1 agosto 2020

PIU’ GRIGIO CHE VERDE: BOVISA BLA BLA BLA

Parole in libertà di un assessore e un rettore: attoniti i residenti


Eccoci di nuovo a raccontare una vicenda che cozza inesorabilmente con le continue dichiarazioni “mettiamo il cittadino al centro”, “Milano città green”, e via discorrendo. Al centro di che? Diremmo ai margini: le decisioni si scontrano con il buon senso di chi la città la “vive” e non si limita a progettarla, come le infaticabili Tina e Pina.

tinaepina

Cara Tina, che fatica star dietro a tutto il bla bla bla che si fa intorno a Bovisa! Doveva arrivare nelle Case Mendini l’Università cinese, sbandierata dal Politecnico come alleata epocale, ma le case Mendini quasi vuote circondano un grande metafisico cortile vuoto, mentre il parcheggio di fianco è rimasto uno sterrato selvaggio invaso dalle pozzanghere.

Lo scheletro della progettata Casa dello Studente è rimasto uno scheletro. Il grande spazio che lo fiancheggia, di fronte alla via Durando del Politecnico, che doveva entro il 2019 trasformarsi in una piazza, con immancabile grattacielo ma verde e piena di alberi sul rendering, è deserto. Sterpaglie. “Diciamo che la futura piazza non sarà proprio così” affermò candidamente un assistente dell’assessore Maran, “Sarà più grigia che verde”, disse, testimoniando che i rendering e la realtà non vanno insieme. Ma tanto a oggi non si sono visti né grigio né verde.

Nel cuore di Bovisa, in Piazza Bausan è rimasta orgogliosamente zampillante la fontana, mentre le aiuole intorno disonorano per miserevole condizione il concetto stesso di aiuola. In un tempo remoto qualcuno ha infisso qui dei pali di metallo che nessuno ha tolto.

È stato promesso il rifacimento di Piazza Schiavone, che oggi consiste di un minuscolo parco giochi (della cui piccolezza solo i bambini stipati su altalene e scivoli non si rendono conto), affiancato da una tre volte grande gran colata di cemento di presunto valore architettonico, da sempre disabitata: la gente del quartiere parlava di inizio lavori in luglio e ora che è fine luglio sperano in agosto.

Pina cara, mala tempora currunt e il caldo di questi giorni non aiuta di certo a sopportare tutte le chiacchiere che, a destra e a manca, si sentono sul futuro radioso della Bovisa. Ovviamente mi auguro che abbiamo torto a dubitare, ma la realtà mi sembra ben diversa.

Nello spazio della prevista piazza su via Durando che hai citato, una cosa hanno fatto subito dopo i proclami: hanno tagliato tutti gli alberi che erano spontaneamente cresciuti, lasciandone due o tre che non credo resisteranno all’arrivo della metrotranvia (come e quando non si sa). In compenso hanno abbattuto tutti i bellissimi pioppi cipressini che davano proprio su via Durando: il perché è ignoto.

Inoltre sono anni che promettono la pedonalizzazione di via Andreoli, dove gli studenti del Politecnico sono costretti a fare lo slalom tra le macchine che normalmente invadono i marciapiedi ma pare che mettere un cartello di divieto di transito sia effettivamente troppo complicato.

Cara Tina, una cosa è successa: è fallito l’esperimento iniziato a suon di grancassa davanti alla Stazione Bovisa sul piazzale, dove tristi aiuole e alberi stenti, ma pur sempre esponenti del mondo vegetale, contendevano lo spazio alle auto parcheggiate.

Su Youtube è possibile trovare il video in cui rappresentanti della Regione e delle Ferrovie Nord l’estate scorsa magnificano le sorti di questa Smart Energy Area (c’è qualcosa che non sia costruita smart in questa epoca piena d’idee brillanti spente dal primo soffio di vento?) che doveva distribuire elettricità a monopattini e auto, e permettere ai pendolari di usare un assai imprescindibile minifrigo per la spesa. Quel che rimane di tutto questo Smart Bendiddio promesso che non è mai arrivato a destinazione, un anno dopo, è la consueta spianata di cemento, un enigmatico alto fungo di cemento senz’altra funzione che sollecitare gli interrogativi sulla sua funzione, e un’incontrollata abbuffata di auto naturalmente di grande cilindrata, che a questo punto si sono evitate la competizione con qualsiasi tipo di verde. Anche qui vince il “più grigio”.

