e ripetuti scontri su questioni inerenti lo Stato di diritto hanno incrinato la fiducia in un momento decisivo e suscitato [tra i frugali] timori che l’UE non sia più una squadra che condivide responsabilità e valori democratici”, spiega Susi Dennison, co-autrice dello studio». «“Se i governi ‘frugali’ inizialmente si opponevano al piano per riluttanza verso debiti condivisi e spese, alla fine lo hanno sostenuto solo perché i fondi sono ormai condizionati allo Stato di diritto” conclude l’eurodeputato».

È questione di democrazia prima che di soldi.

«Per gli intervistati dei paesi ‘frugali’ il maggior contributo UE nel promuovere i loro interessi non è economico, ma la libertà di vivere e lavorare negli altri paesi (32%), o nel cooperare per la sicurezza, la giustizia e il terrorismo (24%). Molto fermi nel progetto europeo, deplorano che l’influsso dei loro paesi su questi temi sia diminuito in anni recenti. Quali conclusioni? I ricercatori EFCR sono ottimisti. Tenendo meglio conto delle aspirazioni dei loro cittadini, i ‘frugali’ possono divenire ‘trasformatori’. Invece di esigere ‘meno’, possono battersi per ‘più’ grandi temi sociali. Anzitutto, la difesa della democrazia, “perché il rischio è che gli strumenti di cui l’UE dispone attualmente siano insufficienti e difficili da mettere in atto”, sottolinea Pawel Zerka, coautore».

Democratici europei dinanzi alla comparsa di un «potere grottesco che incarna una nuova forma di potere e gesticola sulla ribalta, fa circolare ‘fake news’, provoca e si mantiene non con la razionalità, la tradizione o il carisma caro a Max Weber, ma con l’irrazionalità, la trasgressione, la pagliacciata». «Anziché attenuare gli eccessi di questo potere, la pandemia di Coronavirus ne è stata teatro grottesco. Capi di stato hanno rivaleggiato in incompetenza e irrazionalità a fronte d’una grave crisi sanitaria. Il ridicolo non ha più avuto limiti, dalle posture virili alle forme più arcaiche di magia e religiosità […]. Ma la gestione catastrofica della crisi da parte di questi governanti non li ha per nulla squalificati. Al contrario, ha consolidato la base dei loro sostenitori, e soprattutto consentito loro di manifestare una forma di impunità, a riprova che non dipendevano da alcun giudizio politico, scientifico o morale e potevano dunque imporre incondizionatamente la loro volontà».

«Non governano più in democrazia, ma speculano al ribasso sul suo discredito, per consolidare la credibilità del loro ‘discorso’ a spese del ‘sistema’» e per farlo utilizzano gli esperti di big data «capaci di sfruttare le potenzialità politiche del Web e di canalizzare nelle urne la collera generata nelle reti sociali». « Sotto l’apparente disordine del carnevale, il rigore degli algoritmi » [Christian Salmon, La tyrannie des bouffons, Les liens que libèrent, 2020, recensione di Vanessa Schneider, «La mécanique du pouvoir grotesque», Le Monde, 7/11/20, online]. «Ovunque si guardi, il grottesco sembra avere preso il potere: Donald Trump negli Stati Uniti, Jair Bolsonaro in Brasile, Boris Johnson nel Regno Unito, Matteo Salvini e Beppe Grillo in Italia, Narendra Modi in India, Volodomyr Zelensky autodefinitosi clown a capo dell’Ucraina, Viktor Orbán in Ungheria o Jimmy Morales in Guatemala» [Schneider, cit.].

Questi sovranismi digitali scimmiottano la sovranità, il potere originario indipendente da ogni altro che per secoli ha dominato l’Europa e il mondo fino alla seconda guerra mondiale, colpa di un’Europa uscitane distrutta, poi ricostruita come Comunità Economica Europea, via via fino a diventare Unione Europea anche politica in un mondo in radicale transizione politica e tecnologica. Infatti, «nel corso di questi ultimi tempi gli europei hanno sempre più frequentemente dimostrato di avere gli stessi interessi. Un grande antenato di Churchill usava dire che l’interesse non mente mai. Aggiungo che la retorica di molti politici, invece, non smette mai di mentire» [Sergio Romano, «Il senso dell’Unione Europea: solidarietà nei momenti più bui», Corriere della Sera, 20/12/20, p. 21].

Invece, «dopo avere approvato alcune leggi punitive illiberali contro la loro magistratura i governi di Polonia e Ungheria non hanno esitato a paralizzare l’istituzione in cui erano stati generosamente ammessi nel 2004. Hanno il diritto di continuare a farne parte?» [Sergio Romano, «I ‘dispetti’ di Polonia e Ungheria: membri della Ue soltanto di nome», Corriere della Sera, 27/12/20, p. 15].

I sovranismi hanno la grottesca pretesa di tornare al passato, ma in UE democrazia e investimenti condivisi sono facce della stessa moneta, l’euro odiato dalle forze sovraniste, «accomunate soprattutto dall’evidente obiettivo di tutelare in primo luogo le rispettive priorità interne» del potere sovrano [che sta sopra: Treccani] sui sudditi [sottomessi: Treccani]. Brexit, per dire. Da noi è la presunta sovranità su di noi famiglie, imprese, istituzioni finanziarie per ripagare con i nostri risparmi il debito pubblico.

Negata e ancor oggi contestata dai sovranisti, la pandemia fa esplodere il nostro debito pubblico, non più compensato né compensabile dal maggiore risparmio privato prodotto dal blocco pandemico degli investimenti, che può essere superato solo grazie all’Unione Europea e alla Banca Centrale Europea. Lo sanno i cittadini europei che uniscono nello stesso impegno investimenti e democrazia, perché ogni organizzazione vive solo con obiettivi, regole e responsabilità condivisi. E rispettati.

Cittadini europei di nascita e diritto, sta a noi esserlo di fatto in questa radicale transizione, anche a nome e nell’interesse di chi non riesce o non vuole capire, evitando il suo errore: nessuno basta a sé stesso, tanto meno i sovrani che senza sudditi non esistono nemmeno, mentre in democrazia cittadini si nasce.

Giuseppe Gario



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