20 maggio 2020

L’APOLOGO DELL’INCOMPIUTA

Lezioni di Mino Martinazzoli ai bocconiani


In questi giorni gira nella rete un filmato in cui Mino Martinazzoli, in una conferenza di chissà quanti anni fa (ricordo che scomparve ottantenne nel 2011 dopo esser stato senatore, deputato, sindaco di Brescia e più volte ministro), racconta un apologo(1) molto stimolante. Il testo fu trascritto nel 2016 da Adolfo Tomasini nel suo frequentato blog e da lì l’ho copiato. Eccolo.

viola

Il direttore generale di una grande società aveva ricevuto l’invito per assistere a un concerto che, in programma, contemplava anche la Sinfonia n. 8 in si minore di Franz Schubert, la famosa “Incompiuta”.

Il direttore generale non poteva andarci e allora regalò l’invito al capo del personale, che era un giovane laureato alla Bocconi, master in una London School. Questi si occupava anche di politica, sognava di portare efficienza e giovinezza nella politica, ed andò a sentire il concerto.

Il giorno dopo il direttore generale gli chiese se gli fosse piaciuto il concerto. Con tutto il peso di chi risponde da capo del personale, garantì che a mezzogiorno avrebbe avuto la sua relazione sulla scrivania.

Il direttore generale ricevette puntualmente la relazione e cominciò a leggerne con sorpresa il contenuto, che era diviso in cinque punti.

  1. Durante considerevoli periodi di tempo i quattro oboi non fanno nulla. Si dovrebbe ridurne il numero e distribuirne il lavoro tra il resto dell’orchestra, eliminando i picchi d’impiego.
  2. I dodici violini suonano le medesime note. Quindi l’organico dei violinisti dovrebbe essere drasticamente ridotto.
  3. Non serve a nulla che gli ottoni ripetano suoni che sono già stati eseguiti dagli archi.
  4. Se tali passaggi ridondanti fossero eliminati, il concerto potrebbe essere ridotto di almeno un quarto.
  5. Se Schubert avesse tenuto conto di queste mie modeste osservazioni, avrebbe terminato la sinfonia.

Martinazzoli conclude: “Io vorrei vivere in un mondo nel quale si possa continuare a sentire l’Incompiuta di Schubert così com’è”.

L’ho trovato stimolante perché mi ha fatto provare una acuta nostalgia dei tempi in cui gli uomini politici – anche quelli che si trovavano su sponde opposte alle nostre – dimostravano di avere tanta cultura, ironia, coraggio, da denunciare i rischi cui andava incontro una scuola tutta orientata alla professionalizzazione, addirittura sbertucciando la Bocconi e la London School! Non solo, osavano ironizzare anche su chi voleva “portare efficienza e giovinezza nella politica” quando Salvini probabilmente non era ancora nato!

Ma l’apologo è curioso anche per le osservazioni squisitamente musicali, laddove sottolinea quelle lunghe pause cui i musicisti vengono costretti, senza toccare lo strumento, in attesa di eseguire le poche note che vengono loro affidate nel corso di una composizione. O fa emergere il tema sempre vivo del dimensionamento delle parti dell’orchestra, che all’epoca di Schubert era molto ridotta rispetto a quella attuale e che pochi direttori hanno cura di ridurre, per ciascuna opera, alle misure adeguate.

Ma l’osservazione più ilare è quella della sinfonia rimasta “incompiuta” perché è mancato all’Autore il tempo per finirla…! Vediamo un po’ come è andata. I due primi movimenti dell’ottava Sinfonia, gli unici completi, sono stati scritti fra il marzo e l’ottobre del 1822; Schubert morirà sei anni dopo, nel novembre del 1828, mentre la prima esecuzione assoluta (diretta da Mendelssohn alla Gewandhaus di Lipsia) è niente di meno che del marzo 1839, e a Vienna sarà eseguita per la prima volta solo nel dicembre del 1865, cioè quarantatre anni dopo la nascita.

Scrive Enzo Beacco nella sua “Offerta Musicale” (Il Saggiatore, 2013): “Le due pagine di partitura e gli schizzi per lo «Scherzo» (il terzo movimento, ndr) non chiariscono i motivi che portano Schubert a non completare la Sinfonia. Forse non si sente ancora pronto per tracciare un percorso alternativo a quelle di Beethoven del quale aveva già scritto di non apprezzare le «bizzarrie» …” – e più avanti commenta così la tardiva esecuzione viennese: “…all’improvviso il terreno diventa fertilissimo, permette a Brahms di uscire dall’ombra di Beethoven, esalta Bruckner, legittima la voglia di monumentalità di Mahler. Grazie a Schubert, riscoperto con colpevole ritardo, la sinfonia classica vive una nuova primavera proprio nella sua culla d’origine, appunto Vienna”.

Ma perché non si insegna più la musica nelle nostre scuole e siamo ridotti ad immaginare – sia pure scherzando – che ci si possa laureare alla Bocconi e alla London School senza averne alcuna idea? E adesso che la musica dal vivo ci viene negata per mesi e mesi, e ci tocca ascoltarla solo telematicamente, dovremo davvero augurarci con Martinazzoli che in futuro ci sia consentito di “ascoltare l’Incompiuta così com’è”?

Paolo Viola

1 Tipo di favola caratterizzato da uno spiccato senso allegorico e morale



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  1. Vittoria MoloneChe ci si possa laureare alla Bocconi o alla London School senza avere un’idea della musica penso sia molto probabile e che la sua conoscenza dipenda solo dai singoli individui. Quanto all’ascolto della musica dal vivo, temo che ci voglia un po’ di pazienza, caro Paolo: i bambini e i ragazzi non hanno la scuola, molti non hanno più un lavoro, altri lo hanno dimezzato e i musicisti, è vero, sono nelle stesse brutte condizioni. Non ci resta che sperare che dopo l’estate, virus permettendo, si riaprano, si pure con tutte le precauzioni, i teatri e le sale da concerto. E tu ci allieterai di nuovo con le tue dotte e divertenti recensioni.
    27 maggio 2020 • 23:20Rispondi
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