24 marzo 2020

CORONA VIRUS E BORSINO DELLA POLITICA

Sindaco Sala, serve essere guida nei tempi duri.


PER COMINCIARE – In questo articolo Giuseppe Ucciero sollecita il sindaco Sala a prendere meglio il ruolo di una comunità, quella milanese, che sino a ieri lo considerava l’espressione di una comunità iperattiva dedita soprattutto a utilizzare la deriva di Expo. Questa non serve per gestire una fase molto più delicata, quella della ripresa del dopo coronavirus.

ucciero

Ad un mese dal primo contagio, si ragiona su tante cose. Strategie e sacrifici, individuali e collettivi, contro il Corona virus, ma anche impatto della pandemia sulla politica. Da ultimo, il drammatico annuncio di sabato sera, che chiama gli italiani a un’ulteriore stretta.

Quando una comunità affronta il nemico, si stringe attorno ai “capi”, riflesso atavico e ben comprensibile. Così i sondaggi certificano il premio consistente al governo e alle forze che più lo rappresentano. Sono penalizzate, per ora, le forze politiche percepite come divisive, oppure attardate su proposte lontane dalle nostre preoccupazioni. Svetta solitario Giuseppe Conte al 71% del consenso, percentuale mai toccata da lui e neppure, negli ultimi anni, da altri uomini politici, di governo o di opposizione. Il popolo italiano ne apprezza i provvedimenti, almeno quanto cifra, stile e toni.

Il Presidente del Consiglio, autentico parvenu sulla scena pubblica, si è ormai imposto come uomo politico di rango, dai toni misurati ma non privo di energia adeguata, come nell’epico scontro in Parlamento durante la crisi d’agosto. Oggi “Giuseppi” non solo si è sottratto alla tutela dei suoi dante causa, ma si è ritagliato un autorevole profilo internazionale, dimostrando che in ciascuno di noi albergano potenziali inespressi in attesa di buone occasioni: d’accordo, Conte non è esattamente la “casalinga di Voghera”, ma neppure disponeva di precedenti esperienze e valori politici accertati. Nonostante questo, anzi per questo, fu scelto dai duellanti Di Maio – Salvini, rassicurati dal suo profilo “incolore”. Come in “Kagemusha”, il sosia è divenuto Capo in proprio: non è sempre vero che “l’abito non fa il monaco”.

All’opposto del borsino del consenso, si trova Matteo Salvini che, dimesse le felpe d‘ordinanza, non sa più trovare toni e contenuti all’altezza del momento: si fa strada, anche tra i suoi, la percezione della disastrosa conduzione della crisi d’agosto, da lui provocata per fare il pieno elettorale, obiettivo non colto per insipienza e manifesta inadeguatezza nella manovra politica.

Le antenne degli italiani si sono via via traslate dall’ascolto credulone della narrazione fasulla dei migranti-delinquenti alla difficoltà del vivere quotidiano, prima nella crisi economica e poi nell’emergenza sanitaria. Il Matteo più importante non riesce più a “bucare” il video e gli altri mezzi di comunicazione, e il consenso, già in discesa, si restringe, più attorno a lui che alla Lega: dal trionfale 39% di agosto 2019, scende al 28-29%. Meno 10 punti in 8 mesi, un disastro. Salvini appare sempre più relegato al profilo di frontman della comunicazione che di leader autorevole cui affidare i destini nazionali.

Altri stanno meglio, anzi molto meglio. Giorgia Meloni, zitta zitta, si è ormai issata al consenso di Fini negli anni belli, quelli di Alleanza Nazionale, prima del “che fai, mi cacci?”. In un anno ha raddoppiato i voti potenziali, e anche durante l’emergenza sanitaria sgranocchia voti, a Forza Italia ma anche alla Lega. Chiaramente a lei, come a tutto il centro destra ipernazionalista (non accetto la mistificatoria autodefinizione di “sovranista”), quasi dispiace molto la piega che hanno preso UE e le nazioni del Nord Europa: se la Lagarde si è dimostrata “unfit” alla sua prima uscita pubblica, le successive prese di posizione delle altre donne al comando (Von der Leyen, Merkel), e le decisioni ultime di sospensione del Patto di Stabilità, hanno sottratto molto spazio politico alla sua proposta.