Cara Pina, quell’area dovrebbe essere di proprietà di Trenord e credo se la tengano “disastrata” perche con Reinventing Cities la stazione di Bovisa dovrebbe essere ridisegnata e ovviamente ci sarà un’ulteriore colata di cemento. Almeno potrebbero migliorare la segnaletica e, nel frattempo, far in modo che il posteggio dei taxi fosse proprio all’uscita della stazione e non dove si trova ora. Non oso immaginare di essere un turista o semplicemente uno che per la prima volta arriva, di notte, in Bovisa e all’uscita non sapere se andare a destra o a sinistra, e non capire se ci sono e dove sono i taxi.

Cara Tina, sarà il fantasma della defunta Triennale Bovisa, sul cui terreno si è tentato un defunto Drive-In, a infestare il quartiere impedendo alla buona volontà delle istituzioni pubbliche di ottenere risultati? Finirà che dovremo arrivare a interpellare i Ghostbusters?

Cara Pina, ma si sa perché, proprio quest’anno, non abbiano riaperto il Drive-In? Ma quali sono i reali progetti su quell’area che, tanto per cambiare, dovrebbe appartenere a Euromilano?

Cara Tina, ecco che, puntuale con l’estate che distrae i cittadini, arriva l’ennesimo sonaglino da neonati sventolato davanti alla popolazione della periferia cittadina per indurla a mandar giù la pappa amara: Pierfrancesco Maran, assessore all’urbanistica e al verde, ed Emilio Farolfi, prorettore delegato del Politecnico, in luglio presentano alla Commissione urbanistica comunale il loro progetto sull’area del Bosco della Goccia.

Il Bosco della Goccia, per salvare il quale i cittadini si battono da otto anni, fa parte delle ex Officine del Gas dove la natura si è ripresa i suoi spazi, è grande quasi quanto il parco Sempione, in grado di fare da collegamento verde tra il Nord della città e, attraverso l’ex scalo Farini, arriverebbe fino a porta Nuova.

Una situazione più unica che rara, che dovrebbe essere al centro del dibattito cittadino, con una visione ampia e di lungo periodo, come richiederebbe la situazione di cambiamenti climatici (il sindaco ha firmato l’emergenza), di inquinamento dell’aria, di impermeabilizzazione del suolo.

Pina cara, ti ricordi quando, novelle residenti della Bovisa, abbiamo saputo dell’esistenza del bosco del nostro quartiere e del nascente Comitato la Goccia? Era il 2012. E da subito abbiamo capito che quel che rimane di verde della Goccia – chiamata così perché sulla mappa ha la forma di una goccia – doveva venir mantenuto e difeso dalla speculazione.

Bisogna infatti e innanzitutto ricordare che la metà della Goccia è già occupata da tempo dai grigissimi edifici del Mario Negri e del Politecnico (dipartimenti La Masa e Lambruschini). E quindi il nuovo discorso sulla Goccia riguarda già il 50 per cento del 50 per cento del suo territorio, metà della metà, per fortuna ancora quasi tutta coperta dal bosco che il Corpo Forestale dello Stato aveva già giudicato pregevole nel 1994, quando vi aveva fatto un puntuale sopraluogo.

Tina mia, cosa ci si aspetterebbe dunque dal Comune? Che prendesse atto di essere proprietario, con il Politecnico, di un incredibile regalo della natura, in una città che ne ha così bisogno, al punto che nel periodo Covid 19 si correggeva la frase “troppi milanesi nei parchi”, con “troppi pochi parchi per i milanesi”.

Pina cara, se fossi io il padrone della Goccia chiamerei di nuovo le Guardie forestali a farmi spiegare quali sono gli alberi da salvare e quali no, e partirei dalla realtà esistente per progettare il nuovo. È in questo modo che hanno proceduto i vecchi progettisti di quella perla di verde milanese che è il Parco Nord. M’ispirerei al loro metodo di dialogare via via con la natura che caratterizza già la Goccia.

E metterei il verde in sicurezza, pulendo il sottobosco dove è necessario. E da subito disegnerei passerelle per permettere ai cittadini di passeggiarci per ammirare gli alberi imponenti, le macchie indispensabili ad animali selvatici e insetti, o per percorrerlo in bicicletta.

