12 maggio 2020

CAMBIARE? SÌ, CAMBIARE LA “GRANDE MILANO”

Un’analisi minuziosa a puntuale dei punti di debolezza della città


Corbani

Abbiamo compreso quasi tutti, che la quarantena, il confinamento non curano il male, ma servono a evitare la diffusione del contagio e che qualsiasi epidemia si risolve con le famose tre T (trovare, trattare, testare) nel territorio. Milano deve ripartire da questa consapevolezza per adottare tutte le misure che, in futuro, comunque, impediscano il blocco della città. Milano deve ripensare totalmente al suo modo di essere, contribuendo così alla rinascita del Paese.

Oggi, più che mai, anche per la condizione generale della Lombardia e del Paese (il deficit pubblico, la caduta del Pil, il debito pubblico) occorre rimboccarsi le maniche, lasciar perdere le abitudini del passato. Non sarà una strada semplice, sconfiggere luoghi comuni e innovare le infrastrutture e la struttura della città: gli orari della città, l’occupazione femminile, i servizi alla persona, la dimensione internazionale della formazione e dell’informazione, i cambiamenti di destinazione di larghe parti della città e dei suoi edifici, le periferie.

Non si può pensare all’organizzazione della vita della città e del lavoro, dopo questa vicenda della pandemia, senza pensare che dobbiamo distribuire tutte le attività in un arco di tempo più lungo: 24 ore su 24, e 365 giorni l’anno. Sarebbe un errore pensare che si possa tornare alle vacanze concentrate in meno di un mese (agosto) o agli uffici pubblici (non parlo solo di quelli comunali) chiusi il sabato e la domenica, e non lo dico solo in funzione del trasporto pubblico o del carico e scarico delle merci.

Anche sotto il profilo del turismo (Milano è la terza città di Italia per flusso turistico), che per lungo periodo sarà di origine prevalentemente interna, ha bisogno di orari di tutte le strutture distribuite su tutto l’anno, con attività culturali distribuite sette giorni su sette e in un arco orario di almeno sedici ore. Così come le analisi mediche e gli esami sanitari possono essere realizzati anche nella notte: perché la tac non può essere fatta alle due di notte ?

Lo sviluppo della banda larga in tutta l’area metropolitana dovrebbe consentire l’accesso a tutti i servizi pubblici 24 ore il giorno: per questo occorre anche un lavoro di alfabetizzazione informatica, di educazione digitale della popolazione, non solo quella anziana. Possiamo cercare di eleminare le giornate del ritiro della pensione e l’uso della moneta digitale, anche per gli anziani, che sono il 25% della popolazione della “Grande Milano”.

In particolare in tutta la pubblica amministrazione, lo sviluppo dello “smart working”, che non è il semplice trasferimento del lavoro a casa, ma è la ridefinizione del lavoro per obiettivi e risultati, deve consentire di eliminare gli impedimenti burocratici per il cittadino e le imprese, e rendere più efficace, più efficiente e tempestivo il servizio pubblico. Che senso aveva il catasto chiuso in questo periodo di pandemia? E che senso ha la quantità di carta che ancora circola in tutta la pubblica amministrazione, compresa la giustizia ?

Lo sviluppo dello “smart working” comporta anche la dismissione di molti edifici destinati agli uffici o al terziario, il che comporta un cambio di destinazione d’uso, a favore di strutture residenziali, ricettive, educative e culturali. Spazi che dovrebbero tornare utili per l’ampliamento dei servizi e la modernizzazione delle scuole.

Uno sviluppo dell’occupazione femminile comporta anche uno sviluppo dei servizi, pensiamo agli asili nido e alle scuole materne. Il loro incremento diventa un elemento decisivo di una politica di natalità, di cui abbiamo assoluto bisogno. Ma pensiamo anche alla riduzione del numero degli allievi per classe, il che, insieme alla ristrutturazione o all’abbattimento di scuole inadeguate strutturalmente ed energeticamente deficitarie, comporta un ripensamento della rete di formazione, che dovrebbe essere un punto decisivo della Milano del prossimo futuro.

