28 giugno 2020

COLAO MERAVIGLIAO

La presidenza del Consiglio si muove a tentoni


In questo articolo Giuseppe Longhi ci descrive lo scenario entro il quale dovrebbe muoversi il Governo spesso dimenticando l’Europa, i suoi programmi e i suoi indirizzi.

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Le conferenze indette dalla Presidenza de Consiglio con lo slogan “Progettiamo il rilancio” sollevano severi quesiti istituzionali. Infatti esse sono state indette nel momento in cui il Governo italiano è chiamato a sottoscrivere un insieme sistematico di provvedimenti in sede europea, da cui dipendono sia la difesa dell’ambiente (biodiversità e contrasto al cambiamento climatico), sia un rinnovo sostanziale dell’organizzazione dello Stato, della sua economia e dei suoi rapporti con i cittadini. Ma si devono riscontrare importanti asimmetrie fra i contenuti delle Conferenze ed il programma proposto dall’UE.

Quest’ultimo ha due aspetti: Il primo è la continuità con le politiche (e quindi con le scadenze e gli impegni) promossi dall’ONU e dall’UE in materia di difesa dell’ambiente e di contrasto al Cambiamento Climatico, impegni che datano dal 1992 e dal 2010 hanno un’applicazione europea con la proposta del Green Deal. Tutti questi impegni sono stati sempre sottoscritti dall’Italia, con rilevante partecipazione dei suoi rappresentanti degli enti locali. Quindi ritengo debbano essere considerati acquisiti da chi governa.

Il Green Deal è assai impegnativo perché impone il contenimento dell’uso del suolo e l’applicazione a tappe forzate dei contenuti della convenzione di Parigi sulla rigenerazione energetica e tecnologica del patrimonio edilizio, della riconversione industriale, prima ottimizzando il suo metabolismo e, successivamente, innovando la sua struttura nella direzione della completa compatibilità biologica, della riconversione energetica, con la sostituzione del fossile con fonti rinnovabili.

Come è noto il Green Deal sarà applicato grazie alle risorse del Bilancio 2021-2027, rafforzato, a causa della pandemia, attraverso i piani del “recovery found”, per il periodo 2020-2021, e integrato con la riforma del sistema sanitario prevista dal piano anti-pandemico, che sarà finanziata con il MES.

longhi2Questi provvedimenti si configurano quindi come un sistema organico destinato a contrastare gli effetti di prevedibili avvenimenti di eccezionale gravità, quali: cambiamento climatico, perdita di biodiversità, moltiplicarsi delle pandemie.

Il secondo aspetto è l’inserimento in questo scenario dei ministri dell’ambiente europei i quali ribadendo che i provvedimenti non sono destinati a sanare situazione pregresse, ma ad innovare radicalmente a favore delle generazioni future, sottolineano che le politiche che vedranno l’attuazione a partire dal prossimo bilancio settennale (più le sue integrazioni) saranno fondate sulle convergenze tra fattori climatici, ambientali, umani.

Il richiamo alle convergenze è fondamentale perché implica una radicale trasformazione dell’organizzazione politica, amministrativa e scientifica. Infatti operare per convergenze significa lavorare in modo collaborativo, quindi aperto a sempre nuovi apporti scientifici (dato il mutare dei problemi), orientato verso il futuro (data la rapidità dei cambiamenti), quindi basato sul rischio di commettere errori e, di conseguenza, resiliente, per adeguarsi agli imprevedibili cambiamenti.

Da ultimo, il nostro appartenere all’UE implica che, se riusciremo a soddisfare la condizione di elaborare tempestivamente i piani/programmi concordati, essi saranno finanziati a condizione ‘agevolata’, ma su questo punto occorre considerare che i piani/programmi andranno a rafforzare la nostra struttura ‘patrimoniale’ con minore effetto rispetto alla ripresa immediata dei redditi. Da qui la questione, sarà più opportuno affrontare questi indispensabili investimenti aumentando il nostro già rilevante livello di indebitamento, oppure sarà più consapevole ricorrere direttamente al patrimonio dei cittadini, alleggerendo così gli oneri per le generazioni future?

Era quindi da attendersi, in occasione delle conferenze “Progettiamo il rilancio”, una serie di riposte operative a tanti importanti quesiti.

Ma la rappresentazione proposta dalla presidenza del Consiglio, costruita grazie al rapporto “Iniziative per il rilancio-Italia 2020-2022”, elaborato dalla Commissione di esperti coordinata dall’ing. Vittorio Colao, ed ai contributi dell’universo del mondo imprenditoriale, non si può dire che abbia a cuore il principio della complessità e la coerenza con la metrica delle scadenze e degli impegni comunitari. E’ costruita infatti su uno zibaldone di ben 121 pagine (in omaggio al tanto auspicato principio della semplificazione!), organizzate per singole schede, dalle quali è difficile evincere scadenza degli impegni, responsabilità operative, connessione con il bilancio nazionale e comunitario; ripropone quindi la storica difficoltà del governo e della nostra cultura ad affrontare la complessità.

