2 gennaio 2021

EMERGENZA PANDEMICA E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE METROPOLITANA

Come intervenire per ridisegnare i territori?


Quali dati, quali riflessioni ci servono per capire, quando il Covid sarà passato, come possiamo e riusciremo a ridisegnare i nostri territori?

pompilio

Il Piano territoriale metropolitano (PTM) adottato a luglio 2020 dal Consiglio della Città metropolitana riguarda una delle aree urbane più duramente colpite dall’emergenza pandemica a livello nazionale ed europeo. Il piano era stato completato nei contenuti e messo a disposizione per i commenti del pubblico a inizio febbraio, quindi poco prima che si manifestasse anche nel nostro Paese la crisi pandemica. Per quanto un piano di questo tipo, che si attua nel medio – lungo periodo, non potrà incidere su questa crisi che si spera risolta entro il 2021, è tuttavia lecito, e anzi doveroso, domandarsi se e come un piano territoriale possa contribuire alla ripresa economica nel dopo pandemia o a prepararci meglio ad affrontare eventuali eventi futuri analoghi facendo tesoro dell’esperienza in corso.

La pianificazione del territorio, o urbanistica quando riguarda il livello comunale, non ha nel nostro Paese specifiche competenze in tema sanitario, eppure l’urbanistica moderna nasce durante l’Ottocento occupandosi delle conseguenze sanitarie dell’industrializzazione e delle condizioni malsane nei centri storici. Risalgono a quegli anni gli interventi di risanamento che hanno interessato molte città. Famoso quello di Napoli, con gli sventramenti dei vicoli e l’apertura del cosiddetto Rettifilo tra Piazza Borsa e piazza della Ferrovia. Dopo una grave epidemia di colera, si riteneva che tra le cause vi fossero il sovraffollamento e la scarsa ventilazione negli stretti vicoli del centro. L’urbanistica razionalista con l’introduzione della “zonizzazione” ha creato aree di specializzazione funzionale, concentrando in alcune la funzione abitativa per separarla, per motivi sanitari, dalle altre funzioni soprattutto quelle produttive industriali. In tempi più recenti ci si è resi conto che la mancanza di un adeguato mix funzionale e la concentrazione delle componenti economicamente più disagiate della popolazione in zone monofunzionali, i quartieri popolari, ha portato a drammatici problemi di disagio sociale.

Con il passare degli anni l’intento sanitario passa in secondo piano rispetto ai meccanismi della rendita fondiaria e agli ampi guadagni che permette ai proprietari dei suoli di realizzare, a discapito della comunità che con i proventi di quella rendita potrebbe dotarsi di infrastrutture e servizi. Questa situazione continua fino al manifestarsi nel 2007 della crisi economica che ha colpito anche il mercato immobiliare. Da qualche anno gli aspetti sanitari stanno riguadagnando spazio nei piani, nella forma di attenzione ai temi ambientali e di paesaggio. I piani territoriali si occupano ora di emissioni inquinanti in atmosfera, di mobilità ciclopedonale, di fruizione del verde e del paesaggio, di incremento della biodiversità, di tutela della quantità e qualità dei suoli permeabili, di risparmio energetico, di qualità delle acque, e altri ancora.

Poco si sa degli effetti e delle cause di questa pandemia. Stiamo imparando strada facendo, dall’esperienza sul campo. Il tipo di organizzazione sanitaria è stata certo determinante nel differenziare l’impatto del virus tra le diverse regioni e nazioni. Ma esistono anche significative concause legate ai caratteri del territorio. Alcune prime ricerche sembrano ad esempio dimostrare l’esistenza di una correlazione significativa tra velocità di diffusione del virus, densità abitativa e inquinamento da polveri sottili.

Il PTM mette in campo una serie di azioni per favorire il passaggio verso un’organizzazione territoriale più decentrata, policentrica, migliorando l’offerta di servizi nelle polarità urbane e nei comuni più piccoli e allo stesso tempo contenendo densità e congestione nelle aree più costruite, soprattutto quelle centrali.

Sull’inquinamento diverse sono le strategie e azioni che il piano persegue: potenziamento dei parcheggi e dei servizi di interscambio nelle stazioni, incentivo alla mobilità ciclopedonale, contenimento dei consumi energetici da combustibili fossili e dei consumi di risorse non rinnovabili, apertura di corridoi verdi di ventilazione attraverso l’area metropolitana, ampliamento delle aree verdi boscate, e altre ancora.

Le azioni del piano per favorire la fruizione del paesaggio e della natura, attraverso il consolidamento dei parchi, lo sviluppo di percorsi ciclabili e pedonali e la creazione di una rete verde estesa a tutto il territorio metropolitano, contribuiscono all’esercizio fisico e ad uno stile di vita sano, utile anche per rafforzare le difese contro gli agenti patogeni.

La pandemia provoca effetti diretti, più visibili, ma anche indiretti, difficili da vedere. Taluni si manifesteranno solo nel lungo termine.

Il lavoro in remoto, sperimentato in modo massiccio in questa pandemia, è probabilmente destinato a divenire una modalità abituale di organizzazione, almeno per una parte delle attività lavorative. Il fenomeno è ancora poco studiato ma si può presumere che avrà ricadute sugli spostamenti dei pendolari e quindi sul trasporto pubblico e sui servizi a questi dedicati nel capoluogo.

