21 aprile 2020

LA CASALINGA DI VOGHERA E GLI STILI DI VITA

Ma anche le opinioni dei milanesi


Prima di parlare della casalinga di Voghera e dei suoi stili di vita vorrei raccontare un’altra cosa. La settimana scorsa abbiamo fatto un post per rilanciare l’editoriale sul come si uscirà dalla pandemia che ha investito Milano e la Lombardia in particolare. Ci sono state quasi 5.000 persone che hanno letto l’articolo e, come avviene di solito, i commenti su Facebook sono stati moltissimi e moltissime risposte ai commenti stessi.

Senza assolutamente presumere che tutto questo rappresenti un campione significativo delle opinioni dei milanesi penso sia però sufficiente per suddividere in categorie chi ha risposto.

Fotografia di Nicolò Maraz

Fotografia di Nicolò Maraz

Molti hanno reagito dicendo: Milano ce la farà, Milano è una grande città, i milanesi sapranno comportarsi all’altezza della loro immagine.

La cosa mi ha molto rallegrato perché per affrontare il futuro che ci aspetta bisogna senz’altro avere un atteggiamento personale positivo: sarà comunque dura e l’inadeguatezza di chi ci amministra rischierà di scoraggiarci. Animo comunque.

C’è chi ha risposto “tutto sarà come prima” e qui le posizioni si spaccano in due. Qualcuno dice “tutto sarà come prima” con tono sconfortato pensando che la nuova realtà sarà la prosecuzione lineare di quella che l’ha preceduta, ritrovandoci, quando capiterà una nuova crisi economica o sanitaria come l’attuale, nello stesso disastro di oggi.

Qualcun altro dà l‘impressione di fare quasi un auspicio: così come stavamo sinora le cose io mi ci trovavo bene, speriamo che continui.

I primi, gli ottimisti, quelli che mi piacciono di più, sapranno affrontare l’inesorabile cambiamento adottando consapevolmente i nuovi stili di vita che saranno certamente la realizzazione parziale della filosofia della “decrescita felice”. A questo proposito, a chi ironicamente sui giornali ha scritto con scherno “sentiremo riparlare dell’utopia della decrescita felice” vorrei dare un consiglio: quando la decrescita felice, ora purtroppo infelice, ci sarà, sarà meglio governarla piuttosto che deriderla.

Vorrei confortare chi teme che tutto sarà come prima: questa è l’unica cosa che non accadrà, realmente, però c’è, come ho detto nel mio editoriale della settimana scorsa, anche un “sarà peggio”, ossia un nuovo ordine mondiale disegnato dal mondo della finanza e degli affari, sordi a qualunque ammonimento e attenti esclusivamente al loro orizzonte che è quello delle semestrali*, indifferenti al pericolo che, se non loro i loro pronipoti, saranno gli ultimi abitanti del pianeta.

Ai continuisti, se mi è permesso, non so cosa consiglierei: forse di nutrire la loro speranza, spes ultima dea, per godersi il tempo che hanno davanti prima di riaprire gli occhi.

Veniamo finalmente alla casalinga di Voghera, l’icona arbasiniana del buon senso.

Tra le espressioni più ricorrenti di questi tempi c’è “dobbiamo cambiare i nostri stili di vita”. L’ultimo a dirlo con forza è stato Landini dalla Gruber. Il cambiamento degli stili di vita è una necessità sulla quale insistono da sempre gli ambientalisti e l’ultima a gridarlo in faccia persino a Trump è stata Greta Tumberg. Ma cosa risponderemo alla casalinga quando le diremo che deve cambiare il suo stile di vita e lei ci dirà “cioè?”. Forse bisognerà spiegarlo non solo alla casalinga di Voghera.

Vorrà dire imboccare la via della parsimonia, parola che in tempi di società dei consumi va controcorrente: pensate quante volte avete sentito l’urlo “sono diminuiti i consumi, l’economia vacilla!”.

Qui potremo aprire un dibattito infinito.

Ma andiamo sul pratico. Diremo alla casalinga di consumare meno carne, di consumare prodotti a chilometro zero, di lasciar perdere tutti gli alimenti che arrivano da lontano, magari in aereo, per nave, di usare meno l’automobile, meno detersivi e così via.