Cara Tina, appena avanziamo questo ragionamento di buon senso per salvare la vita del bosco e degli animali e per noi umani che ne godremmo, subito si cerca di chiuderci la bocca con il terribile spettro del terreno inquinato e della necessità imprescindibile della bonifica. Erano le Officine del gas, quanti veleni!

Ma con gli esperti che abbiamo a nostra disposizione si può ipotizzare che, con la dismissione e la chiusura delle Officine del gas ormai da decenni, così come gli alberi si sono innalzati, le sostanze inquinanti siano scese, anno dopo anno, pioggia dopo pioggia, a profondità che non mettono più in pericolo la salute di chi cammina, corre, si siede su un terreno bonificato dall’humus. Già tre anni fa avevamo proposto all’assessore Maran di far analizzare il suolo superficiale fino a 40cm di profondità per verificarne l’attuale stato di salute. La risposta è stata che non serviva, anche se l’Università Bicocca lo avrebbe fatto gratuitamente come caso di studio per gli studenti.

Pina cara, fin dal primo incontro pubblico del 2013, il Comitato aveva sollecitato lo studio e la sperimentazione delle bonifiche verdi. Ora finalmente l’assessorato al Verde di Maran ha deciso di dar corso a un piccolo esperimento – su 500 metri quadrati – di fitobonifica, che però tarda a decollare. Si tratta di tecniche nuove, di pulizia della terra con le radici di piante come la canapa e il salice piangente. Mentre la bioremediation lo fa con le sostanze organiche.

Altro che DENG! Questa sperimentazione ecologica sarebbe davvero preziosa, non solo per la Goccia, ma per tutte quelle situazioni nei Paesi ex industriali che si trovano a dover affrontare il problema dell’inquinamento. Le tecniche di fito e bioremediation stanno alla bonifica come le energie rinnovabili stanno al petrolio. Sarebbe una rivoluzione.

Cara Tina, quando la politica è miope fa cose raffazzonate. Alla Goccia come hanno pensato di agire? Ritagliare dal tutto una porzione di Goccia, suddivisa a sua volta in lotto 1A e lotto 1B. E vista la lungimiranza con cui si progettano i due lotti si è tentati di essere sollevati dalla decisione dello “spezzatino” che lascia intatto, per ora, gran parte del rigoglio della Goccia rimanente. Ma lo “spezzatino” rivela proprio la mancanza di visione e quindi di un piano generale che valorizzi l’esistente e non distrugga l’incanto della natura presente. Si prende il lotto 1A, lo si scava intorno ai due gasometri, vestigia del passato, si butta via la terra “da bonificare” (dove sarà finita?) e ci s’inventa un giardino nuovo al posto di quello che aveva almeno mezzo secolo di vita.

Pina, stammi a sentire: però lo chiamano Parco dei Gasometri! Se lo chiamano parco le piante ci saranno di sicuro, come nel parco macchine, parco divertimenti, parco locomotive. E poi dai, per essere degli ingegneri dobbiamo riconoscere che hanno fatto un grande sforzo di fantasia. Dentro a un gasometro ci sarà il Giardino delle arti e delle scienze, ci sarà la Smart city innovation hub (un po’ di inglese non deve mancare), ci sarà la Fabbrica dello sport. E fuori, infine, ci sarà DENG, il Laboratorio per l’energia…

Sul progetto dell’interno dei due gasometri, cara Tina, per ora non ho un parere. Posso solo essere contenta che non li abbattano e che sia previsto il loro riutilizzo con piscine e locali per lo sport. Ogni piano ha il suo bel nome in inglese: ci sono le start-up, l’hub, il paddle, il fitness, il playground e così via. Sono contenta che almeno la parte superiore del gasometro resti lo scheletro che è ora, così suggestivo sullo sfondo del cielo di Bovisa.

