23 novembre 2020

NELLA GOCCIA: APPROCCIO ALIENANTE VS APPROCCIO TRASFORMATIVO

Il disprezzo dell’esistente, il disprezzo del verde


Considerazioni a seguito della consultazione del Progetto Operativo di Bonifica del Lotto 1B e della precedente fine dei lavori sul Lotto 1A. In un tempo nel quale il verde viene considerato elemento essenziale della città si vara un progetto che va esattamente della direzione opposta.

Per fare una bonifica, si distrugge un bosco. Un paradosso? Da qualche giorno è stato presentato da MM, con la collaborazione del Politecnico, il Piano Operativo di Bonifica (POB) per il Lotto 1B della Goccia. Nel testo che segue, si vuole muovere una critica verso l’approccio distruttivo che ha come priorità quello di alienare un’area che è diventata un bosco, ipotizzando in alternativa un approccio “trasformativo” e diluito nel tempo che ne valorizzi le caratteristiche attuali.

Dato che ufficialmente non esiste ancora un disegno architettonico per il Lotto 1B, in prima istanza vien da chiedersi in funzione di cosa sia già pronto questo progetto di bonifica, che prevede, come vedremo dopo, la distruzione pressoché totale del boschetto nato in trent’anni di abbandono.

Come si legge dalla documentazione, la bonifica in questione sarebbe effettuata non per la protezione della falda acquifera, riconosciuta dal Comune stesso come non in pericolo, ma per la protezione della salute umana nei confronti degli inquinanti superficiali, quindi per la “destinazione d’uso ricreativo outdoor con contestuale presenza di recettori lavorativi, […] che non prevedano piani interrati fruibili”.

Repaccini 1

Come si può notare dalla planimetria di progetto le porzioni di terreno contaminato in rosso rappresentano una parte residuale del Lotto 1B e sarebbero facilmente eliminabili. Gli inquinanti più presenti, sebbene in piccola parte, sono cianuri, fenoli e idrocarburi. All’interno del Lotto 1B sono presenti diversi edifici (sala prove contatori, uffici e magazzini), una pensilina e diverse tubazioni gas e contatori dismessi da molti anni.

Questi saranno tutti demoliti poiché di poco valore e degradati. Nella porzione meridionale è invece presente una parte di via degli Ailanti, aperta fino al 2014, chiusa e demolita per metà con l’inizio dei lavori sul Lotto 1A. Riguardo alla natura presente, il POB si limita a scrivere così: “L’area, in stato di abbandono da diversi anni, è caratterizzata da vegetazione spontanea diffusa.”

Correttamente si dovrebbe dire che la vegetazione spontanea ha costituito in trent’anni di abbandono l’ecosistema di un bosco, compreso di fitti agglomerati di robinie, gelsi, bagolari, tigli, ailanti, betulle e macchie di rovi alti un metro e mezzo, culla di biodiversità oltre che nido per diversi animali.

Approccio alienante

Lo stesso POB mette in luce l’esistenza di diverse modalità di bonifica del suolo, tra cui quella che sfrutta gli agenti batterici e i funghi (biopile), personalmente fortemente consigliata per il Lotto 1B. Tuttavia, fra le righe e dalle planimetrie, si evince che l’unica procedura che verrà utilizzata sarà quella della movimentazione terra e solidificazione offsite in virtù di alcune particolari valutazioni sito-specifiche: “tempi di intervento limitati” ènecessità di rapida restituzione a usi fruibili del Lotto in esame”. Dunque la priorità si conferma essere quella di svuotare l’area il primo possibile, cosicché, una volta disboscato, proprio il Politecnico possa chiedere di costruirci quello che vuole come il PGT gli permette.

Diventa sempre più evidente, proseguendo nella lettura del documento, che delle caratteristiche, delle proprietà e della eventuale funzione depuratrice delle alberature presenti non interessi minimamente ai mandanti dell’operazione di bonifica del suolo. 41 alberature verranno rimosse perché morte in piedi o classificate di classe D. 40 alberature verranno rimosse perché interferenti con gli areali di scavo. Per 6 tigli è invece previsto il trapianto nel Lotto 1A, sebbene la relazione di MM tenga a sottolineare che “le tecniche sono economicamente onerose e gli esiti spesso risultano inferiori alle aspettative previste.” “Ulteriori abbattimenti, per quanto possibile limitati, potranno rendersi necessari per le aree di cantiere (aree tecniche, viabilità).

repaccini 2

Osservando la planimetria si può notare come, per garantire il movimento dei mezzi e soddisfare la necessità di spazi per accumulare la terra di riporto, verrà con tutta probabilità distrutto l’ecosistema costituitosi. Tutto questo, ufficialmente, per estrarre a scopo precauzionale il suolo superficiale di quattro porzioni residuali rispetto alla totalità del Lotto 1B. Tutto questo, purtroppo, rispettando le normative nazionali, seppur con qualche vizio di forma: la relazione considera il suolo superficiale come tutto quello compreso nel primo metro di profondità.

Questa forzatura permette di giustificare opere costose e inutili. Viceversa, adottando una bonifica più lenta si risparmierebbero soldi e si eviterebbero le problematiche derivanti dallo smaltimento del suolo considerato inquinato.

