19 marzo 2020

DALLA CRISI UN BRUSCO RISVEGLIO COLLETTIVO

Ribaltate convenzioni e convinzioni consolidate


PER COMINCIARE: “Niente sarà più come prima”, una frase che è condivisa oggi dalla maggior parte degli italiani. E le istituzioni, la politica, la divisione di poteri Stato/Regioni, il “modello Milano”, anche loro non saranno più come prima?

ballabio

Al risveglio mattutino il nostro subconscio vaga, illudendosi che l’incombente giornata sia “come prima” dell’imprevisto virus globale e conseguente sospensione tanto della normale routine personale quanto della percezione del mondo circostante. Fino a che una condizione più lucida porta a prendere atto, non senza comprensibili ansie e turbamenti, della realtà determinatasi, e dunque riflettere su un futuro che – sembra ormai entrato nel senso comune – “non sarà più come prima”.

Lasciando al pensiero più profondo considerazioni, propositi e presagi al riguardo, mi limiterei a qualche osservazione di corto raggio sull’agenda politica casalinga, pure inopinatamente rovesciatasi tra un prima e un dopo.

Torniamo alla fantasia del “come sarebbe stato”: invece dei gelidi bollettini della Protezione civile ed annessi tesi, dibattiti e assidua copertura televisiva (intercalata da inopportune interruzioni pubblicitarie che per inerzia esaltano un anacronistico “come prima”) ci troveremmo nel bel mezzo di una surreale campagna elettorale referendaria sulla riduzione dei parlamentari.

Una campagna univoca non tanto contro Emma Bonino e pochi bastian contrari, bensì a conforto di una sessantina di senatori propensi al ripensamento. Paradossalmente (sia consentita l’ironia pur nella serietà del momento!) proprio le drastiche misure precauzionali in atto risolverebbero alla radice il problema. Metà parlamentari assegnati occuperebbero scranni alterni: uno pieno, nel migliore dei casi, ed uno vuoto onde assicurare le distanze di sicurezza!

Invece le schermaglie politico-mediatiche che hanno imperversato sino a ieri appaiono lontane, superate da ben altre necessità e urgenze. Anche nella dimensione milanese e lombarda la crisi ribalta convinzioni e schemi consolidati, rivalutando rilievi critici e proposte alternative finora ignorate o emarginate.

Il “modello Milano”, imperniato su eventi e movida, rivela elementi di fragilità che la retorica identitaria (replicando l’enfasi poi rivelatasi fasulla della “Milano da bere” anni ’80) ha pervicacemente sottaciuto. Le critiche motivate e costruttive riguardo l’insostenibilità di un modello di effimero successo ma non esportabile, di una “ridotta” separata dal suo stesso intorno metropolitano, di cui Arcipelago si è fatto da tempo portatore, sono rimaste senza risposta.

Poi il ruolo delle Regioni. L’organizzazione del Servizio sanitario, in origine nazionale (SNN), fissava che “lo Stato, nell’ambito della programmazione economica nazionale, determina, con il concorso delle regioni, gli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale” (legge 833/1978, art. 3) e che “la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle regioni in materia sanitaria … spetta allo Stato” (art. 5).

In seguito, con la riforma costituzionale del Titolo V°, la tutela della salute diventava invece materia “concorrente” tra Stato e Regioni (art.117). Ora, i termini “concorso” della riforma del ’78 e “concorrenza” della Costituzione modificata nel 2001, pur avendo la stessa radice hanno significati divergenti: partecipazione e contributo nel primo caso, emulazione e competizione nell’altro.

Evidentemente ha prevalso la seconda interpretazione, per altro ancora aggravata dalle velleità di “autonomia differenziata” non solo tra Stato e Regioni ma delle regioni (o perlomeno alcune) tra di loro.

Serve allora un ripensamento? Una correzione di rotta anche sotto il profilo politico-istituzionale? L’archivio undecennale di Arcipelago può offrire ampi spunti e contributi al riguardo, liberi e gratuiti, forse a loro volta correggibili o da respingere ma a ragion veduta.

Valentino Ballabio



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