3 novembre 2020

IL CROLLO DELLA CITTÀ METROPOLITANA

Le colpe non stanno solo nella legge Delrio


editoriale

Che la Città Metropolitana non godesse di buona salute ce ne eravamo accorti da tempo e non era che la conferma dei dubbi che tutti avevano espresso il giorno dopo la conversione in legge (legge 7 aprile 2014, n. 56) della famosa “Legge Delrio” in materia di riordino degli enti locali. Un fallimento clamoroso, l’ennesimo esempio di dissennatezza legislativa.

Era nata in un momento difficile quando il Governo era incalzato sulla spending review e sulla demagogia anticasta, e doveva dare qualche segnale di attivismo legislativo in materia di riforme: legiferare pur di legiferare.

Il risultato è sotto i nostri occhi ma pur con quella legge si poteva fare meglio, qualche colpevole c’è.

Il Covid per il momento ha fatto danni incalcolabili ma quantomeno ha mostrato la fragilità delle nostre istituzioni. Si potrebbe quasi dire un’operazione di trasparenza involontaria ma anche una lezione che quasi certamente non verrà raccolta dalla classe politica occupata dalle sue vicende elettorali.

L’ultimo de profundis per la Città Metropolitana lo ha pronunciato l’assessore Maran durante la prima sessione in streaming di Fare Milano il 18 ottobre: “abbiamo visto il sostanziale fallimento della Città Metropolitana che altro non è che il depotenziamento rispetto alla Provincia”.

Su questo fallimento della Città Metropolitana a modo suo si era pronunciato il governo Renzi, inserendo nella proposta di legge costituzionale – la Renzi-Boschi – bocciata con il referendum del 4 dicembre,  che prevedeva semplicemente di eliminare la parola “province” dalla Costituzione, rinviando il problema a una futura legge ordinaria che rideterminasse le funzioni e le competenze di questi enti o la loro eventuale cancellazione o trasformazione. Insomma una nuova “Delrio” che eliminasse quantomeno i più gravi difetti di quella attuale.

Il referendum ha cancellato questa opportunità oltre a seppellire Renzi e le sue ambizioni.

La crisi del Titolo V della Costituzione è ancora molto lontana dal vedere la parola fine e lo scontro sarà ancora duro tra le forze politiche, come sempre disinteressate al bene comune travolte come sono dalla propria sopravvivenza.

Dove sta il problema? Sta nel fatto che i padri costituenti dovendo definire la carta politica del Paese, la sua ripartizione in regioni, comuni e province per l’urgenza e nel timore di scontri politici, adottarono quella che trovarono del Regno d’Italia, sommariamente corretta sui confini est per i territori persi a causa del conflitto mondiale.

Quella carta geopolitica la dobbiamo sostanzialmente a Pietro Maestri, milanese di nascita, multiforme ingegno figlio di Antonio, vicedirettore delle contabilità centrale della Lombardia.

Laureato in medicina ebbe una vita intensissima, mazziniano dissenziente, medico delle truppe di Garibaldi, nel 1862 ritornò in Italia dopo uno spontaneo esilio in Francia e fu nominato capo della Direzione dell’ufficio statistico italiano per la sua nota competenza, anche internazionale, in materia di statistiche.

Fu lui in pratica a tracciare confini regionali, provinciali e comunali secondo principii statistici a lui congeniali, essenzialmente per aree da lui ritenute omogenee per popolazione, attività, storia, morfologia del territorio. La vocazione politica dei territori, ossia la prevalenza di opinioni politiche tra i cittadini non suscitò in lui alcun interesse e dunque non ne tenne conto e aggiunse tra l’altro le due regioni, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige che nessuno prima di lui aveva perimetrato.

Dal varo di quella cartografia sono passati 140 anni e nel frattempo tutto è cambiato e, tanto per citare una delle contraddizioni più evidenti, qui da noi c’è la divisione regionale tra Lombardia e Piemonte che taglia il Lago Maggiore: la zona omogenea invece sono le due sponde del lago, il suo bacino.