La “Grande Milano” dovrebbe promuovere un coordinamento generale tra tutte le università per realizzare servizi adeguati (alloggi, trasporti, accesso gratuito alle attività culturali) per gli studenti, in modo anche di proporsi come la città “universitaria” per i paesi dell’Africa, dell’America Latina, del Medio Oriente, del Mediterraneo per la formazione delle classi dirigenti future. E i progetti già avviati per la “Città della ricerca” dovrebbero essere adeguatamente sostenuti nel futuro, anche dal punto di vista delle attività culturali. Penso alle “Lombardiadi” della ricerca, della scienza, dell’architettura, della medicina, ecc.: eventi in cui, anche da remoto, si confrontano le esperienze di tutto il mondo nei diversi campi.

Sotto questo profilo, sarebbe importante realizzare a Milano un centro mondiale di raccolta di tutti i brevetti di produzione e di prodotto, realizzati e depositati nel mondo. Così, anche diffuse nel territorio, sarebbe interessante e educativo realizzare delle “Hall of fame” che in progredire, raccolgano la storia e le novità, compiute dai milanesi e dai lombardi nei diversi campi della medicina, della fisica, della chimica, dell’ingegneria, della produzione automobilistica, della filosofia, della musica, della letteratura, delle relazioni internazionali ecc.: Camillo Golgi, Luigi Mangiagalli, Pietro Bucalossi, Antonio Banfi, Ernesto Teodoro Moneta, Salvatore Quasimodo, Giulio Natta, Eugenio Montale), Dario Fo, solo per citare alcuni nomi. Due punti essenziali dovrebbero essere creati attorno alle figure di Leonardo e Verdi.

La riorganizzazione dei musei per una loro specializzazione e diffusione nel territorio sarebbe un potente strumento di superamento delle distanze tra centro e periferia, che consentirebbe di fare centri per le esposizioni permanenti, temporanee, di raccolta dati e d’informatizzazione di tutte le notizie inerenti al periodo e gli autori presenti nelle collezioni. La diffusione delle biblioteche (informatizzandole, il più possibile) e la difesa della presenza delle librerie sono due delle principali misure di sviluppo culturale della città insieme alla promozione e diffusione delle attività di teatrali, musicali, e cinematografiche: la “Grande Milano” e le strutture storiche, artistiche e architettoniche, vivono se c’è un’attività culturale e di spettacolo diffusa, che superi anche la sproporzione tra somme spese per la formazione artistica e investimenti per la produzione culturale.

La vicenda della pandemia ha posto in rilievo drammatico i problemi dei servizi alla persona. Rimane il punto fondamentale che l’assistenza sanitaria deve essere nel territorio, prima che negli ospedali, con attrezzature idonee per la prevenzione e la cura, prima della spedalizzazione, in particolare per la popolazione anziana. Un grande sforzo deve essere fatto per trasformare le “residenze sanitarie per anziani” o le “case di riposo” in case e abitazioni con assistenza.

Vuol dire aggredire il problema degli anziani, non con le case di riposo, ma con le case in cui gli anziani hanno strutture sanitarie e ricreative, mense e servizi di pulizia collettivi: il che vuol dire ripensare ai quartieri con demolizioni e riedificazioni con una dimensione metropolitana del fenomeno.

E dobbiamo ricordare che sempre più abbiamo bisogno di abitazioni per quella popolazione straniera che realizza quei lavori (nell’edilizia, nel turismo, nell’assistenza domestica e nella cura delle persone) che gli italiani non fanno più da tempo.

E l’assistenza alle persone sul territorio, in un contesto di promiscuità intergenerazionale, interrazziale, interreligioso e interclassista (sì, esistono ancora le classi sociali) pone l’esigenza di rifare molte periferie, all’insegna dell’efficienza e della bellezza, del recupero del verde e della costruzione di servizi (sociali, assistenziali, ricreativi, culturali) come elemento basilare dell’integrazione tra centro e periferia, come elemento unitario della vita dei cittadini. La manutenzione degli edifici, quelli pubblici in primo luogo, garantendo anche una nuova efficienza energetica, comporta anche un vero piano di “certificazione d’identità” degli edifici.

La “Grande Milano” deve essere il centro di progetti e di sperimentazioni di mobilità sostenibile. La mobilità (due milioni e 100 mila persone il giorno) d’altra parte non può essere demandata alle biciclette e laddove ci sono piste ciclabili non ci può essere trasporto privato, se non quello senza emissioni nocive. Per cui, è necessaria, a mio parere, una chiusura drastica alle auto private (e le moto sono meno nocive?) di zone della città: altro che zona B o C, non la tassa sull’inquinamento, ma la neutralizzazione delle fonti di inquinamento, anche quelle di riscaldamento domestico o degli uffici.