Approccio trasformativo

Non può essere che, grazie alla capacità di assorbimento degli alberi e alla materia organica da loro prodotta nel tempo, i valori degli inquinanti siano oggi in larga misura ridotti rispetto alle ultime analisi? Per verificare ciò basterebbe fare dei carotaggi nei tronchi degli alberi interessati da inquinamento, operazione non particolarmente costosa, oltre a nuove accurate analisi del suolo. Ecco che a quel punto potremo forse dichiarare il valore assoluto del Lotto 1B: non boscaglia inquinata che va rasa al suolo, ma un piccolo bosco che ha già assorbito buona parte degli inquinanti e può essere aiutato a continuare la sua funzione.

A questo proposito, all’interno del Lotto 1B vi è già un sentiero che in parte segue dei vecchi binari e porta verso nord dell’area. Questo sentiero al 95% passa su suolo non inquinato. Considerando nuovamente che per il Lotto 1B non vi è ancora progetto ufficiale, non basterebbe delimitare le aree inquinate, mettere in sicurezza un sentiero e aprire alla possibilità di intraprendere una modalità di bonifica meno invasiva e più lenta come quelle citate dallo stesso documento di MM?

Questo approccio non aprirebbe maggiormente all’interesse della comunità scientifica internazionale, compatibilmente con le esigenze e gli interessi anche del Politecnico?

A quanto pare no. Vista anche la modalità con cui il Politecnico sta procedendo all’interno del Lotto 1A: terminata la bonifica, che ha visto la distruzione di quasi tutte le alberature presenti e la sostituzione con terreno sassoso non fertile – come invece dovrebbe essere da normativa – il progetto di allargamento del Campus prevede ora di realizzare dei campi sportivi all’interno di uno dei due gasometri: un’idea balzana e poco rispettosa della storia industriale ed operaia, ma che rappresenta esattamente l’approccio alienante che si vuole utilizzare.

Sempre nel Lotto 1A verrà sacrificata un’altra porzione di bosco, confinante a via Lambruschini, per la costruzione dell’edificio Deng, nuovo Dipartimento di Energia, che sostituisce il progetto iniziale ZEN (Zero Emission Nano-technology). Allo stesso modo, il progetto operativo di bonifica sul Lotto 1B evidenzia la totale mancanza di sensibilità verso il vistoso esempio di resilienza che la natura ha messo in atto nella Goccia. Si continua ad agire come se la Goccia fosse un’area industriale, ma non si considera minimamente il lavoro che la natura ha fatto nel corso di decine di anni, compreso di fitti apparati radicali, centinaia di alberature sopra i venti metri, materia organica e biodiversità.

Aree come queste, che nell’abbandono si sono spontaneamente trasformate, danno oggi l’opportunità di essere guardate diversamente, nel dettaglio e nell’insieme.

Conclusioni

Così concludeva la relazione sulla Goccia del Corpo Forestale dello Stato all’interno di “Milano tra luce e calore” (pubblicazioni AEM, 1995): “Il popolamento arboreo presente è costituito da un notevole gruppo di alberi, ben conformi, di buona vegetazione, in sintonia con gli aspetti climatici dell’area padana, nel complesso resistenti alle avversità dell’ambiente urbano. Organizzati in gruppi, in filari e con alcuni elementi di elevato valore estetico costituiscono un patrimonio di altissimo interesse per una città come Milano, largamente deficitaria di aree verdi. Nel complesso la compagine arborea si è rivelata in buono stato vegetativo e statico. Si è certi che chi progetterà la realizzazione del piano di riconversione urbana sarà in grado di valorizzare un’area già ora tanto preziosa, ricca di un verde di altissimo interesse per la qualità della vita di tutti i cittadini milanesi”.

Quella relazione contava circa 2000 alberi. Era il 1995. Sono passati venticinque anni e la natura ha continuato il suo percorso. Restano ancora visibili i tratti di una progettazione che si voleva illuminata con la fine dell’attività delle Officine. Tuttavia, così come per molte aree della città metropolitana, oggi è in atto uno stravolgimento urbanistico che prevede anche la distruzione di “via degli Ailanti” a far presagire una sparizione degli stessi ailanti, piante spontanee a ciclo veloce, considerate pioniere nella costituzione del bosco. Conviene davvero, economicamente e culturalmente, adottare un approccio di alienazione nei confronti di questa area, come di tantissime altre, nella città di Milano?

Gianluca Repaccini



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  1. guido tassinariSalve, la questione è, sarebbe, semplice: "Milano, le e i milanesi sanno di possedere un bosco?" Risposta: no. Se lo sapessero, vorrebbero che il Comune, cioè essi, esse, stessi, stesse lo preservassero? Risposta: sì (come attestato dal referendum del 2011). Risposta negli ultimi dieci anni di amministratori pro tempore di Comune e Politecnico (del quale il Comune è socio fondatore), proprietari dell'area ?: ignoriamo la cittadinanza e procediamo di nascosto, letteralmente: procedendo "alla macchia", a fare realizzare i piani immobiliari dei nostri cari investitori privati.
    2 dicembre 2020 • 11:08Rispondi
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