18 marzo 2020

DAI BALCONI ALLA POLITICA

Il messaggio dell’Italia


PER COMINCIARE: L’iniziativa del “flashmob” canoro sul balcone di casa propria, popolare in tutta quest’Italia in quarantena, ha diviso i commentatori tra chi la liquida come “pagliacciata” che rivanga un patriottismo ormai anacronistico, e chi ne è invece entusiasta. Da qualunque parte stiate, coglierne il significato sociale è di grande interesse.

pettinicchio

Com’è stata la vostra prima volta? Se non siete ex concorrenti di X-Factor o maratoneti del karaoke probabilmente lo avrete fatto di nascosto, timidi, imbarazzati e con la voce strozzata in gola, balbettando solo il labiale. O, come me, avvolti nella tenda come giganteschi bachi da seta.

Se siete tra quelli che dicono: “sono cose inutili, retoriche, fastidiose, chi ce le fa fare? Siamo persone serie noi. Siamo chiusi in casa è vero, ma perdio, mica abbiamo studiato per sfracassarci l’ugola, noi che l’inno d’Italia non lo cantiamo neanche alle finali della coppa del mondo. Noi che alle feste non balliamo mai. Neanche dopo il 6° mojito. E poi se ci vede la vicina del 23? Quella che non aspetta altro per prenderci per i fondelli?”, forse il momento della prima volta non è ancora arrivato.

Eppure… eppure alle 12 e alle 18 di venerdì scorso è successo qualcosa. Qualcosa di inaspettato, che neanche la corsa di Tardelli nel ’92! Le voci timide dei quartieri d’Italia si sono unite, una ad una: giovani, bambini, vecchi. Da soli, o in piccoli gruppi familiari. Chi stonato, chi con voce accordata e potente, in un crescendo euforizzante che ha coinvolto anche i cani in strada.

Ed ecco che in pochi secondi dieci, cento, mille volti hanno fatto capolino dalle finestre dei casermoni delle periferie e dai sontuosi stipiti dei centro-città, e si sono mandati sorrisi, e salutati agitando le braccia. Ben presto l’inno di Mameli è diventato un enorme applauso, un coro di incitazioni: “Forzaaaa! Coraggiooo! Italiaaa!”. Qualche bambino gridava “Andrà tutto bene”, qualcun altro faceva il cacelorazo con le padelle della nonna. C’era chi si commuoveva. Chi si sporgeva per controllare i vicini del palazzo, tante facce mai viste. Facce di persone che non s’incrociano mai. O che forse si incontrano nei soliti percorsi di scuola, lavoro, scuola, casa.

E mentre sei lì anche tu, vorresti che non finisse mai questo tenero abbraccio collettivo. L’energia che scorre nell’aria di città mai così pulita, per qualche minuto fa scordare l’isolamento. La paura. L’angoscia delle sirene delle ambulanze. Tante. Tantissime che urlano a qualsiasi ora il loro carico tremante. Lo stress dei bambini che sono alla terza settimana di segregazione e non vedono l’ora di correre come animaletti nel prati.

Molti criticano queste iniziative spontanee. I social sono pieni di commenti sprezzanti. “Sono cose di destra, sono nazional-popolari, rigurgiti di neo-patriottismo stupido, troppa leggerezza in un momento difficile“. Ma vorrei provare a fare una considerazione da persona abituata a leggere il mercato e decifrarne i messaggi. Vorrei provare a non entrare nel merito delle canzoni, della musica scelta, degli inni nazionali o del neo-melodico, degli striscioni con l’arcobaleno o col tricolore.

I flashmob da balcone, che si ripetono quotidianamente, puntuali, alle 18, in ogni città, con accenti diversi, colori diversi, dai più composti di Milano ai super organizzati di Napoli, con casse acustiche e bande musicali in terrazza, sono l’espressione di un bisogno forte che una politica illuminata non dovrebbe ignorare.

Gli Italiani hanno bisogno di unità, di legami, di sentirsi parte di un organismo collettivo che finalmente trascenda dal ”noi contro loro”, che non fondi la propria narrazione sulla paura, sulle divisioni, sullo scontro, sull’odio, sul tifo e sul campanile. Che parli di condivisione, di attenzione, di responsabilità. Hanno bisogno di una politica che ascolti, che ascolti veramente e che poi decida per il bene di tutti senza dimenticare nessuno.

L’immagine dell’Italia che abbiamo, quella che deriva dai social, dai telegiornali che continuano a trasmettere come un disco rotto settimana dopo settimana le baruffe parlamentari, i tradimenti interni, la politica fatta a suon di tweet, dai toni sempre più accesi solo per attirare attenzione, views, likes, non è l’Italia che si è affacciata alla finestre in questi giorni, l’Italia che resta a casa, come ci dicono i dati delle compagnie telefoniche le cui celle registrano un netto calo della mobilità individuale.

L’Italia non è quella che si ammassa sui treni o quelle poche migliaia di persone multate per aver violato l’ordinanza di stare a casa. Non è quella dei furbi, quella di chi specula. Non solo. È quella delle centinaia di esercizi commerciali che hanno chiuso senza doverlo fare, per senso civico. Quella delle migliaia di volontari che si adoperano per gli anziani che non possono uscire. È quella di tutto il personale medico, ma anche di chi a casa non può starci perché se non va a lavorare il paese si paralizza. Ecco, tutta questa Italia fatta di persone per bene, la politica la dovrebbe ascoltare, la dovrebbe forse anche imitare. E a questa brava gente la politica deve dare risposte.

Questa crisi finirà, lo sappiamo. E sarà difficile ripartire. Sarà durissimo perché avremo perduto persone amate, lavoro, reddito. Ma se mai avremo una chance come paese, sarà fondata sulla solidarietà e sul legame, sulla fine delle contrapposizioni strumentali, delle scaramucce politiche. E vale per tutti.

Quindi ben vengano i balconi. Ben vengano le voci che si uniscono in un’unica voce. È un simbolo di quello che vogliamo essere, certo. Ma è potente. E ci fa bene. E la politica lo ascolti. Ehi, domani si replica. Ci siete, vero?

Silvia Pettinicchio



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