5 luglio 2020

LA DELEGA ECOLOGICA DEL SINDACO FINISCE IN TRIBUNALE

Piccola triste storia milanese


La vicenda dei contrati per la gestione del riscaldamento lascia molti dubbi e ci si domanda cosaci sia dietro queste manovre della burocrazia i cui poteri di fatto sono immensi nella gestione delle spese del Comune.

santagostino

L’antefatto. Con il rimpasto dello scorso anno il Sindaco ha riassunto sotto di sè le competenze ecologiche prima in capo a Granelli e passando a quest’ultimo i Lavori Pubblici, che erano nella delega di Rabaiotti cui arriva oltre alla Casa anche l’Assistenza.

La ratio del provvedimento era chiara, specie se si considera lo stato delle cose ante-Covid, ovvero che l’emergenza climatica e i provvedimenti connessi divengano centrali anche nelle politiche urbane; Milano tra l’altro sul versante delle emissioni ha una sua infelice localizzazione, causa di accumuli e ristagni degli inquinanti, per cui è indispensabile agire con assai più determinazione che altrove per onorare gli impegni internazionali sottoscritti con l’orizzonte 2030.

A ciò si somma lo stato delle acque non ancora uscito dalle infrazioni europee per via degli scarichi civili e industriali che ancor oggi la Lombardia non riesce a regolamentare come dovrebbe e che a Milano hanno portato nel corso del tempo a buttare la polvere sotto il tappeto, tombinando i corsi di Olona e Seveso mentre il Lambro mostra la sua bellezza en plein air.

Chi osservi gli obiettivi comunali 2019-2021 a valle di tale delega ecologica troverà che la macchina comunale pare essere impegnata esclusivamente sul fronte del traffico urbano, compito peraltro di Granelli e AMAT, mentre aria e acqua in capo a Sala, aggredite dalle fonti non rinnovabili e dagli scarichi incontrollati, continuano a essere le Cenerentole milanesi.

E ancor più incredibile è che all’alba del 2019 quando l’Europa (pre-Covid) ha stabilito che la maggior parte dei suoi Fondi e dei suoi Piani di Investimento saranno devoluti all’efficienza energetica e alla lotta alle emissioni, non esiste un piano del Comune per intercettarne quanti più possibili da impiegare nelle trasformazioni urbane proprio sul lato dei due inquinamenti peggiori; tra l’altro il compito in oggetto rientra anch’esso fra quelli in capo al Sindaco, essendo per delega al suo Capo di Gabinetto come recita il citato Piano degli obiettivi.

Il fatto. Con l’aprile del 2020 arriva il primo banco di prova ecologico, ovvero scade l’appalto Consip SIE2 che ha governato sin qui il riscaldamento di 650 edifici comunali e il Comune avrebbe dovuto con questa scadenza provvedere a una radicale svolta che portasse i suoi immobili, tra i primi in città, verso i sottoscritti traguardi di riduzione nei consumi energetici, seguendo l’esempio di Città Metropolitana che ha indetto una gara in Project per ridurre del 35% le emissioni medie dei suoi: a tal proposito rimando ai precedenti articoli su Arcipelago.

Tra l’altro, in assenza di un simile Piano A molto ambizioso, anche il Piano B, cui sarebbe stato comunque destinato il Comune di Milano per legge, non era male, ovvero attivare l’appalto Consip SIE3 che garantisce riduzioni del 25% nei consumi energetici, appalto assegnato e operativo dal febbraio di quest’anno dopo un lungo contenzioso.

Invece la Direzione Tecnica, quella della Transizione Ambientale e quella Generale, cui compete la cosa per via della delega ecologica da cui siamo partiti, cosa fanno? Sottopongono alla Giunta una delibera che lascia loro mano libera per assegnare 39 mln di opere senza gara ai due appaltatori in scadenza (A2a e Engie) quando il valore dell’appalto scaduto era di 24 mln cui vengono improvvidamente aggiunti 15 mln di extra costi (e qui siamo già in emergenza Covid e con le Casse Comunali che piangono) variamente giustificati, peraltro in modo oggettivamente discutibile come vedremo in seguito.

