1 aprile 2020

I MEDICI DI FAMIGLIA DANNO L’ALLARME

Cambiamo strategia, il Sindaco Sala dice sì alla “sorveglianza attiva”


Mentre medici e infermieri cadono sul più cruento dei campi di battaglia, molti politici passano il tempo a ‘sciacallare’ per conquistare il consenso degli italiani. Così Giulio Gallera, Assessore al Welfare della Lombardia che ambisce alla nomina di Sindaco di Milano, dà i numeri. Quelli lombardi, che riguardano nuovi infetti, morti, e guariti. Peccato che quei numeri che lui definisce “ufficiali” siano parziali, perché arrivano solo dalle ATS.

Bellon

I medici di base registrano casi di coronavirus che non sono censiti. Ricevono le telefonate dei pazienti che manifestano più o meno gli stessi sintomi: febbre, tosse, difficoltà respiratoria, spossatezza, mancanza di gusto e di olfatto, diarrea. Per loro nessun tampone e nessun protocollo di cura specifico. Unamassa enorme – non quantificabile – di “Covid sospetti” restano a casa loro. Il loro nome non compare nel libro nero degli infetti. Sono curati dai medici di famiglia finché la situazione non diventa così grave da imporre il ricovero, quando si riesce a ottenerlo.

A dare l’allarme è Paola Pedrini, segretario della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) della Lombardia. “Non vorremmo che la confusione sui dati servisse a nascondere la responsabilità dei generali nella Caporetto della Sanità Pubblica italiana.” Le richieste dei pazienti ai medici di famiglia, almeno in Lombardia, sembra si stia riducendo, ma questa notizia trae in inganno l’opinione pubblica. Sta passando un messaggio sbagliato, veicolato anche da alcuni dirigenti delle aziende sanitarie: diminuiscono gli accessi al Pronto Soccorso quindi la gente ha paura di andarci o i medici di famiglia li mandano troppo tardi” aggiunge Pedrini.

E’ assolutamente chiaro che la gente ci andrebbe al volo in ospedale quando sta male, ma i servizi di emergenza non ce la fanno a garantire tutti i ricoveri perché posti non ce ne sono. La nostra maggiore debolezza è nella logistica: ci mancano i rifornimenti strategici – mascherine e respiratori – abbiamo troppo personale medico malato e siamo attanagliati dal timore di non avere abbastanza posti letti per le terapie intensive negli ospedali. Per sanare queste vulnerabilità ci servono più forniture mediche e più dati digitali sui contagiati. Ma le forniture vengono ostacolate da una burocrazia sempre più complessa che sovrappone Protezione Civile, Commissario per l’emergenza e Sanità, mentre l’uso dei dati digitali tarda a causa della lentezza nello sviluppo di una app che dovrebbe già essere operativa.

La situazione è questa: prima si facevano i tamponi solo ai ricoverati, da qualche giorno si fanno ai ricoverati e agli operatori sanitari sintomatici, che sono quasi tutti positivi anche se con pochi sintomi. Questo ha creato un dato di positivi non ricoverati sul territorio che prima non esisteva, numeri falsi perché riferiti ai soli operatori sanitari e non alla popolazione intera. A questi numeri possiamo eventualmente aggiungere qualche tampone di controllo ancora positivo fatto ai dimessi convalescenti. “Ci chiediamo” conclude Pedrini “se chi gestisce i numeri è solo incompetente, se vive in un universo parallelo o se ci sta marciando”.

Dal parere dei medici di famiglia emerge che l’epidemia è più diffusa di quello che appare dai dati ufficiali e che conseguentemente il numero dei malati è più alto. Molti cittadini sono a casa con sintomi riconducibili al Covid19 ma non vengono sottoposti a tampone e quindi non sono tracciati. E non essendo tracciati sono fuori controllo. L’esperienza della Corea del Sud e della regione Veneto ci mostrano una strada alternativa: quella della “sorveglianza attiva” che prevede di fare i tamponi a tutte le persone che sono a casa malate e non ricorrono all’assistenza ospedaliera. Poi, in base al risultato, l’obbligo di sottoporre a tampone i familiari e tutte le persone con le quali il soggetto è stato in contatto.

Sulla base di questo giudizio, 81 sindaci della Lombardia fanno appello alla Regione Lombardia, chiedendo di studiare ed attuare, con i tecnici delle Aziende Sanitarie locali e con i virologi, una strategia che punti sulla sorveglianza attiva e sull’assistenza medica domiciliare. Naturalmente, si evidenzia l’assoluta necessità di sottoporre periodicamente al tampone i medici di base e ancor più di dotarli di giusta quantità di tutti gli strumenti indispensabili per poter eseguire in massima sicurezza l’assistenza al domicilio dei pazienti, che le sperimentazioni in corso in Emilia Romagna dimostrano essere un valido strumento di azione.

In tutto questo i Comuni che hanno fatto appello faranno la loro parte, anche individuando e mettendo a disposizione, con il supporto della Regione Lombardia, strutture idonee per ospitare le persone che devono trascorrere il periodo di quarantena e non possono farlo al loro domicilio. Anche il Sindaco Beppe Sala, in un’intervista al Corriere della Sera, dice sì alla sorveglianza attiva: “Se so che muovendomi vado in una zona dove il contagio è più alto, magari ci penso due volte prima. Non ho nessun problema a cedere il mio spazio di privacy. I milanesi sono quelli che si muovono in maniera più frenetica. Sarebbe utile che il Governo sperimentasse questa possibilità su Milano.”

Ma ancor di più dei tamponi, servirebbe sottoporre i cittadini a un test rapido del sangue che individui la presenza di anticorpi (immunoglobuline: IgG/igM) specifici del COVID-19, per identificare la popolazione immunizzata e che potrebbe tornare in circolazione. Purtroppo non abbiamo i laboratori attrezzati per leggere i risultati. E quindi sopperiamo questa nostra incapacità con misure sempre più severe estese a tutta la popolazione.

Non basta chiudere le fabbriche. Con il Paese immobilizzato, l’impoverimento collettivo rischia di portare alla devastazione il PIL. Quando i lavoratori usciranno di casa troveranno lo scenario apocalittico: nessun ufficio, ristorante, hotel, negozio, fabbrica aperto. Perché molte aziende avranno fallito o saranno in procinto di farlo. L’Italia è sola ad affrontare questa battaglia. Oggi è un Paese tradito dai fratelli europei e pericolosamente in bilico che ha bisogno di scelte rapide e coraggiose.

Cristina Bellon



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