Possiamo realisticamente pensare che l’uso della bicicletta, che oggi è il 7% di tutta la mobilità, raddoppi o triplichi? In realtà, a me sembra, che dobbiamo puntare a più trasporto pubblico su ferro, elettrico o, meglio, a idrogeno, disegnando una mappa regionale, con servizi a orari continui e più frequenti, in relazione anche a un piano di tutti gli orari.

Si tratta anche di realizzare nuovi interventi, che garantiscano una mobilità da e per Milano, che eviti l’aumento del trasporto privato: già oggi ci sono 600.000 auto che provengono da fuori Milano. E insieme, una politica che aumenti progressivamente il parco macchine e moto a elettrico o a idrogeno. Gli obiettivi di economia circolare per lo sviluppo sostenibile, con innovazioni nelle tecnologie per il riciclo dei rifiuti e per il trattamento delle acque, rendono necessaria la collaborazione con l’Eni (la maggior azienda italiana, per di più pubblica e con sede nella “grande Milano”) che ha elaborato attività all’avanguardia nel mondo per la produzione di biocarburanti e biometano da rifiuti, o di idrogeno da rifiuti plastici.

Si dovrebbe dare una dimensione reale di governo all’area metropolitana: il presidente e i consiglieri della “Grande Milano” dovrebbero essere eletti dal popolo per dare loro maggiore ruolo e potere. E la Regione dovrebbe tornare a essere un luogo legislativo, come previsto dalla Costituzione originaria, senza compiti amministrativi di nessun genere che invece spettano ai Comuni e alla “Grande Milano”.

Abbiamo bisogno di una “Grande Milano” che ponga, per l’oggi, con forza, al Governo e al Parlamento alcune questioni essenziali: il pagamento immediato dei debiti, la compensazione da subito di debiti e crediti fiscali; la fiscalizzazione degli incentivi agli investimenti informatici e tecnologici.

La “Grande Milano” dovrebbe anche favorire l’accordo delle associazioni sindacali dei lavoratori e delle imprese per la cogestione delle attività economiche (iniziando da quelle comunali), anche al fine di favorire gli investimenti tecnologici nelle imprese, di capitalizzarle e di aumentare quindi la produttività.

Una drastica riduzione della spesa pubblica (anche con parametri di produttività della stessa) deve servire a rilanciare una pubblica amministrazione al servizio del cittadino e delle imprese: l’autocertificazione è la base del lavoro prossimo venturo, i controlli si fanno dopo, e il superamento, del codice degli appalti (com’è stato fatto per il Ponte di Genova e l’Expo) deve essere la regola, non l’eccezione.

Abbiamo bisogno di mobilitare le risorse pubbliche, di favorire gli investimenti privati, di sollecitare il risparmio privato (il prestito “Grande Milano per la rinascita”) a investire nella riorganizzazione della città, delle sue funzioni e del suo ruolo.

Abbiamo bisogno di una classe dirigente che sappia guardare al futuro, non alle prossime elezioni comunali o regionali, che sappia prospettare un progetto basato sulla valorizzazione del merito e della solidarietà, un programma reale di lungo respiro.

E una classe dirigente seria pone all’ordine del giorno, come interesse della Lombardia, la costruzione di un’Europa con un’integrazione reale sui temi del fisco, delle imposte per le imprese e per le attività finanziarie, dei diritti dei lavoratori e della regolamentazione del lavoro, della previdenza e dell’assistenza sanitaria, della polizia interna contro la criminalità organizzata e della difesa esterna, di una politica del Mediterraneo, dell’Africa e dell’Europa dall’Atlantico agli Urali.

Ma il punto centrale è che una classe dirigente vera parlerebbe al Paese, in questo momento, con il linguaggio della verità. Stiamo andando a un debito superiore al 160% del prodotto interno lordo, circa 43.000 euro di debito per persona. E questo non è un problema che dobbiamo affrontare perché l’Europa ce lo chiede: dobbiamo affrontarlo noi per non affondare, per non sprofondare. E in primo luogo, la “Grande Milano”.