Dopo la suddivisione sancita dalla Costituzione repubblicana vi fu un tentativo portato avanti da Nilde Iotti di creare una nuova regione: la Lunezia che accorpava territori che vanno dall’Emilia sino alla provincia di La Spezia e che trova sostenitori anche oggi riuniti in una associazione che mantiene in vita questa idea.

Insomma, sempre con quella cartografia dobbiamo confrontarci e quando la politica la utilizza o ci mette mano per il momento fa solo disastri.

L’ultimo tentativo, con gli esiti che vediamo, pur in ossequio al dettato costituzionale, fu il varo delle città metropolitane tra le quali la Città Metropolitana di Milano, la più grande, nata nel peggiore dei modi se i principii dichiarati per la perimetrazione sono certamente la continuità dell’edificato, delle strutture di supporto territoriale e i movimenti della popolazione al suo interno (grandi assi di comunicazione viaria, rete di trasporto, reti di sottoservizi).

L’istituzione della Provincia di Monza e Brianza (2004) sembra fatta apposta per negare la logica della futura Città Metropolitana di Milano ma solo come compiacenza alle aspettative locali e di separazione tra aree che avevano maturato un colore politico molto diverso.

Andiamo al sodo: La città Metropolitana di Milano non ha solo difetti di perimetrazione ma difetti di natura istituzionale a cominciare dalla formazione dei suoi organi rappresentativi e al modo della loro elezione e, per dirne una, alla norma che prevede che i rappresentanti di detti organi lo facciano a titolo gratuito. L’assunzione di oneri e soprattutto di responsabilità non deve essere a titolo gratuito a meno che non siano attività meramente formali ma nella Città Metropolitana non è così.

Comunque, siccome le cose vanno sulle gambe degli uomini, nel caso della Città Metropolitana di Milano uno dei responsabili del suo fallimento è il Sindaco che per il momento e fino all’elezione diretta, quando ci sarà, è il sindaco di Milano Beppe Sala le cui funzioni nella Città Metropolitana sono definite dall’articolo 19 dello Statuto della Città Metropolitana(1), funzioni che lo Statuto non considera delegabili, nemmeno al vicesindaco e che non mi risulta mai abbia esercitato se non in occasioni formali.

Le funzioni sono, ovviamente, anche dei doveri.

Quello che per Pisapia fu un fardello che gli capitò sulle spalle a metà mandato nel 2014 e non se ne curò più di tanto, per Sala non è così: Sala sapeva che se fosse stato eletto Sindaco di Milano lo sarebbe stato anche della Città Metropolitana di Milano ma nemmeno nella sua campagna elettorale ne fece mai cenno. Mai se ne occupò né allora né ora.

Oggi Milano e il suo Sindaco – comunale – vanno avanti per la loro strada, ostili alla cessione di potere che sarebbe indispensabile per riunire al capoluogo gli altri Comuni della Citta Metropolitana, quantomeno per un piano dei trasporti e della mobilità condiviso, un PGT non solo milanese, una politica ambientale che non finisca ai confini di Milano e così via.

Della Città Metropolitana di Milano si dovrà parlare ancora e approfonditamente, ma nella consultazione Fare Milano e nelle sue fasi in streaming non ne ho trovato traccia. Qualcosa devo ancora risentire su You Tube e dunque non ho perso l’ultima speranza.

L’ultima occasione persa o meglio non giocata è, e temo sarà, quella dei provvedimenti di contenimento della pandemia: sempre senza la Citta Metropolitana?

Di una vera e funzionale Città Metropolitana oggi più che mai ve ne sarebbe bisogno, per crescere.