Più difficile è immaginare gli effetti che nel lungo termine avrà sulla funzione residenziale. L’alleggerimento dei tempi di viaggio aumenta probabilmente l’attrattività abitativa dei comuni distanti dal capoluogo. In questi comuni si dovrà fare fronte a un incremento della domanda di servizi di supporto alle persone e alle famiglie, e di infrastrutture per l’accesso alla banda larga. Parallelamente nel capoluogo si assisterebbe ad una contrazione della domanda di servizi rivolti ai pendolari.

Il mercato immobiliare potrebbe subire cambiamenti di rilievo, con la dismissione di ampi spazi per uffici, che solo in parte potranno essere riconvertiti in abitazioni a costi ragionevoli. La stessa funzione residenziale in presenza di lavoro in remoto avrà necessità di nuovi spazi, che se non potranno essere soddisfatti nelle unità immobiliari esistenti potrebbero portare occupazione in campo edilizio ma anche nuovo consumo di suolo, rischiando di vanificare, sotto la spinta dell’emergenza e di una rinnovata rendita fondiaria, i pochi risultati sul tema faticosamente raggiunti in questi anni.

Difficile comprendere le dimensioni che assumeranno questi fenomeni, anche se alcune considerazioni qualitative da inserire nei piani possono essere sviluppate e inserite nei piani già oggi. Accanto al PTM si dovrà sviluppare un accurato programma di monitoraggio, per capire strada facendo le reali grandezze in gioco e mettere tempestivamente in campo le azioni correttive necessarie.

Vi sono altri fenomeni ancora più difficili da afferrare, non solo dimensionalmente. Cosa accadrà dei centri commerciali, delle vie commerciali, dei centri storici? Finita la pandemia quanta gente si sarà ormai abituata agli acquisti on-line, oppure quanta stufa di social e vita digitale vorrà tornare al rapporto diretto?  Entrambe le reazioni sono plausibili, ma è impossibile ora capire in che proporzioni. Potrebbero continuare i processi di desertificazione dei centri storici che erano già in corso prima della pandemia, e potrebbe esserci un’accelerazione di dismissioni anche nei grandi centri commerciali. Ma non è detto che accada, potrebbe essere che la tendenza si inverta e il commercio on line e la connessa catena logistica di distribuzione tornino ai numeri prima dell’emergenza. Gli effetti sulle abitudini quotidiane, sui rapporti sociali, sulle funzioni abitative sono ancora tutti da studiare.

In queste pagine sono state avanzate considerazioni di carattere qualitativo sugli effetti della crisi pandemica. In generale per tutti gli effetti, anche per quelli più evidenti, mancano dati e informazioni su cui lavorare. Senza è difficile sviluppare azioni incisive negli strumenti di pianificazione.

I piani si devono dotare di solidi programmi di monitoraggio, dedicandoci tempo e risorse. Dovranno contenere indicatori di prestazione, collegati strettamente con gli obiettivi e le azioni di piano, per monitorarne il grado di attuazione e di efficacia, e indicatori descrittivi che illustrino l’evoluzione dei principali aspetti ambientali e territoriali (consumo di suolo, flussi pendolari, concentrazioni inquinanti, ecc.).

I risultati dei monitoraggi potrebbero essere periodicamente pubblicati in forma tecnica ma anche in forma comunicativa per i non addetti ai lavori, come si fa nel mondo anglosassone. Non sono esterofilo, ma ogni tanto guardare a cosa succede all’estero può essere utile. Basta andare su un qualsiasi sito internet di municipalità o contea. In quelle nazioni è normale per un ente locale pubblicare ogni anno su internet un rapporto annuale di monitoraggio sull’attuazione del proprio piano territoriale, con immagini e grafici riassuntivi che ne facilitano la comprensione e discussione dei temi emergenti. 

Spesso nel nostro Paese si mettono in piedi consultazioni pubbliche (più di facciata che di sostanza) per promuovere la partecipazione nelle fasi di formazione dei piani. Sarebbe forse ancora più utile un percorso partecipativo successivo all’approvazione del piano, per coinvolgere nell’attuazione delle azioni le competenze professionali e le risorse economiche di tutti i soggetti che operano sul territorio. Le risorse degli enti non sono mai sufficienti per attuare il piano.

Un forum pubblico che coinvolga istituzioni e soggetti competenti sugli aspetti territoriali, rappresentanti degli interessi organizzati e dei cittadini, potrebbe essere riunito periodicamente o nelle occasioni in cui serve per commentare informazioni e dati dei rapporti di monitoraggio. Dal forum potrebbero partire iniziative per supportare l’attuazione delle azioni del piano, e anche suggerimenti per interventi correttivi, integrazioni e aggiornamenti dei contenuti del piano dove i risultati degli indicatori di monitoraggio si discostino significativamente da quanto previsto.

Con strumenti come il forum e il programma di monitoraggio sarebbe più semplice intervenire tempestivamente nelle dinamiche del territorio, per anticiparne e governarne gli effetti invece di prenderne atto a posteriori.

Marco Pompilio



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