Luigi Corbani



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. Angelo FerrantiVasto programma. Che condivido.
    13 maggio 2020 • 09:24Rispondi
  2. Sergio BrennaVista l'imminenza e l'insistenza delle proposte di intervento, bisogna pensare in ottica di Grande Milano anche e soprattutto la vicenda del rinnovo dello stadio calcistico, rifiutando logiche immobiliaristiche di edificazione nei dintorni dello stadio nel quartiere S. Siro
    13 maggio 2020 • 09:39Rispondi
  3. valentino ballabioVasto e interessante programma. Ma resta un dubbio: “Grande” Milano nel senso della grandeur, e allora tanto di cappello, oppure nel senso dell'estensione territoriale che invece è rimasta confinata nella quasi centenaria “cinta daziaria” e di un capoluogo di provincia (pardon, città metropolitana!) ristretta dopo le defezioni di Lodi e Monza?
    13 maggio 2020 • 09:55Rispondi
  4. DOMENICO D'AmatoOttima cornice merita di non essere dispersa. Il contenitore è di grande interesse sarebbe molto bello approfondire i temi con contributi diffusi per arrivare a costruire una strategia e delle azioni. Partecipazione massima non più deleghe. Tavoli e fucine operative sui singoli temi??
    13 maggio 2020 • 10:18Rispondi
  5. Luca BergoOttimo Corbani, che ci offre un intervento di ampio respiro, che tocca tutti i punti salienti. E concordo con Domenico D'Amato: Tavoli e fucine operative sui singoli temi: perché sarebbe un delitto contro noi stessi perdere quest'occasione.
    13 maggio 2020 • 15:12Rispondi
  6. Carlastella MataloniMolte considerazioni condivisibili, ma ho molte perplessità sugli orari continui, 24 ore su 24 per 365 giorni: si sta rimettendo in discussione l'apertura dei supermercati la domenica e nei giorni di festa non solo per problemi relativi allo sfruttamento del lavoro, ma anche per riportare il riposo alla funzione di condivisione di tempo e spazio con la famiglia e i contatti sociali. Questo discorso deve valere in tutti gli ambiti. In fin dei conti non servirebbe fare una TAC alle due di notte, basterebbe poterla fare alle 18, cosa che adesso puoi fare, qualche volta, solo privatamente. Il rischio sarebbe di far diventare la nostra società ancor più frenetica di quello che è, e sarebbe un grosso errore
    13 maggio 2020 • 18:21Rispondi
  7. Franco De AngelisCaro Luigi, ho letto e riletto il tuo articolo con grande attenzione. Impossibile entrare nel merito di tutti i temi da da te affrontati , molti li condivido altri vorrei approfondirli , ma c'è a mio avviso un problema politico da risolvere urgentemente. Tu parli della GRANDE MILANO, noi a Palazzo Marino con te Vice Sindaco parlavamo della GRANDE MILANO oggi si parla di Città Metropolitana e nessuno sa veramente cosa è e a che cosa serve ! Incredibile ma vero esiste anche un Sindaco di questa fantomatica Città Metropolitana il Sindaco Sala che mai ne parla e che mai la rappresenta ! Così non va bene , la GRANDE MILANO da noi pensata e auspicata non è questa "miseria " amministrativa e il responsabile principale è un Sindaco che non si ribella. Il grande sogno della GRANDE MILANO capitale europea ci ha visto alleati nelle battaglie politiche di allora anche se " avversari politici" .....questa è a mio avviso la ricetta , non esistono contrapposizioni politiche nelle cose giuste. Come sempre bravo il mio Vice Sindaco di allora.
    13 maggio 2020 • 19:59Rispondi
  8. Daniele,In ritardo,. NO assolutamente NO non intendo finire il mio quinto atto come un burattino del Gerolamo, nell' grande parco giochi dei signori speculatori cementificatori e maneggioni collegati. Scusate il ritardo.
    15 maggio 2020 • 13:36Rispondi
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema


19 marzo 2024

STRUZZI, SQUALI E AVVOLTOI

Giuseppe Santagostino



5 marzo 2024

MODELLO MILANO DOVE SEI?

Licia Martelli



20 febbraio 2024

URBANISTICA SOTTO INCHIESTA A MILANO

Ugo Targetti



23 gennaio 2024

QUESTIONE ABITATIVA A MILANO: ALCUNI DATI

Gregorio Praderio



9 gennaio 2024

IL PASTICCIACCIO BRUTTO DELLA M4

Luigi Corbani



19 dicembre 2023

QUADRILATERO DELLA MODA

Enrico Fedrighini


Ultimi commenti