Luca Beltrami Gadola

(1) Articolo 19 – Sindaco metropolitano. Funzioni
1. Il Sindaco metropolitano è il capo dell’amministrazione nonché il legale rappresentante dell’ente tranne nei casi in cui tale rappresentanza sia attribuita ai dirigenti per loro competenze gestionali.
Assicura l’attuazione degli indirizzi formulati dal Consiglio metropolitano, nonché delle funzioni di sua competenza, e specificatamente esercita le seguenti funzioni:
a) convoca e presiede il Consiglio metropolitano e ne attua gli indirizzi;
b) convoca e presiede la Conferenza metropolitana;
c) sovrintende all’esecuzione degli atti;
d) sovrintende al funzionamento degli uffici e dei servizi, anche provvedendo all’esecuzione degli atti;
e) propone al Consiglio gli schemi di bilancio previsionale annuale e pluriennale, i rendiconti annuali, i documenti di programmazione dell’ente e ogni altra documentazione connessa;
f) definisce e attribuisce, secondo le modalità stabilite dalla legge, dallo statuto e dai regolamenti gli incarichi dirigenziali di uffici e servizi dell’amministrazione metropolitana, la rappresentanza a stare in giudizio, nonché gli incarichi di collaborazione esterna;
g) provvede alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti della Città metropolitana presso enti, aziende e istituzioni, sulla base di un apposito regolamento, formulato secondo gli indirizzi del Consiglio metropolitano che garantisca la più ampia partecipazione delle sue rappresentanze alla gestione e al controllo, assicurando, altresì, il ricorso agli strumenti ad evidenza pubblica;
h) può sottoporre all’attenzione del Consiglio metropolitano, quegli atti di propria competenza che ritenga di particolare rilievo per l’interesse del territorio metropolitano, qualora ne rinvenga la opportunità di condivisione.
2. Al Sindaco metropolitano spettano, inoltre, tutte le competenze non espressamente attribuite dalla legge o dallo statuto al Consiglio metropolitano o alla Conferenza metropolitana e che non spettino ai dirigenti.
3. Il Sindaco metropolitano può istituire uffici e staff di sua diretta collaborazione.