Ma facciamo un caso classico. Appena si parla di consumo di carne, uno degli alimenti con una impronta ecologica più pesante, i produttori italiani ci raccontano che noi pro capite ne consumiamo meno della metà degli USA e ci salveremmo l’anima ma la realtà sta in altri numeri: importiamo 1.500.000 quintali e ne esportiamo 200.000.

Ricordiamo il dramma della tassa sulla plastica e la rivolta degli emiliani leader del packaging?

Se domattina miracolosamente tutti gli italiani riducessero di un terzo il loro consumo di carne, l’intera filiera andrebbe a ramengo e con la perdita di migliaia di posti di lavoro e non solo in Italia ma in Argentina, in tutti i paesi stranieri, soprattutto sottosviluppati che producono mangimi e foraggi.

Quante filiere conosciamo di prodotti che noi compriamo semplicemente allungando una mano a uno scaffale?

Questa è la società dei consumi. Andiamo a spiegarla alla casalinga di Voghera in modo che le tremi la mano che compra? Instillarle l’ansia dell’estinzione della specie umana? Sarebbe inutilmente crudele.

Il problema è che bisognerebbe riorganizzare il mercato mondiale perché sia sostenibile senza creare vittime lungo la filiera produttiva.

Bisognerebbe fare in modo di lasciarla tranquilla perché c’è qualcuno sopra di lei che ci pensa. Ma quanto sopra? Su su nella scala del potere che regola l’economia mondiale, fino agli gnomi di Davos, alla Banca Mondiale che sta ai loro ordini, a Trump, Putin, Xi Jinping, sperando che i loro nipoti, che hanno la vita davanti, diano loro un calcio dove fa più male e quando saranno piegati un due dal dolore ma finalmente inchinati, giusto all’altezza dei ragazzini, stiano a sentire quello che, incazzati, diranno nel loro orecchio. Anche da parte nostra.

Luca Beltrami Gadola

*Relazione SemestraleRelazione obbligatoriamente redatta dalle società per azioni quotate in Borsa. È’ costituita dai prospetti contabili e da una sezione di commento la sua stesura deve conformarsi ai criteri stabiliti dalla Consob. Il contenuto delle semestrali determina l’andamento delle quotazioni in Borsa.



