15 maggio 2020

MILANO 2020: L’ORIZZONTE DELLE BUONE INTENZIONI

Molti buoni propositi, poche proposte concrete per la terza età e giovani


Il documento “Milano 2020 – Strategia di adattamento” stila un elenco di buoni propositi che, più che esser volti a contenere il contagio nella Fase 2, sembrano solo una ripetizione di ottime intenzioni espresse anche in passato: più spazi verdi, più aree pedonali per far giocare i bambini, più servizi all’interno dei quartieri… . Riuscirà il Covid-19 a trasformare i buoni propositi in realtà?

barzi

Uno degli aspetti più apprezzabili del documento Milano 2020 – Strategia di adattamento riguarda l’implicito riconoscimento che ben poco di ciò che vi viene auspicato esisteva prima dell’attuale pandemia. Si legge ad esempio a pagina 3:

È importante riscoprire la dimensione di quartiere (la città raggiungibile a 15 minuti a piedi), accertandosi che ogni cittadino abbia accesso a pressoché tutti i servizi entro quella distanza. Bisogna prestare attenzione alla solitudine delle persone anziane, coloro che sono più a rischio per la malattia, e la città deve riconoscere la centralità dei bambini e degli adolescenti, che, forse più di altri, hanno sofferto le limitazioni domestiche. Così come è necessario evitare che la nuova fase consegni alle sole donne, dentro le famiglie, l’attività di cura dei più piccoli in mancanza del supporto scolastico, impedendone il ritorno al lavoro.”

Da molto prima del Coronavirus sapevamo che la dimensione di quartiere non riusciva a consentire a ogni cittadino l’accesso ai servizi di base nell’arco di quel chilometro circa che si può percorrere a piedi in un quarto d’ora. Gli anziani erano anche prima esposti ai rischi sanitari che la solitudine comporta e il loro confinamento domestico era già determinato dall’assenza, nell’ambiente costruito circostante, di incentivi ad uscire di casa per svolgere del salutare esercizio fisico.

Se questo è vero per gli anziani, non lo è di meno per gli adolescenti. Bastava aver prestato un po’ di attenzione, in tempi pre-Covid-19, a quelle presenze che nei centri commerciali non avevano negli acquisti il loro principale obiettivo. Circa la gestione delle attività dei bambini dentro e fuori le mura domestiche, è noto che sono le donne da sempre a doversi far carico della loro supervisione, con le relative conseguenze sull’organizzazione della loro vita. Cambiare rotta rispetto a tutto ciò non ha nulla a che fare con la strategia di adattamento al “nuovo ordinario” imposta dal virus; si tratta semmai di sciogliere i nodi venuti al pettine con la pandemia.

Quando si passa al capitolo “Sostenibilità” lo schema a mo’ di “elenco delle buone intenzioni”, che a mio parere percorre tutto il documento, viene alquanto a galla. D’altra parte è proprio a partire dall’uso di un concetto con il quale non si può che essere d’accordo che sorge qualche sospetto sulla natura del documento strategico: si tratta di affrontare la Fase 2 della pandemia o di individuare delle linee guida per l’ennesimo programma di legislatura?

Mischiati tra loro troviamo grandi obiettivi (equità, decarbonizzazione, rinaturalizzazione), che richiedono una visione di lungo periodo e la programmazione di azioni pluridecennali, buoni propositi (sviluppo di nuove filiere corte integrate), che molto dipendono dalle scelte e dagli orientamenti individuali, e azioni che precisamente attengono alla ripresa post quarantena (consolidare lo sviluppo della mobilità sostenibile, promuovendo e incrementando drasticamente mezzi di mobilità individuali, quali la bicicletta, monopattini e motoveicoli elettrici, anche in sharing). Restando sull’immediatezza delle cose fare a partire dallo scorso 4 maggio, si tratta innanzi tutto di capire quanto i milanesi (in senso lato, s’intende) potranno muoversi nella città senza contribuire al peggioramento della qualità dell’aria, peraltro molto migliorata nei due mesi precedenti.

Sull’obiettivo di consentire a tutti – ma soprattutto ad anziani, bambini, disabili – di spostarsi agevolmente nella dimensione di quartiere, il documento individua al capitolo “Spazio Pubblico e Benessere” i seguenti obiettivi strategici sui quali basare le azioni concrete:

Riconquistare spazio per l’attività fisica. Adeguare i marciapiedi alle misure di distanziamento fisico con individuazione di percorsi “protetti” per le esigenze della popolazione più fragile. Ampliare la dotazione di spazio pubblico a integrazione dei parchi, prevedendo pedonalizzazioni temporanee diffuse nei quartieri con minor offerta di verde per permettere il gioco e l’attività fisica dei bambini (Play Streets). “

A parte l’uso rafforzativo dell’inglese per concetti che dovrebbero essere chiari (vizio che a volte ne implica la sostituzione tout-court, tipo l’heat-mapping utilizzato ad un certo punto del documento al posto del molto più chiaro controllo della temperatura corporea), non si può che esclamare: evviva! La popolazione più fragile potrà finalmente camminare su marciapiedi facilmente percorribili, non occupati da auto e moto in sosta, non percorsi da biciclette prive di percorsi dedicati, non ingombri da tavolini di bar e relativi capannelli di persone.