Pina, sicuramente coloro che nel lontano 2015 hanno partecipato al workshop “Ascoltiamo Bovisa” si aspettavano più verde. Ma al di là delle nostre aspettative dimmi che senso ha fare una piccola piscina, per lo più interrata. Non mi sembra il massimo: mi chiedo, chi avrà voglia di andare a seppellirsi là sotto? Forse sarebbe stato meglio farla all’ultimo piano con delle grandi vetrate che portassero luce e consentissero di godere del paesaggio o al piano terra con la possibilità di uscire su un prato durante la bella stagione. Se, come dicono, gli impianti sportivi potranno essere utilizzati anche dai cittadini, quest’ultima mi sembrerebbe la soluzione migliore. E poi! Cos’è il misterioso paddle? Una cosa da film americani. Ma gli studenti di ingegneria non potevano proprio vivere senza?

Pina, ti dico che lascio perdere il contenuto dei gasometri. Ma su come viene trattato il verde invece ho molto da protestare. Perché s’intuisce che l’approccio con cui viene affrontata la progettazione è quello della Biblioteca degli alberi, e peggio di Fiera Milano City. Disposizioni geometriche di nuove alberature minime, dove invece già esistono, a differenza della Biblioteca degli alberi e di Fiera Milano City, esemplari di alberi imponenti e preziosi.

Pina pensa che degli alberi del bosco, non a caso, le carte del progetto di Comune e Politecnico non dicono nulla. Li dispongono in file come soldatini. Non hanno nome, non sono tigli, platani, paulonie, bagolari, pioppi… Non ospitano gufi, picchi, ricci, scoiattoli…Non forniscono aria pura, ombra, contemplazione. Non sono vivi. Non meritano rispetto né considerazione. Sono pali al servizio della vanità dei progettisti.

Tina, si parla in modo esplicito solo, orrore, di distruggere anche quella parte di bosco nel lotto 1A rimasta intatta per miracolo fin ora dalla furia devastatrice, che dovrebbe venir decimato per fare al suo posto un altro grigio edificio a scalinata chiamato DENG. Eppure proprio di fianco al futuro DENG per ora sulla carta esiste già da tempo il Dipartimento di Energia, che con il Comitato abbiamo avuto il privilegio di frequentare in un’occasione, in maggio di non ricordo quale anno. Bene, questo Dipartimento di Energia in maggio era semplicemente un forno. Toccavi le pareti e ti ustionavi. L’impiegata ci disse che era sempre così prima che mettessero in funzione l’aria condizionata. Non sarebbe meglio che aggiustassero le cose fatte male, prima di sperimentarne altre distruggendo boschi che già procurano risparmi di energia?!

Ma va be, Pina cara, allora noi siamo le solite rompiscatole. Certo che fin dai tempi dell’assessora Lucia De Cesaris, era il 2013, ci hanno scassato con la favola di voler costruire l’edificio ZEN, Zero Energy Nanotecnology, meraviglioso edificio, esemplare i cui ridotti consumi per climatizzazione e illuminazione sarebbero stati coperti da autoproduzione da fonti rinnovabili, irrinunciabile fiore all’occhiello del Politecnico e dell’Italia tutta.

Al suo posto ora ci rifilano l’edificio DENG che, a dispetto dell’avveniristica struttura, nemmeno a dirsi, interamente grigia per non discostarsi dal grigio delle costruzioni del Politecnico intorno, sarà un edificio che invece rispetterà solo gli standard energetici vigenti e poco o nulla di più.

Se ricordi nel primo incontro che abbiamo avuto con l’amabile rettore Resta – nel marzo 2017 – lo stesso aveva preso appunti e assicurato che avrebbe fatto il possibile perché non venissero abbattuti altri alberi per costruire l’edificio ZEN. Beh ma ora che lo ZEN non si fa più cosa vuoi che siano 20/30 alberi in meno per il DENG?!

Tina, ma Maran promette di “compensare” le piante di questo boschetto che saranno abbattute e sacrificate al dio della tecnologia. “Compensare”, come “smart” è un termine molto di moda. Si è millantato ad esempio proprio recentemente dal Politecnico di “compensare” la distruzione del parco Bassini, distribuendo qua e là le sue piante monumentali, estratte dal terreno come se fossero denti. Peccato che le radici di un albero siano ben più ampie delle radici dei denti. E che una volta segate via non alimentino più la chioma. Insomma il concetto della compensazione si declina così: ti sequestro una reggia, e ti compenso concedendoti una stanza.

Pina, poi c’è il problema del lotto 1B, ora uno spazio totalmente rinaturalizzato dove non ci sono edifici da recuperare. Anche qui mistero sulla destinazione finale.