E’ difficile fare una rapida sintesi del rapporto Colao perché affronta ogni tipo di questione, da quelle legate ad esigenze immediate fino alle riforme strutturali di lungo momento, ma senza chiarire chi paga, con quale scadenza, con quale beneficio atteso secondo la metrica ONU/UE. Insomma si ha l’impressione di trovarsi davanti a una confusa marcia trionfale dell’Aida, dove non è chiaro chi guida l’orchestra.

Fra la miriade di argomenti proposti ne sottolineo tre: la riforma della pubblica amministrazione, la questione dell’evoluzione produttiva e infrastrutturale, la questione delle telecomunicazioni.

La riforma della pubblica amministrazione: il documento propone il superamento della burocrazia “difensiva” a favore di una organizzazione ‘agile’. Questo presupporrebbe il passaggio da un corpo amministrativo fondato su competenze e controllo ad un’amministrazione fondata sulla creatività, la condivisione, la facilitazione, l’attitudine a lavorare per piattaforme, in sintesi a un’amministrazione organizzata come una start up. Parole facili a scriversi, più difficile l’attuazione nella realtà, tanto più se non si è provveduto ad un bilancio delle capacità del corpo amministrativo, ad una valutazione del suo potenziale di trasformazione. Forse sarebbe stato utile anche invitare alla conferenza qualche rappresentante degli amministratori coinvolti in tale epocale evoluzione.

L’evoluzione produttiva e infrastrutturale: secondo il rapporto l’evoluzione produttiva è assegnata alla riorganizzazione circolare dell’economia, ma nello stesso mancano i riferimenti ai settori prioritari individuati dall’U.E.

Gli stessi riferimenti sono assenti anche nelle relazioni dei rappresentanti il mondo dell’economia, la mancanza di visione su questo tema non contribuisce certo né alla ripresa economica e neppure alla nostra sinergia con le piattaforme produttive internazionali.

La previsione di evoluzione infrastrutturale è ampia, anche se non quotata dal punto di vista delle risorse. Il rapporto prevede la rigenerazione delle reti di telecomunicazioni, di trasporto/logistica, energetiche, oltre che la salvaguardia dell’ambiente e la messa in sicurezza del territorio.

Lascia perplessi la proposta di modalità di realizzazione di tali infrastrutture ‘di interesse strategico’, che dovrebbe avvenire attraverso un regime ad hoc di leggi/protocolli nazionali non opponibili da enti locali. Operativamente si dovrebbe procedere attraverso un’unità di presidio presso la Presidenza del Consiglio, responsabile della rapida esecuzione degli investimenti previsti.

Ci spiegherà la Presidenza del Consiglio la compatibilità di queste procedure con la struttura del nostro sistema giuridico/amministrativo, ma dal punto di vista tecnico questo è il più grosso errore procedurale che si possa compiere, perché come spiega Jay Forrester, uno dei padri dei sistemi complessi, rispondere ad un problema complesso con una struttura lineare semplice è come gettare sabbia negli ingranaggi di un meccanismo.

La questione delle telecomunicazioni: il rapporto Colao, forse in omaggio alla provenienza del suo presidente, è generosa in quanto ad interventi a favore delle reti di telecom, tutti a carico pubblico. Essa prevede infatti: Piano Fibra Nazionale, Sviluppo Reti 5G, Sussidio Digital Divide, Cablaggio PA, Piano Digitalizzazione PA, Progetto Cloud PA, Rafforzamento cyberdifesa, Piano Competenze Procurement ICT

Il piano prevede un massiccio completamento delle reti di trasporto delle informazioni e delle strutture di stoccaggio delle stesse, ma nulla dice sulle infrastrutture a valore aggiunto dedicate alla manipolazione dei dati, specie quelli generati dai cittadini, che dovrebbero essere considerati beni pubblici comuni, e, in quanto producono ricchezza, dovrebbero generare valore pubblico.

La Presidenza del Consiglio dovrebbe chiarire questo punto, perché in mancanza di trasparenza la proposta della commissione Colao rischia di essere un’aggressiva beneficienza a favore delle major della comunicazione. Un’impressione confermata, a proposito del 5G, dalla richiesta di “Riportare, i limiti massimi di emissione elettromagnetica in Italia alle linee guida europee/in linea con i livelli richiesti dagli altri stati membri UE” (è da ricordare che in Italia tali valori, a tutela della salute dei cittadini, sono più severi rispetto agli altri paesi UE).

In conclusione nel video di presentazione di “Progettiamo il rilancio” il Presidente del Consiglio Conte alla pari di John Maynard Keynes sentenzia «i nostri figli debbono poterci chiedere: che tipo di Paese ci volete lasciare?».

Appunto, non un Paese in cui la modernizzazione è a beneficio di pochi.

Giuseppe Longhi



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