Poi c’è la questione di come si possano coprire distanze più lunghe di quelle che si riescono a percorrere a piedi (al netto dell’età e della condizione fisica della persona, oltre che degli agenti atmosferici), senza peggiorare la qualità dell’aria e senza rischiare il contagio. A questo riguardo il documento prevede il contingentamento del trasporto pubblico e, per ridurre la pressione su quest’ultimo, la sospensione delle limitazioni di Area C, B e delle regole per la sosta (almeno al di fuori degli orari di punta), oltre alla realizzazione di una rete di percorsi pedonali e ciclabili “in sola segnaletica, con costi e tempi di realizzazione ridotti”, a cominciare da “l’itinerario San Babila – B.Aires – V.le Monza – Sesto Marelli”.

Su quali altri assi viabilistici di potrà evitare di prendere il potenzialmente pericoloso trasporto pubblico, avendo come alternativa sicura e disponibile per tutti la bicicletta o il monopattino, il documento non ci dà alcuna informazione. La possibilità che la vettura privata, il taxi o il noleggio con conducente (NCC), siano le soluzioni considerate più sicure e pratiche (magari per raggiungere quei servizi che neanche volendo si riescono a trovare con una camminata a un quarto d’ora da casa) diventa quindi molto concreta, soprattutto se si è raggiunta l’età in cui stare in sella alla bicicletta o in equilibrio sul monopattino non è proprio la cosa più agevole da fare. Alla luce della necessità di contingentare il trasporto pubblico, il documento non ha nulla da dire sul fatto che sono molti gli anziani che lo utilizzano, in particolare i mezzi di superficie?

A Milano un po’ meno di un quarto della popolazione ha più di 65 anni, ma il documento riguardo le necessità e le aspettative della cosiddetta terza età si limita a prevedere un ripensamento delle politiche assistenziali che riguarda la riprogettazione e il potenziamento dei servizi estivi dedicati, il sostegno all’apertura del commercio di vicinato e l’”assistenza contro il rischio di solitudine di persone anziane e in difficoltà”.

Sorprende poi che non esista alcun cenno alla questione dei centri commerciali come luoghi in cui trovare beni e servizi spesso non reperibili nella dimensione di quartiere che il documento si prefigge di rafforzare. Anche prendendo in considerazione realtà che offrono molto di più di una serie di esercizi commerciali (si pensi ad esempio al Centro Commerciale Bonola e al ruolo da esso svolto nel quadrante urbano che va dal QT8 al Molino Dorino), non si può non essere preoccupati dal fatto che si tratta di grandi attrattori di persone, soprattutto anziani ma anche adolescenti, che non hanno molte alternative in quanto a disponibilità di spazio pubblico con qualcosa da offrire. Se si pensa poi che il caldo estivo è alle porte, non si può non essere preoccupati dalla possibilità che questi luoghi siano gli unici dotati di una temperatura decente per i tanti che non si posso permettere un impianto di condizionamento dell’aria.

Come pensiamo di affrontare, da giugno a settembre, le strategie di adattamento della popolazione più fragile ai possibili 40 gradi centigradi, garantendo al tempo stesso che vengano utilizzate le misure di prevenzione del contagio? Il rischio per molti anziani è di esporsi alle conseguenze del caldo per non subire quelle del virus. Se l’obiettivo del documento è di tratteggiare i contorni del “nuovo ordinario”, sarebbe meglio stabilire con più attenzione in che modo si intende indirizzare le azioni mirate a quella parte della popolazione che ha la più alta possibilità di ammalarsi, da un lato, e dall’altro di subire gli effetti dell’isolamento preventivo.

In conclusione, e con riferimento non solo agli anziani ma a tutta la popolazione residente, se il “nuovo ordinario” si baserà davvero sulla minore necessità di spostarsi perché si lavorerà il più possibile da casa, sulla dimensione di quartiere per poter accedere facilmente a beni e servizi, su più spazio pubblico che consenta di evitare da una parte l’isolamento domestico e dall’altra l’assembramento di persone, su tempi della città più lenti e lunghi per ritornare gradatamente a fare in sicurezza ciò che facevamo prima, allora sarebbe meglio spostare un po’ più avanti l’orizzonte temporale al quale fa riferimento la strategia di adattamento.

Se invece Milano 2020 significa in buona sostanza il contingentamento del trasporto pubblico (senza troppo riguardo delle tipologie di utenza potenzialmente penalizzate), affiancato da qualche misura a favore della mobilità sostenibile individuale e di depotenziamento delle limitazioni alla circolazione delle auto, allora il margine temporale previsto è sensato perché inevitabilmente suscettibile di cambiamento. Che poi quest’ultimo arrivi da una recrudescenza del contagio o da un miglior dettaglio delle misure previste, resta tutto da vedere.

Michela Barzi



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