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  1. giuseppe santagostinoTra il molto che non va e che tu hai qui elencato, ci sarebbe molto che andrebbe se solo Sala non fosse legato a filo doppio ai meccanismi milanesi, ovvero quel mondo di patti non scritti fra strutture comunali, società partecipate in house e non in house, che hanno interessi esclusivamente cittadini o nazionali, dunque nulla che perimetri la Città Metropolitana. Eppure in almeno quattro ambiti la dimensione metropolitana è quella giusta e le economie di scala di un'organizzazione uniforme per 3,5 mln di abitanti libererebbe risorse da investire sul territorio: 1- la riorganizzazione del Servizio Idrico Integrato nella nuova prospettiva integralista che inserisce nella gestione pure i corsi idrici superficiali e le acque sotterranee non potabili (2 mld di lavori pubblici già finanziati e che ridefinirebbero in modo definitivo l'assetto idraulico del territorio, navigazione a parte) e porterebbe alla divisione delle acque reflue tra le nere (da trattare con due/tre depuratori in luogo dei quaranta odierni) e le bianche da riutilizzare immediatamente 2- l'unificazione del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti che chiuderebbe il cerchio del riciclo; quest'operazione è al momento impossibile perchè la principale e migliore azienda del settore è di fatto privata (AMSA) e giustamente i Comuni metropolitani non abdicherebbero sovranità in favore del Mercato in un settore così delicato 3- l'assistenza e la gestione del patrimonio edilizio, dove la dicotomia con ALER Milano (la peggiore degli ALER Lombardi) e la burocrazia priva di efficacia dei servizi sociali frazionati sui 134 Comuni mantengono elevatissima la spesa senza un'efficacia visibile e senza un controllo del territorio degno di tal nome 4- i trasporti, dove però l'ipotesi di Next, pur con i suoi limiti legati al mantenimento nello status quo della (scarsa) produttività di ATM, peraltro la migliore azienda di trasporti italiana, segnala l'esistenza di una strategia territoriale più ampia e quindi lascia immaginare che almeno sottobanco qualcosa si stia tentando (sarebbe meglio alla luce del sole e con un disegno politico dichiarato ma anche qui non comanda la politica ma gli uomini delle retrovie e quelli stabiliscono le regole del gioco) Basterebbe mettere in programma questi quattro punti per il prossimo quinquennio e la Città Metropolitana acquisterebbe almeno un senso economico: per quello politico, il provincialismo di Milano arroccata intra moenia, al momento impedisce di vedere che la dimensione milanese è quella metropolitana. Purtroppo gli studi ed il coraggio del personale politico sono quelli che si vedono.
    4 novembre 2020 • 09:17Rispondi
  2. Luca BergoNon posso che sottoscrivere le osservazioni e le proposte di Santagostino. Acqua, Rifiuti, Trasporti e Edilizia Popolare sono quattro temi chiave che possono essere affrontato solo a scala metropolitana. Peccato che i milanesi, e con essi la classe politica che hanno espresso, non siano mai usciti dalla circonvallazione, e non abbiano proprio idea di cosa sia la dimensione metropolitana di Milano, senza la quale non si può risolvere nulla neppure circa il futuro della città. Ma la cultura territoriale è rimasta quella degli anni '50 e '60.
    4 novembre 2020 • 16:41Rispondi
  3. Felice carlo Besostriconcordo con le analisi di Beltrami Gadola e con le proposte di Santagostino. Nella situazione attuale l'approvazione della deforma Renzi-Boschi nonsarebbe stat o un passo in avanti, perchè si toglievano le province, ma ci si dimentica che le Città Metropolitane sono già in costituzione e precisamente nell'art. 114 Cost., nominate, al pari di Comuni, Province, Regioni e Stato, come parti costitutive della Repibblica. quindi si poteva mettere mano alla loro riforma senza attendere la riforma delle Province. Soprattutto c'era una cosa che si poteva fare subito: l'elezione diretta degli organi della Città metropolitana. Il vero difetto sta nella coincidenza del Sindaco di Milano e del Sindaco Metropolitano nella stessa persona, che però è eletta dai soli cittadini milanesi e che risponde al solo consiglio comunale di Milano. L'art. 22 della legge n. 56/2014 è una mostruosità giuridica per giungere ad una elezione diretta generalizzata. Per fortuna c'è una norma speciale applicabile a Milano " In alternativa a quanto previsto dai periodi precedenti, per le sole citta' metropolitane con