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. pasquale vairaparafrasando il detto ' si lavora per vivere e non si vive per lavorare' dobbiamo imparare a 'produrre per soddisfare i bisogni e non ad inventarci i bisogni per dare a tutti una occupazione'. Negli ultimi 2-300 anni sono state utilizzate le risorse accumulate in milioni di anni. Agli economisti che propongono come obiettivo un incremento del PIL costante anno dopo anno ed alla 'casalinga di Voghera' bisogna spiegare che la terra è un sistema finito ed è incompatibile con una produzione che tende ad 'infinito'.
    22 aprile 2020 • 08:06Rispondi
    • Paolo ZinnsSolo che, per fortuna, non è vero. Com'è ovvio, il sistema Terra riceve di continuo apporti di energia dal sole. Il tema da porre quindi non è:economizziamo le risorse vivendo austeramente ma come riciclare ad infinitum i beni disponibili.
      23 aprile 2020 • 14:08
  2. Angela RonchiLa scusa della perdita dei posti di lavoro, sempre e ovunque usata a guisa di scudo riflettente contro qualsiasi tipo di cambiamento del sistema di filiera, non può e non deve più reggere. La parola conversione deve diventare il nuovo paradigma per declinare al sostenibile quello che il pianeta, così com'è, non può più reggere. E' difficile, forse, ma assolutamente non impossibile. Ciascuno personalmente, tutti noi casalinghi e casalinghe di Voghera, dovremo sentirci consapevoli e fieri nelle nostre nuove scelte. In maniera identica alla doppia sensazione di diritto/dovere che si prova indossando oggi la mascherina per uscire. Conversione: a questo proposito ricordo le parole del diario di un prozio ingegnere che lavorava in tempo di guerra in un'industria che produceva missili...." è partita la riconversione della ditta per fornire rotaie per i treni, la guerra è finita......". Erano le ultime parole del suo quadernetto. Ma di chi è il compito di guidare il pensiero collettivo verso la transizione? Innanzitutto degli organi politici, che non possono sottostare a millantati interessi economici di parte, perchè sempre ce ne saranno, e anche molto ricattatori, ma gli interessi comuni vengono prima. In pari misura poi dei media e della stampa, a cui si deve la gestione pressochè totale del messaggio che arriva ai cittadini. Che interrompano la modalità mercenaria dettata dalla legge di chi investe di più in spot tendenziosi e in notizie che "stremano" l'ascoltatore deprimendolo e spingendolo ad un "riscatto consumistico". Rovescino invece sui media messaggi positivi sul ruolo del singolo nella scelta delle categorie di prodotto e nelle modalità di decrescita. Facciano leva sul senso di responsabilità principalmente verso i propri cari usato adesso per tenere milioni di persone chiusi nelle proprie case. Perchè questa sarebbe la giusta modalità d'azione, soprattutto considerando che qui non è in gioco la vita degli anziani ma quella delle nostre generazioni future. La seconda maniera, che in caso di fallimento della prima diverrà necessaria perchè a mali estremi estremi rimedi, sono giuste tasse: la carbon-tax e la plastic-tax. Last but not least, una meat-tax.
    22 aprile 2020 • 11:09Rispondi
  3. Miro CapitaneoPasquale e Angela che mi hanno preceduto hanno ben spiegato l'intreccio della pandemia con il tema ambientale, chiarissimi e bravissimi. Il clima e' malato e l'inverno non c'e' stato...e' ormai un lontano ricordo e ancora c'e' chi si chiede come sara' il PIL? Il sistema di produrre e governare e' malato ma il Moloch capitalista crolla? Riusciamo ad abbatterlo? Ma poi ci sapremmo autogovernare? Negli anni 60 e 70 si confidava nel commercio equosolidale pensando ad introdurre elementi di socialita' a macchia di leopardo: in ogni crepa del sistema infilarcisi... Il problema di rifornirci di ossigeno lo risolviamo con la Foresta Amazzonica? Ma Bolsonaro la lascia distruggere..... Allora riponiamoci il problema di salvarla acquistando ognuno di noi Europei un ettaro pro capite, visto che le nostre foreste nei secoli ce le siamo abbattute... Per sviluppare questi "pensierini" necessita' una rinnovata legalita' internazionale, a partire da ONU.. Ce la faremo?
    22 aprile 2020 • 13:31Rispondi
    • Luca Beltrami GadolaSe non molliamo mai forse non ce la faremo noi ma ho molte speranze nei giovani.
      22 aprile 2020 • 13:45
  4. Luciana Bordin"We won't return to normality, because normality was the problem"
    22 aprile 2020 • 17:38Rispondi
  5. luigi caroliScarsa è la speme d'un cambiamento quando finito sarà questo tormento. Il popul ama far come i più fanno, ubbidiscono a quei che in più odio hanno.
    22 aprile 2020 • 17:54Rispondi
  6. STEFANO COZZAGLIOCerto che qualcosa deve cambiare , ma deve cambiare tra i governanti venduti al capitale , alle banche , agli interessi delle multinazionali , di quelli che hanno lasciato propagare l'epidemia per poi potere andare a vendere ipotetici vaccini dopo avere ridotto gran parte del mondo senza lavoro e senza soldi
    23 aprile 2020 • 16:28Rispondi
  7. Pierfrancesco SacerdotiCaro Luca, complimenti per il bellissimo articolo, che condivido in pieno!
    26 aprile 2020 • 00:07Rispondi
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema


9 aprile 2024

MILANO PREDONA

Luca Beltrami Gadola



19 marzo 2024

MILANO E IL CAPITALISMO RELAZIONALE

Luca Beltrami Gadola



5 marzo 2024

COMUNE DI MILANO: PSICOTERAPIA DI GRUPPO

Luca Beltrami Gadola



6 febbraio 2024

UNA GRETA THUNBERG PER L’URBANISTICA MILANESE

Luca Beltrami Gadola



23 gennaio 2024

NECESSE EST

Luca Beltrami Gadola





Ultimi commenti