14 marzo 2020

MILANO, GLI SLOGAN, LA RESILIENZA ED IL CORONAVIRUS

Rivisitare le scelte del passato alla luce di un nuovo futuro


PER COMINCIARE: La nostra amministrazione, si sa, puntava molto su slogan, hashtags, weeks e quant’altro. Il Covid-19, immobilizzando la città, ha tarpato le ali a queste scintillanti iniziative e sta svelando cosa si cela dietro le copertine patinate della Milano smart&cool. Quando finirà l’emergenza le amministrative saranno alle porte: si spera che le istituzioni facciano tesoro di questa quarantena per riflettere e “aggiustare la rotta”.

Mariani

Il consueto racconto su Milano di media ed istituzioni, da ultimo l’ostinato slogan fuori tempo massimo #milanononsiferma corredato da tanto di filmatino ottimista (condiviso anche dal Sindaco), sbiadisce inesorabilmente davanti alla realtà di una città deserta per il coronavirus e preoccupata per l’impatto economico che questa emergenza avrà sul tessuto sociale e produttivo.

Ad emergenza rientrata, quale reale consistenza mostreranno di aver avuto i fiumi di inchiostro sulla Milano cool, smart, green, trendy, up ed in, ai quali anche la più blasonata stampa milanese ci ha abituato (e costretto)? Non paleseranno finalmente la loro vacuità funzionale a fare del superficiale marketing urbano per finanza e bassa comunicazione politica?

E’ lecito proprio oggi chiederci quanto reggeranno allo scontro con la nuova realtà del dopo virus le narrazioni ed i render tridimensionali a corredo dell’Accordo di Programma sugli Scali Ferroviari, le giustificazioni a sostegno delle (opache) trattative sul nuovo stadio, i silenzi sulle reali ragioni a sostegno dello spostamento della Statale nel nulla urbano di Expo, la retorica dei 3 milioni di nuovi alberi, la magnifica (finta) riapertura del naviglio per mezzo di cinque vasche ecc.; giusto per citare solo alcuni dei moltissimi temi territoriali che hanno alimentato una sempre più montante conflittualità fra numerose, consapevoli, documentate associazioni di cittadini e questa amministrazione.

Il futuro della nostra città parrebbe destinato, domani, a dover fare rapidamente i conti con le ragioni di quello stesso mercato (immobiliare) che, solo ieri, tanto veniva ossequiato da Sindaco, assessori e anche da parte dell’opposizione di Lega e Forza Italia (contestualmente però al governo della Regione).

E’ infatti assai probabile che chi, fuori dalle istituzioni, ha in mano le redini dell’urbanistica milanese (anche grazie a chi, da dentro di esse, ha ampiamente contribuito a tutelarne le aspettative) dovrà ora rivedere i propri piani.

Quei 3 milioni di metri quadri fra Scali Ferroviari ed aree di “rigenerazione”, piste di atterraggio per quei 12 miliardi di euro attesi su Milano nel prossimo decennio, ci saranno ancora o saranno nel frattempo volati verso altri luoghi?

Se è logico infatti pensare ad una significativa flessione del mercato immobiliare e ad un conseguente effetto su fattibilità, tempi e contenuti di tutte quelle trasformazioni, è altrettanto logico chiederci se quel percorso che ha portato al nuovo Piano di Governo del territorio, perseguito con una certa dose di sussiegoso dirigismo, non meriti invece un radicale cambio di direzione, rivelandosi una piattaforma assai fragile sulla quale costruire il futuro di Milano e dei milanesi.

In questi ultimi quattro anni chi ha governato la città ha acceso una gigantesca ipoteca sul suo futuro, ha fatto esattamente il contrario di ciò che una città che si definisce (anche) resiliente dovrebbe fare.

La traduzione di “resilienza” in termini meneghini ha significato più l’attitudine di quanto la città dovesse essere rapida a cogliere (meglio dire “piegarsi”) alle necessità della sola finanza immobiliare internazionale che alla necessità di adattare le politiche territoriali all’emergenza climatica ed all’ aumento sempre più evidente delle disuguaglianze in città.

Si è preferito sottrarre milioni di metri quadri di suolo urbano ad una pianificazione graduale e partecipata per consegnarli invece fin da subito al mercato immobiliare corredati di enormi diritti volumetrici, bonus e sconti: grattacieli, palazzi e servizi senza limite di quantità.

Si è preferito per queste aree, invece di programmare per esse un divenire flessibile che ne definisse lo sviluppo in modo progressivo seguendo future esigenze e contingenze, anche ambientali, optare per la immediata determinazione dei loro destini in favore di una rapida capitalizzazione della rendita per i loro proprietari.