popolazione superiore a tre milioni di abitanti [ nota:solo Milano e Napoli superavano la soglia] e' condizione necessaria, affinche' si possa far luogo ad elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, che lo statuto della citta' metropolitana preveda la costituzione di zone omogenee, ai sensi del comma 11, lettera c), e che il comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa, in coerenza con lo statuto della citta' metropolitana." (art. 22 ult. periodi l. cit.). certamente ci vuol sempre la legge elettorale nazionale, ma se c'era una volontà politica si poteva almeno dare inizio al procedimento. Nella XIII legislatura fu presentatro il ddl per norme speciali per la Città metropolitana di Milano da me redatto, che fu ripresentato da senatori milanesi nella XIV legislatura. Tuttavia, se l'elezione diretta non la vogliono nè il Comune di Milano, nè la Regione Lombardia, non si poteva fare, perchè un sindaco metropolitano eletto direttamente in rappresentanza dei 3.038.420 abitanti metropolitani (censimento 2011) , metterebbe in ombra il sindaco di Palazzo Marino, ma anche il Presidente della Regione Lombardia. Questa è la situazione, imputare al solo sindaco di Milano, prima pisapia e poi sala la responsabilità è sbagliato. Ci sono le forze politiche metropolitane, regionali e nazionali che li hanno espressi e che costituivano la maggioranza di governo dal 2014 ad oggi, salvo il periodo dal 1º giugno 2018 al 5 settembre 2019, per un totale di 461 giorni, ossia 1 anno, 3 mesi e 4 giorni su 5 anni interi (2015-2019), 18 mesi ( 8 del 2014 e 10 del 2020) e 26 giorni dalla sua entrata in vigore al 4 novembre 2020. Possiamo anche pensare all'indifferenza dell'opinione pubblica metropolitana e dei mezzi di informazione che dovrebbero rappresentarla. Un pensiero va dedicato anche alla magistratura milanese, la stessa per la quale il Porcellum e l'Italicum erano leggi perfettamente costituzionali ( fatto smentito da due sentenze della Corte Costituzionale, la n. 1/2014 e la n. 35/2017, che ha respinto i ricorsi che eccepivano la legittimità delle elezioni dela Città Metropolitana e della contrarietà della n. 56/2014 ai pricipi del voto universale e diretto, elementi essenziali della repibblica democrati, come definit dall'art. 1 della costituzione e di cui le Città Metropolita sono parte costitutiva, l'unica i cui organi rappresentativi non siano eletti ai sensi delll'art. 48 Cost.. In compeso quesro parlamento, eletto con ina legge che spero sia dichiarata incostituzionale prima che regoli la prossima elezione del Parlamento, ha equiparto le province autonom di Trento e Bolzano alle Regioni per il Senato: un privilegio ad enti, che non sono parti costitutive della Repubblica, a differenza delle Città metropolitane
    4 novembre 2020 • 18:23Rispondi
  4. valentino ballabioPurtroppo la cultura territoriale non è rimasta agli anni 60 e70, ma è regredita abissalmente. Allora concepì il PIM (piano intercomunale milanese) con lo scopo di coordinare ed armonizzare le scelte urbanistiche dei singoli comuni in un esteso ambito provinciale allora comprendente anche Brianza e Lodigiano! E' dagli 80 in poi che ha prevalso l'incultura dei “padroni in casa propria”: i Comuni ciascuno per sé e la Provincia depotenziata dall'assurda separazione delle mini-province ancor prima di venir declassata a fittizia Città metropolitana!
    4 novembre 2020 • 19:05Rispondi
  5. Franco De AngelisCaro Luca, sono stato l'assessore provinciale che ha guidato la transizione dalla Provincia di Milano alla Città Metropolitana e come ricorderai già allora denunciavo con forza la debolezza della legge Delrio ; scrivevo allora che mi sembrava impossibile mettere insieme complessità e situazioni diverse con Governi deboli ,poche risorse ed elezioni di secondo livello.Governare l'area vasta, nella logica delle grandi capitali europee, era una grande scommessa, un'occasione che Milano ha inseguito per anni ! Ricordi quanti dibattiti convegni incontri abbiamo vissuto negli anni novanta e anche prima ? Allora noi si chiedeva a Governi e Ministri attenzione speciale per un'autonomia della grande area milanese sul modello di Barcellona pensando anche a Londra e Parigi. Peccato tutto vano, ora e concordo con il tuo articolo viviamo il crollo della legge Delrio. Questa legge doveva nel contempo abolire le Provincie, istituire le Città Metropolitane e riordinare il sistema delle Autonomie locali non ha raggiunto nessuno dei suoi scopi creando invece situazioni di grave disagio. Il fatto poi che il Sindaco della Città Metropolitana sia il sindaco della città capoluogo si è dimostrato un altro clamoroso errore. Per dare autonomia reale alla Città Metropolitana il Sindaco deve essere eletto dai cittadini. Credo che giunti a questo punto sia assolutamente inutile continuare a parlare di questa Città Metropolitana ; non funziona e non funzionerà mai poichè è la legge istitutiva che è completamente sbagliata , bisogna abrogarla !