Tina, chi commette delitti contro la natura poi le istituzioni comminano bacchettate sulle mani: A2a approfittando del lockdown ha abbattuto senza permessi ben 80 pioppi in una zona della Goccia. Il Comitato la Goccia l’ha denunciato alla Procura. A questo punto anche l’assessore Maran se n’è dovuto accorgere. Cos’ha fatto? Niente compensazione questa volta: ha multato l’A2a per 60mila euro. Essendo l’A2a un’azienda partecipata dal Comune, la multa finiremo col pagarla noi, cittadini di Milano, vittime del danno ecologico.

Pina, sulla vicenda dell’abbattimento dei pioppi non penso che se la caveranno solo con la multa. Nonostante la crisi della giustizia, l’esposto alla Procura seguirà il suo corso e prima o poi i responsabili ne risponderanno. Non riavremo i pioppi ma forse qualcuno capirà che non può fare ciò che gli pare, tantomeno se si tratta di una società a partecipazione pubblica. Io intanto provvedo a disdire il mio contratto per la fornitura di energia con A2a.

Insomma: bla bla bla Bovisa. Quante parole che, se anche non mentono, non dicono nulla! E soprattutto quanto grigio! Dappertutto.

Tina e Pina



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  1. Cristina SimoniniNon so chi siano Pina e Tina ma....la fotografia precisissima che fanno della smart, green Milano è sperabile la vedano tutti..
    5 agosto 2020 • 08:26Rispondi
  2. walter moniciI radical chic si lamentano tantissimo ma alla fine continueranno a votare per tutti quelli che gli stanno distruggendo Milano sotto gli occhi. trionfo della ipocrisia.
    5 agosto 2020 • 11:27Rispondi
  3. luigi caroliCare Pina e Tina, non vi siete rallegrate con Sala, Maran e De Cesaris (è lei che mena la danza) per le 560 mila piante (evidentemente di basilico) che promettono ai milanesi per i prossimi due anni. Corriere scripsit. In compenso, negli ultimi 18 mesi hanno tagliato - in tutta la città - non meno di 90 piante d'alto fusto (con diametro maggiore di 100 cm.). Quasi tutte godevano un ottimo stato di salute. Forse servivano per la pizzeria di Cracco in Galleria.
    8 agosto 2020 • 13:34Rispondi
    • Andrea VitaliMa la de Cesaris è ancora in pista? Dopo la figuraccia delle dimissioni, dopo essere corsa da Renzi... Davvero c'è la meritocrazia all'incontrario
      8 agosto 2020 • 18:47
  4. luigi caroliDopo essere corsa da Renzi...è stata da lui inserita nel CDA di Eni e comanda a Milano più di prima. E' una donna di potere.
    10 agosto 2020 • 19:56Rispondi
  5. Guido TassinariBuonasera, Ho avviato, nel 2012, insieme agli amici del circolo di Rifondazione comunista Scintilla di Affori e a tante donne che al tempo delle dismissioni delle fabbriche trent’anni fa avevano fondato Bovisa verde, il comitato la Goccia (fra l’altro, a quell’area, il nome glielo detti io proprio nel 2012, prima non esisteva). Da allora ho sempre scritto, detto, illustrato (scientificamente, per esempio con progetti dì fitobonifica irrisi da Politecnico e Comune e poi, dopo sette anni, riconosciuti come “possibile sperimentazione”) come la questione principale sia: l’esistenza nel cuore urbano di Milano di un bosco, un patrimonio di tutti, con pochi eguali in Italia e in Europa. Una volta ancora invito tutti a visitarlo (per anni ho portato, illegalmente, gruppi dentro, quando posso lo faccio ancora), che ogni volta, ogni passeggero rimane stupefatto della ricchezza che tutti condividiamo e che rimane in pericolo ma che ancora potrebbe essere preservata e espansa. Da oltre un anno Edi Sanna e altri scultori di fama internazionale hanno anche creato al suo interno un meraviglioso giardino di sculture (assente prima in città, a parte le poche cose alla triennale). Chi ne volesse sapere di più oltre che toccarlo con mano, oltre che consultare l’archivio telematico del comitato la goccia (una miniera) può scrivere a me o al comitato, Guido Tassinari Js697@hotmail.com
    24 agosto 2020 • 22:37Rispondi
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