14 maggio 2020
I VECCHI DIFETTI DELLA CITTÀ
C’erano già, il Covid-19 li ha fatti solo emergere prepotentemente
14 maggio 2020
C’erano già, il Covid-19 li ha fatti solo emergere prepotentemente
E’ stata lanciata l’operazione di consultazione della città per sollecitare suggerimenti sulla ripresa: Milano 2020 – Strategia di adattamento con l’intento di trovare risposte efficaci per mezzo di azioni immediate su mobilità, servizi, cultura ed economia. I problemi della città che si vogliono affrontare con tale documento, in quale misura sono generati da questa emergenza e quanto erano già presenti (e quindi ora solo accentuati) dalle conseguenze della pandemia?
Milano si è presentata davanti al Covid già con le sue proprie emergenze, ne cito solo alcune: polveri sottili sempre al di sopra dei limiti di legge, alti ritmi di consumo di suolo, 18 mq di verde per abitante (quasi la metà della media nazionale), periferie carenti di servizi, uno spazio pubblico limitato, conteso dalle auto e di qualità inversamente proporzionale alla distanza dal centro.
Ma anche, nel 2019: stipendi reali medi scesi del 13% (1), il 14% dei residenti a rischio povertà (2), sfratti in aumento vertiginoso (solo il 3,4% delle 25.000 famiglie in graduatoria ha avuto una casa), infine, un bilancio comunale già sotto grande stress tanto da dover ricorrere all’aumento delle tariffe del trasporto pubblico locale.
Milano, anche al netto di questa congiuntura, presentava dunque già allarmanti emergenze di carattere ambientale e sociale che il virus ha poi accentuato. E’ stato, infatti, nel frattempo dimostrato come contagi e inquinamento dell’aria abbia una certa correlazione e come il virus abbia colpito assai più nei popolari quartieri del Gratosoglio, Crescenzago, Bovisa, Affori, Comasina rispetto alle aree più benestanti del centro e semi-centro.
Bene dunque ora voler allargare i marciapiedi per i dehors, tracciare ciclabili di fortuna, organizzare i tempi del lavoro e incentivare lo smart-working. Ma davvero vogliamo pensare che una vera Strategia di adattamento non debba anche considerare un radicale cambio di direzione nelle politiche ambientali e di spesa e tassazione, rimettendo in discussione alcune scelte strutturali fatte in quest’ultimo quinquennio? In tal caso, cosa sarebbe utile fare per dare concretezza ai reali bisogni contingenti e di prospettiva della Milano che verrà?
Tre constatazioni e un paio di proposte.
Da queste constatazioni emerge come sia necessario rimettere mano agli strumenti di pianificazione e agli accordi adottati e in divenire: mi riferisco al Piano di Governo del Territorio, all’Accordo di Programma sugli Scali Ferroviari e da ultimo all’incipiente volontà di costruire un nuovo Stadio.
La contingenza da Covid ci dimostra infatti che i milanesi hanno ora (ancor più di prima) necessità di servizi pubblici di prossimità (in particolare nelle periferie), di spazio pubblico qualificato di adeguata ampiezza e qualità, di politiche abitative efficaci in grado di contrastare il crescente divario fra salari e costo della vita.
E’ soprattutto la citta consolidata, quella che già c’è, che dunque ha bisogno di cura e attenzione.
Quanto realmente rispondono alle necessità dei milanesi i faraonici progetti sulle aree libere degli Scali Ferroviari e di Piazza d’Armi fatti di volumetrie residenziali da capogiro e centri commerciali? (per inciso, è di questi giorni la notizia che Westfield ha cancellato dalla propria agenda il maxi progetto del più grande centro commerciale d’Europa che avrebbe inciso nell’area dell’est Milanese).
Sulla questione nuovo Stadio poi, per dirla con le parole di Paolo Pileri (3): “La pandemia ha fermato lo sport e svuotato gli stadi ma nessun politico ha approfittato per dire che non è più tempo per idee e progetti faraonici come il nuovo stadio San Siro e il suo ventre malato, zeppo di centri commerciali, alberghi e speculazioni immobiliari (un miliardo di euro).”
Occorrerebbe inoltre riflettere sull’opportunità di separare la pianificazione ambientale da quella strettamente edilizia; non sfugge certo che, essendo entrambe in capo ad un unico assessorato (quello dell’urbanistica) abbia sinora prevalso in quest’ultimo un’adesione di comodo alla logica sviluppistica cara agli speculatori (e facilmente veicolabile con magnifici render pieni di verzura su media compiacenti).
Una parte di risorse per una reale ed efficace riconversione ecologica e per riqualificare il patrimonio immobiliare comunale dovrebbero essere reperite innalzando in generale gli attuali esigui oneri di urbanizzazione e pretendendo la compartecipazione agli utili in caso di varianti urbanistiche applicando il DL 133/2014 (aprendo, se necessario, un contenzioso con Regione Lombardia) ma anche abolendo le ormai obsolete premialità legate al risparmio energetico (costruire edifici energeticamente efficienti dovrebbe essere regola per tutti e non eccezione). Si colpirebbe la rendita finanziaria immobiliare dei proprietari dei suoli e non il lavoro d’impresa.
Gabriele Mariani
(1) fonte: Ottavo rapporto di Deutsche Bank sui prezzi e gli standard di vita mondiali
(2) fonte: Sicet, Sindacato inquilini, casa e territorio
(3) Professore ordinario di progettazione e pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano
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