Le reazioni. Il primo a insorgere contro questa cosa è lo scrivente che aveva seguito l’intera vicenda sperando che finissse come doveva, in altre parole ricalcando le orme dell’appalto di Città Metropolitana col suo 35% di risparmio energetico e di relative emissioni, mentre qui vede una proroga onerosa senza obiettivo alcuno di riduzione se non una messe di spese una tantum coperte di buoni propositi ecologici senza avvaloranti numeri di nessuna sorta: riunisco le carte invio una segnalazione ad ANAC che verifichi le irregolarità a mio avviso presenti nella delibera e nelle successive determine dirigenziali.

Poi a ruota arriva il secondo danneggiato dopo Milano via me, in altre parole la società titolare dell’appalto SIE3 (Siram) che si ritiene scavalcata e presenta un ricorso al TAR in cui si tratteggia la politica energetica di Milano in modo assai severo e ciò oltre a un certo risentimento per la condizione di danneggiata che potrebbe far colorire le parole contenute nel ricorso, risultano ancor più severe delle mie e per certi versi assai più motivate logicamente: infatti, se io nella mia segnalazione puntavo il dito su due operazioni specifiche che a mio avviso contenevano danni per il Comune per circa 4 mln di euro, passibili di un passaggio obbligatorio alla Corte dei Conti, nel ricorso di Siram la cifra lievita oltre i 10 mln.

Com’è finita. Il TAR di Milano, ricevuto il ricorso e le memorie difensive di Comune e appaltatore, in data 25 giugno dichiara la sospensiva della delibera, fa decadere i contratti al 15 di ottobre e fissa la trattazione per il 18 novembre, oltre a condannare il Comune di Milano al risarcimento delle spese processuali trasmettendo gli atti alla Procura presso la Corte dei Conti.

Il mio giudizio. Come il solito, difettando il coraggio di mettere mano alle cose comunali o mal valutando i miei allarmi, le questioni politiche verranno risolte in sede giudiziaria, sia essa quella amministrativa, quella contabile e, se non vedo male, quella penale, cercando o sperando che la cosa si trascini silenziosa e con il minor danno possibile per le carriere in gioco.

Avrebbe potuto andare diversamente? Certamente, perchè è da oltre un anno che avevo segnalato la scadenza in oggetto e la necessità di provvedere diversamente, sia pure immaginando una possibile proroga a causa della complessità dell’argomento e l’ambiziosità degli obiettivi che immaginavo essere non solo miei e della mia Città, ma anche dell’Ammnistrazione.

Purtroppo a oggi il primo atto concreto della delega ecologica al Sindaco ha indicato che questa viene gestita (male) in via esclusiva solo in sede amministrativa dall’apparato comunale (dal DG Malangone, al DT Impianti Papetti al Direttore alla Transizione Ambientale Salucci) al momento potenziali responsabili, unitamente alla Giunta e al Segretario Generale che hanno sottoscritto gli atti, anche di un presunto danno erariale compreso tra il minimo da me immaginato di 4 mln al massimo di oltre 10 mln contenuto nel ricorso di Siram, oltre all’eventuale danno di immagine (inquantificabile al momento) per la Città di Milano in caso di condanna definitiva.

Poi le vicende giudiziarie italiane hanno una loro ben nota alea e questo è solo il primo atto di una vicenda che si prospetta lunga e complessa ma che indica chiaramente che allo stato dei fatti non solo la Delega Ecologica del Sindaco essere una scatola vuota ma che la delega operativa sottostante alla struttura comunale è pure una mina vagante per le casse comunali oltre che per la salute dei cittadini e quindi vada riformata in modo radicale sottraendo la politica energetica agli scarsi tecnici del Comune.

A un anno dalle elezioni questa incapacità palese di incidere in modo radicale su una delle questioni cardine per l’esistenza dei milanesi, chiede al Sindaco di riconsiderare in modo più operativo e responsabile ciò di cui si è assunto l’onere senza più delegare la cosa a scatola chiusa a nessuno dei suoi.

Giuseppe Santagostino



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  1. Pietro VismaraGrazie dell'interessante intervento. Mi sembra giusto anche iniziare a mettere i nomi dei fantomatici dirigenti comunali, spesso ben più responsabili delle politiche comunali dei politici che eleggiamo. Sono loro, nel bene e nel male, a decidere i provvedimenti: e se per i politici c'è la possibilità di mandarli a casa tramite elezioni, per i dirigenti a quando la libertà di licenziarli?
    8 luglio 2020 • 09:19Rispondi
  2. luigi caroliTra i tecnici incompetenti ci sono coloro che hanno folleggiato all'epoca dei parcheggi sotterranei.
    8 luglio 2020 • 16:22Rispondi
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