Uno spazio che, sornione perché maturo, si è via via ripreso il PD: pur colpito da scissioni ripetute, si è riposizionato ben oltre il 20% dell’estate. Con tutti i suoi limiti, le fragilità, il perdurante senso d’inadeguatezza, il partito democratico appare forza centrale del sistema di governo, via via attirando verso di sé, sia i partiti sia lo sostengono, sia il voto di centrosinistra disperso o compromesso. Mentre Nicola Zingaretti sconta la quarantena, cresce la figura di Roberto Gualtieri, proiettato oltre i limiti del grand commis di stato, pur astutamente attento a non forzare equilibri delicati. Tutto gioca a suo favore, e a ragione viene considerato una risorsa di grande potenziale e futuro: il Decreto “Cura” è un ottimo biglietto da visita presso le imprese e le famiglie e certamente ne seguiranno altri.

L’ascesa dell’astro Giuseppe Conte ha oscurato Luigi Di Maio, degradato sul campo e impegnato ogni giorno a dimostrare a sé e altri che non è vero che “l’abito non fa il monaco”: paga lo scotto di un praticantato condotto su posizioni troppo esposte e gestite senza umiltà. Il Movimento 5 stelle, con tutte le contorsioni e i Di Battista di troppo, è ormai inscritto in una prospettiva non solo non più trasversale, ma neppure in grado di porsi come partito guida del nuovo centro sinistra che via via sta prendendo corpo.

Di Matteo Renzi, stabilmente da anni all’ultimo posto del consenso tra i politici, neppure è più utile parlare, tale è la massa di discredito da cui si è circondato. Disperato, si dimena spasmodicamente per trovare visibilità e andare oltre le percentuali da prefisso telefonico che un tempo dileggiava, ma come nelle sabbie mobili, più si agita e più affonda. Amen.

Fin qui il borsino della politica nazionale, con l’avvertenza di grande cautela: il succedersi drammatico dei fatti e dei provvedimenti può mutare situazione, percezioni e orientamento popolare.

Ma il gioco della politica non è solo nazionale. Pesano, eccome, i contesti regionali e cittadini, pur depotenziati dalle scadenze elettorali di primavera. Fontana e Gallera non perdono occasione per distanziarsi dal governo, presi dal desiderio neanche tanto nascosto di dimostrare, più che l’inadeguatezza centrale, quella del primo cittadino di Milano.

Beppe Sala, dal canto suo, appare ancora acciaccato dal clamoroso autogol di “Milano riparte”. Negli ultimi giorni, è riapparso in video, ma non appare convincente, non del tutto. Se l’intenzione è apprezzabile, il tono sembra un po’ dimesso e autogiustificatorio. Si è aperta la partita delle comunali del 2021, dove, si può star certi, voleranno ben altro che stracci e dove Salvini butterà tutto il suo peso mediatico, addebitando a Sala la gestione fallimentare dell’epidemia.

Il nostro Sindaco, che, sia ben chiaro, è il nostro “campione” senza se e senza ma, deve riprendere appieno il suo ruolo di guida della città e della metropoli di cui, non va scordato, è Presidente. Batta il pugno sul tavolo, contesti, usando parole i toni giusti, i gravi errori di Fontana e Gallera, ne smascheri la pavida inazione dietro le roboanti pretese. Solidarizzi con i sindaci delle altre città colpite, si ponga alla guida di una comunità resiliente ma smarrita. Come De Caro a Bari, ci metta la faccia, prenda provvedimenti, esca con maggior forza e chiarezza sui mass media, vada nei luoghi colpiti e sofferenti, sia guida e non testimone. Non si faccia mettere nell’angolo ora, potrebbe, potremmo, pagare un prezzo altissimo nel 2021.

Caro Beppe, sei stato un grande manager e sindaco in tempi ordinari, ora serve un cambio di passo per essere leader dei tempi duri.

Giuseppe Ucciero



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  1. Alessandro GaravagliaEgregio Giuseppe Ucciero, complimenti per il lucido giudizio e la penna incisiva sul delicato momento che sta attraversando la metropoli meneghina, folgorata nel suo dinamismo dall'inatteso tsunami epidemiologico. Sono perfettamente d'accordo con la visione di un sindaco che ha tutti i numeri per operare un cambio di passo. Milano e la sua Città Metropolitana ne ha assolutamente bisogno per rifondarsi con nuove energie appena l'emergenza, e lo speriamo tutti, sia passata. Pardon adesso e non dopo.....in questi "tempi duri" così duri da scuotere questa carta d'identità dell'incedere sicuro che l'evento di Expo ha saputo infondere alla città ambrosiana. Grazie.
    25 marzo 2020 • 17:12Rispondi
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