11 settembre 2020
IL SETTEMBRE PERPLESSO DI BEPPE SALA
Queste incertezze non giovano alla città
11 settembre 2020
Queste incertezze non giovano alla città
Settembre, mese dei ripensamenti e della perplessità. Così cantava Guccini, e così pare anche a noi ora, passato il tempo sospeso delle vacanze, irrisolto tra voglia di vita e i sottili veleni del contagio. Anche a Beppe Sala, settembre sembra portare “il dono usato della perplessità, della perplessità… “ ed anche per lui sembra “ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità, le possibilità”.
Essere il prossimo Sindaco o non esserlo? Fare il salto nazionale o tenere la trincea meneghina? Continuare l’esperienza politica o riprendere la veste manageriale? Giocarsi il futuro nel vivo della partita del Recovery Fund, o tenersi un po’ discosto, di riserva? E queste alternative sono reali, è proprio così, rimescolamento delle carte, ripensamento profondo delle prospettive, o si tratta d’altro? E cosa?
Diceva il Sindaco prima di agosto, che voleva pensarci bene per le nuove elezioni del 2021, e che a fine settembre avrebbe messo a fuoco il suo nuovo percorso e sciolto le riserve, in un senso o nell’altro. Riserve anche dettate da motivi personali, del tutto comprensibili s’intende.
Ma ecco che ora, iniziato il mese, annuncia che prima vuole ascoltare la città e capire se e come la fiamma del consenso e la luce della ragione potranno illuminare la via. Risolte dunque le questioni personali, il pensoso rimuginio sul senso della vita? Sembrerebbe, ma ora un mese non basta, ne servono almeno due.
Un altro mese, dunque, d’incontri, scambi opinioni, proposte, sentendo e confrontandosi con i cittadini, la società civile, gli imprenditori, i pensionati, i giovani, le donne, i migranti, le associazioni, i ciclisti, la Chiesa, l’Assolombarda e chi più ne ha più ne metta, anche perché per riempire un mese serve tanta legna al fuoco.
Bene, verrebbe da dire, finalmente un primo cittadino che non ha la verità in tasca, ma che prima di decidere vuol capire cosa vogliono i suoi cittadini, quali i problemi, quali le soluzioni e quali le risorse. Bene, anche se un dubbio viene, ricordando il piglio più che autorevole con cui ha preso di petto la questione Scali Ferroviari, senza troppo occuparsi del parere dei cittadini.
E’ dunque lecito domandarsi di nuovo, c’è altro, e cosa?
A cosa serve un mese di confronto con la città, se non a scaldare i motori di una candidatura a cui ridare un po’ di smalto? Così ragionando, in molti si son come rasserenati, confidando in una nuova stagione del centrosinistra a Milano. E a molti, a destra, si sono un po’ sgonfiate le gomme, sia perché Beppe Sala è molto forte, sia perché nessun antagonista avanzerà la sua candidatura prima della sua decisione.
Ma, il rinvio si presta, per altri, a ben diversa lettura, significando piuttosto un’ulteriore presa di tempo, in attesa che lo svolgimento dei fatti nazionali, aprano o chiudano nel loro fuoco le possibilità, nuove e più importati, del nostro Sindaco. In effetti lo scenario nazionale è molto, molto, mobile, e le prossime elezioni regionali, ma anche il referendum, potranno portare, come avvenne per altri (D’Alema..), a pesanti evoluzioni e dove le chance di un nuovo governo nazionale, di caratura tecnico istituzionale, sostenuto da ben più larga maggioranza, potranno ricevere una forte spinta.
A questo pensa, forse, Beppe Sala, quando chiede tempo, e intendiamoci è nel suo pieno diritto agognare ad altri e più impegnativi incarichi romani ma questo traccheggiare, ammesso che sia così, è utile al centrosinistra, è utile alla città, è utile a quanti sperano che il centrosinistra tenga ben salda Milano? Per alcuni, PD in testa, Beppe Sala “deve” essere il candidato delle elezioni 2021, confidando in un valore aggiunto elettorale spendibile in quella che sarà comunque una dura battaglia.
Non manca però chi sta alla finestra, un po’ sperando e un po’ temendo che questa volta tocchi a lui, nel PD forse nessuno, diversi invece nella sua giunta, specie tra chi pensa, non a torto, che sarebbe bello un Sindaco donna. Il PD teme che Beppe Sala si defili, mentre tra i suoi politici resta importante il profilo di Pierfrancesco Majorino, campione ambrosiano dei diritti civili e delle tutele sociali, ma non sempre digerito in altri mondi, specie se si veleggia verso il mondo dell’impresa. E’ andato a Bruxelles, è vero, ma a differenza di Pisapia, è sempre presente nel dibattito di Milano, coltivando un ampio sistema di relazioni orientate, più che al partito, alla sua persona.
Dunque conviene bene che questo settembre e poi ottobre, tempo delle perplessità, delle identità e delle possibilità, si svolgano e ci rivelino alla fine le intenzioni e gli esiti ma attenti a non mischiare la natura delle questioni, personali e collettive, e soprattutto attenzione ai tempi. Se è vero che una decisione a fine ottobre, consente ancora un eventuale gioco di candidature nel fuoco delle primarie, è anche vero che “chi ha tempo non aspetti tempo”, sacrosanto com’è il principio che nella politica, ma non solo, c’è solo un momento giusto per fare le cose, e poi è tardi.
In tutto questo, resta la domanda essenziale e cioè se il segno impresso da Beppe Sala con la sua azione politica di giunta sia stato adeguato rispetto alle domande e alle esigenze della città e dei suoi abitanti.
Se Beppe Sala continua a rappresentare una garanzia di tenuta civile e democratica di fronte ad una destra ormai sovversiva nel linguaggio, c’è anche da chiedersi se una coalizione debba tutta mantenersi sulla linea del minimo comune denominatore, o se non sia arrivato il momento, causa anche la sofferenza portata in dono dal Covid, di introdurre sensibilità più vicine ai bisogni di eguaglianza che in tanta parte appare negata.
E’ il tema delle periferie, del lavoro precario, delle microretribuzioni, cui non si può dire solo “ma noi facciamo le ciclabili”, ché siamo tutti contenti di andare sulle due ruote, ma non basta. C’è una larga parte della città che vive male, e un’altra, meno ampia, che se la passa molto bene e non paga più neppure la tassa sulla prima casa, mentre il bilancio presenta un buco di centinaia di milioni. Per farvi fronte, si aspettano le risorse del Recovery Fund, ma è debito, debito da restituire a carico della collettività, mentre chi vive di rendita non viene toccato. Mentre infuriava l’emergenza del Covid, solo il 25 % dei proprietari di immobili ha accettato di ridurre temporaneamente l’affitto.
Di qui lavoro, di là rendita. Ne vogliamo parlare? Buon settembre, Beppe.
Giuseppe Ucciero
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