Finita l’emergenza saremo ormai prossimi alla scadenza elettorale delle amministrative.

Nel nome di una ritrovata, genuina ed auspicabile voglia di ripartire, sarebbe opportuno venisse abbandonata l’attuale traiettoria di evoluzione delle trasformazioni della città insieme a tutto l’armamentario retorico a sostegno di un modello di sviluppo che già prima di questa crisi mostrava evidenti segni di debolezza: già da tempo da più parti si è evidenziato come il cosiddetto il Modello-Milano abbia incrementato le disuguaglianze invece che ridurle, come le periferie risultino sempre tali nella mente e negli atti di chi dovrebbe prendersene cura, come le trasformazioni urbanistiche abbiano generato enormi plusvalenze per gli investitori ma non proporzionali benefici per i milanesi, come la partecipazione dei cittadini sia stata ridotta ad accattivante propaganda.

Gabriele Mariani



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. luigi pedrazziGentili amici, A proposito delle considerazioni su Milano e sul sindaco Sala, su cui concordo in larga misura, vorrei fare qualche considerazione : La delegittimazione della politica come attività sociale inutile e parassitaria, con cui tutti i media mainstream hanno bombardato per anni i cittadini con ovazioni alla morte delle ideologie e rappresentando il politico come un furbo cialtrone ( per carità, a volte era vero) spianava la strada ai cuochi della globalizzazione per imporre ai cittadini figure ibride, i cosiddetti tecnici, provenienti dalla “società civile” , spesso manager di grandi ,banche o multinazionali, che avrebbero gestito le città e i territori come “aziende” con l’unica missione di “ creare valore “ avere bilanci “in ordine” e “ attrarre capitali” dove la parola “ideologia” valeva come un insulto o quanto meno un deficit di “ modernità” Il tecnico non ha ostacoli ideologici o di appartenenza ma serve un solo padrone : i numeri. Oggi il dramma del coronavirus scardina i concetti che hanno puntellato le politiche delle democrazie progressiste occidentali, e quindi il piedistallo del modello Milano : sicurezza – fiducia – futuro – tecnologia. Gli stessi slogan della finanza. La politica è arte di governare, e necessita senz’altro di competenze e di oculata gestione delle risorse, ma anche di una visione del mondo, di fantasia e coraggio, e di “senso della storia” Scriveva Sergio Romano a proposito della modernità nella sua introduzione ai volumi della Storia Universale…." Il suo effetto peggiore fu la crescita di una classe dirigente insensibile ai flussi storici e alle leggi misteriose che governano la sorte degli stati… al grande angolare si preferì la lente di ingrandimento dell’analisi socio-economica." Sala è persona seria e onesta ma è figlio di questa cultura ed emergono con plastica evidenza e drammatica rapidità i suoi limiti politici. Oggi il primato dell’economia mostra tutti i suoi limiti e i suoi rischi, e Milano si rivela impotente e fragilissima. Sotto il “prodotto”, niente. Luigi Pedrazzi
    19 marzo 2020 • 19:42Rispondi
  2. Gabriele MarianiUna interessante riflessione che condivido . Sul primato della politica sulla tecnocrazia non avrei nulla da eccepire salvo il fatto che , mentre la tecnocrazia si sorregge su schemi logici con obiettivi e strumenti chiari e su persone preparate a perseguire le finalità sottese (e Sala mi pare un eccellente esempio), la politica pare non produrre una equivalentemente preparata classe dirigente nè tantomeno un chiaro sistema di valori. Finchè i circoli di partito fungeranno da comitati elettorali di questo o quel personaggio, le filiere di sotto-potere si auto-alimenteranno per cooptazione, le cariche elettive saranno consegnate sulla base di quote al di là delle competenze non potrà nascere e crescere una leva di politici all'altezza della situazione. Milano mi pare ben rappresenti tutto quanto sopra, e mi pare lo rappresenti proprio sulle tematiche urbanistiche per gli attori istituzionali che ha e le scelte che ha fatto.
    4 aprile 2020 • 14:32Rispondi
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema


23 aprile 2024

MILANO E LE MANIFESTAZIONI PER IL 25 APRILE

Walter Marossi



9 aprile 2024

BANDIERE ROSSE A PALAZZO MARINO

Walter Marossi



19 marzo 2024

MILANO CAPITALE

Walter Marossi



5 marzo 2024

PALAZZO MARINO E IL PANE

Walter Marossi



20 febbraio 2024

LA FOLLA DELINQUENTE

Walter Marossi



6 febbraio 2024

ISRAELE E PALAZZO MARINO

Walter Marossi


Ultimi commenti