    5 novembre 2020 • 12:59Rispondi
  6. giuseppe santagostinoIl limite di una Sindaco Milanocentrico alla guida della zoppa Città Metropolitana è effettivamente un ostacolo insormontabile che solo l'elezione diretta del Sindaco Metropolitano potrebbe scalzare. Però io, forse per amor di proposta, indico nell'azione pratica sui quattro temi indicati (gestione delle acque, dei rifiuti, dell'assistenza e dei trasporti) una possibile azione metropolitana, anche a guida milanese se gestita in forma consortile, perchè tutte le operazioni che io vedo possibili sono già dotate di finanza propria e determinano da sole il proprio perimetro, che è quello metropolitano, in quanto è quello ottimale per dimensione e ritorni sugli investimenti. Credo inoltre che questo sia un principio in linea con l'idea autonomista di Cattaneo, ovvero che gli Istituti devono avere uno scopo sociale da conseguire, contro l'idea sabauda (derivata dall'organizzazione della Chiesa) che invece debbano rispondere ad un controllo territoriale prefettizio (ovvero le vecchie Province): per ironia storica il perimetro della Prefettura questa volta coincide con quello razionale.
    5 novembre 2020 • 17:23Rispondi
  7. Danilo PasquiniLeggp con attenzione e perplessità su quanto stiamo cercano di "fare". Mi sembra che siamo dentro un circolo chiuso vivendo di ricordi ed esperienze socio- politiche in cui gran peso condizionante hanno avuto la sommatoria la sovrapposizione la contrapposizione al tentativo di dare corpo ad una ovvia transizione dalla struttura ottocentesca delle provinnce che copiava la struttura del nostro paese alla geopolitica preunità nazionale o modelli napoleonici della organizzazione dello stato. Mi interrompo per una visita nedica. Riprendo dopo.
    12 novembre 2020 • 19:23Rispondi
  8. Gastone AveL'articolo ha messo bene in evidenza i limiti della città metropolitana nata in attuazione della legge 56/2014 (così detta Delrio). Per superare questi limiti, che non sono solo di Milano ma di tutte le 14 aree metropolitane istituite, l'elezione diretta del sindaco metropolitano è una modifica da fare, non l'unica. Occorre cambiare anche forma e contenuti del piano strategico metropolitano (PSM). La Delrio indica che il PSM deve essere fatto ogni 3 anni, aggiornato ogni anno, e solo pubblico. Tre elementi che impediscono di fare un piano strategico utile per la città metropolitana. Si dimentica delle migliori esperienze di pianificazione strategica di tipo partecipato e condiviso fatte in Italia tra amministrazioni comunali contermini e i principali portatori di interessi collettivi pubblici e privati. Si dimentica che il Dipartimento della Funzione Pubblica e la Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno promosso nel 2006 un "manuale di pianificazione strategica per lo sviluppo dei territori" (questo il titolo del volume) che indica passo dopo passo come fare un PSM di tipo pubblico/pubblico/privato. Si dimentica che il PSM non è un procedimento burocratico da applicare a tappeto, ma uno strumento per far fare un salto di qualità alla competitività interna ed esterna delle maggiori aree metropolitane italiane. Il fallimento della città metropolitana in Italia è l’esito prevedibile, e previsto, del prevalere dell’approccio giuridico sull’approccio tecnico ai problemi dello sviluppo territoriale. Ha poco senso mettere sullo stesso piano 14 città metropolitane che pari non sono: Se la “città metropolitana” di Messina non funziona, non crea problemi neppure a Palermo o a Catania. Se le tre maggiori città metropolitane (Milano, Torino e Napoli) oltre a Roma non funzionano, è l’intero Paese che si ferma. Le 14 città metropolitane della Delrio sono troppo diverse tra loro. Puntiamo a dare alle 3 metrocittà di Milano, Torino e Napoli oltre che a Roma l’elezione del sindaco metropolitano per fare un vero PSM, che potrà consentire di affrontare alla scala giusta, che è quella metropolitana, alcune grandi questioni, ad esempio quelle già indicate nell’articolo di Luca Beltrami Gadola e nel commento di Giuseppe Santagostino (piano dei trasporti, PGT, acqua, rifiuti, edilizia popolare) e pochissime altre.
    14 novembre 2020 • 18:57Rispondi
  9. Danilo PasquiniVale la pena di ripercorrere la storia della affermazione del Decentramento politico - amministrativo nelle maggiori città italiane ed una per tutte quella di Milano alla cui istituzione ha partecipato in prima persona fin dai primi anni '60 del secolo breve, il XX. riprendo più tardi grazie ...
    16 novembre 2020 • 12:40Rispondi
  10. Danilo Pasquiniil decentramento non era previsto dalle leggi, mentrre le Regioni ebbero l'onore di avere menzione nella Costituzione e ke Aree - Città Metropolitane molti decenni dopo ... A Milano il Decentramento ebbe una spinta da una attività di base (Comitati popolari con presenza di persone politiche o socialmente e culturalmente impegnate ) e ci volle molto tempo per farlo diventare una "piccola e locale " riforma della legge Comunale del 1925. Non è stato così per la legge delle Città Metropolitane, differenza sostanziale che possiamo tranquillamente pensare sia stata fondante per la loro istituzione . Mi sembra che dietro la necessità oggettiva di dare ordine in un territorio che gravitava naturalmente attorno ad una città "forte" si sia accodata una forte necessità economica prevalentemente di ordine edilizio speculativo contrabbandato da crescita di popolazione alla quale dare l'opportunità di dare location fuori dalla città inquinata, si vedano gli insediamenti privati nella corona DELLA CITTà FORTE
    17 novembre 2020 • 13:25Rispondi
  11. Danilo PasquiniGrazie. mi scuso. Nell'ultimo avevo fatto un paragone a quanto si fece a Milano con l'edilizia popolare che tra la fine degli anni '50 - ma possiamo dire anche prima della seconda guerra mondiale occupò le aree contermini alla città costruita ... ma le condizioni economiche che si sono detreminate dopo gli anni '7o hannmo dato una spinta verso la area metropolitano. regolata dalla legge Del Rio ma di fatto sviluppatasi prima di quella norma. Ma tutto questo non scusa il SILENZIO del Governo Metropolitano salvo l'arrivo poco fa del PGT metropolitano di cui la stampa non ha dato rilievo o un minimo dettaglio. La cechiamo on line. Ma il silenzio non è scusato ugualmente anche perchè sono trapelate tra le righe delle "approvazioni" del Consiglio metropolitano , ad esempio, sul progetto dello Stadio nuovo a San Siro scavalcando il capoluogo. ed il forte parere contrario dei cittadini che lo popolano. Domando, ma è in quanto ho appena scritto, il Sindaco Metropolitano non coincide con il Sindaco della città capoluogo ? Poi e abbiamo letto le indicazioni di Lunghi per come fare la città o come dare FORME (dico FORME) alle future aggregazioni umano/urbane /territoriali in modi e contenuti del post corona virus ... il quale non da solo ha messo in crisi l'economia mondiale patendo da quella occidentale ma spinge lo stesso sistema presente e vissuto che sta implodendo . Se dobbiamo pensare alla umanità tecnologica o meglio alla neo formazione di assetti istituzionali - termine che andrà in disuso - penso che una parte della mia generazione sia in ritardo nell'aggiornarsi ( o IMPARARE) in un continuo fieri i nuovi linguaggi che già oggi sono entrati seppur non a plotoni affiancati nella nostra cultura. :Linguaggio in senso assoluto, dalle ASTE fino oltre gli ALGORITMI.
    17 novembre 2020 • 19:07Rispondi
  12. Lorenzo LongoSiete dei grafomani... vi parlate addosso... ho letto l'articolo e i commenti (vi giuro, un vero strazio) e non ho capito perché la Città Metropolitana sia un fallimento e quali siano le colpe del Sindaco Sala. Noto in generale una certa acredine verso l'attuale Giunta fatta di persone che a mio parere hanno fatto un discreto lavoro, anni luce avanti se si confronta con la mediocrità (e spesso il malaffare) delle amministrazioni pre-Pisapia. Immagino che affrontare la questione delle Province senza una riforma organica (costituzionale?) sia sub ottimale ma era da più parti condiviso che, tra Comuni, Regioni e Province ci fosse un livello di troppo. E quello delle province era sicuramente il più debole. PS dalla perizia con cui citate riferimenti legislativi immagino siate in maggior parte esponenti della politica o degli enti locali, e questo mi da proprio paura...
    30 novembre 2020 • 02:06Rispondi
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