6 febbraio 2020

IL CASO MILANO E LA NECESSITA’

Riscaldamento e inquinamento che si fa?


PER COMINCIARE: Città Metropolitana e Comune di Milano affrontano il problema in maniera diversa. Non si parlano o alla fine è la burocrazia che prende le decisioni?

Santagostino2

So bene che sembra ingeneroso fare continuamente le pulci alla politica milanese che nel miserrimo panorama italiano rappresenta un decoro e una pulizia d’altri tempi, però su urbanistica ed energia (e con quest’ultima voglio indicare pure la forma sostanziale della lotta alle emissioni) appare evidente quanto sia insoddisfacente la scelta di delegare all’iniziativa privata le principali scelte urbane, limitandosi a normarne per via amministrativa le modalità, senza esibire politiche proprie.

In parte sembra quasi che su di noi aleggi il fantasma dell’Albertini amministratore di condominio, più che quello del milanesissimo decisionismo della Moratti, come se di contro ai di lei misfatti la normalità della pratica amministrativa fosse una virtù, mentre invece è una delega al buio a una struttura interna mai riformata, come invece avrebbe dovuto già dai tempi di Parisi direttore generale del Comune.

Per contro nulla di paragonabile ad esempio alla mirabile macchina da guerra dell’amministrazione comunale che tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 ci consegnò la città attuale, organizzazione trasformatasi poi in una massa gelatinosa permeabile spesso dalle più svariate influenze esterne (i lavori stradali per lunghi anni furono appannaggio della Banda del Buco per la quale non valeva il Metro depositato al louvre ma quello milanese che si accorciava tra l’appalto e la realizzazione, portando così a infinite integrazioni sempre autorizzate dai solerti misuratori comunali.)

Una riprova di ciò, opposta pure alla discreta disponibilità di bilancio a disposizione del Comune, è quel che capita nella miseranda Città Metropolitana, ridotta ai minimi termini come organico (a palazzo Isimbardi uno potrebbe perdersi e rimanervi per giorni senza trovare un’anima che lo aiuti ad uscire) e con un bilancio pressochè inesistente, tanto che molte competenze sono state cedute alla Regione (prime fra tute le strade) e molti immobili ceduti al Comune: ci restano le scuole superiori, prive però anche dei fondi minimi per garantirne tutte le manutenzioni.

La necessità, si sa, aguzza l’ingegno e un po’ grazie alla disponibilità di alcune aziende private sollecitate a trovare soluzioni a costo zero, ma soprattuto grazie ad un finanziamento di Fondazione Cariplo, viene bandita una gara in PPP (partnerariato pubblico privato) che permetta di riqualificare le scuole grazie ai risparmi conseguiti nel consumo di energia: si prevede il 36% di risparmio sulle bollette (e sulle emissioni) per una spesa complessiva di 57 mln di euro (di cui 14 mln messi a disposizione di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo): durata dell’appalto 15 anni durante i quali Città metropolitana sosterrà gli stessi costi attuali ma riavrà scuole nuove e, soprattutto, già da subito produttrici nette di emissioni di gran lunga inferiori delle attuali e, al termine dell’appalto, ad un identico risparmio sui costi di gestione.

Anche chi non sa nulla di risparmio energetico capisce che se rifacendo a nuovo tetti, serramenti, cappotti, illuminazione, masse radianti e generatori di calore, io ottengo un risparmio con cui pago questi lavori, sia pure in un tempo lungo a sufficienza, alla fine faccio del bene a me proprietario, al clima, agli alunni che frequentano le scuole di cui sono proprietario per poi risparmiare sui costi ordinari una volta pagati quelli straordinari: dal 2012 l’Europa ha scritto nero su bianco le stesse cose e le finanzia (i soldi della Regione Lombardia vengono in parte da lì); da quest’anno i Fondi Europei per queste opere diventano la parte principale del bilancio europeo; dal 2015 il PAES della città di Milano (ovvero il piano strategico per l’energia sostenibile) dice le stesse cose: dunque la miseranda Città Metropolitana nella sua dignitosa povertà alla fine ha fatto la cosa più moderna possibile.

E cosa fa il Comune di Milano, visto che giusto questo mese scade il suo sciagurato appalto Consip per energia e manutenzione che ha ridotto le nostre scuole a colabrodi inefficienti?
Secondo il metodo albertiniano sopra ricordato, si limiterà ad assecondare la propria dirigenza che a sua volta asseconderà gli ultimi due grandi appaltatori energetici del Comune, una specialità della casa, i quali garantiranno un risparmio del 13% e non rifaranno nulla fuor delle centrali e qualche serramento, lasciando al Comune quelle incombenze sugli involucri che Città Metropolitana riuscirà invece ad addossare ai privati, ovviamente assai più stressati dei loro corrispondenti milanesi perchè dovranno garantire risparmi energetici del 36% e non del 13%.
Forse sarebbe stato meglio che la Balzani prima e Tasca poi, ovvero i due assessori al Bilancio che sono riusciti ad assorbire, sia pure a fatica, il colpo delle metropolitane sui nostri conti, ci avessero lasciato un bel buco con risorse azzerate per far funzionare le scuole e così anche noi saremmo stati costretti a chiedere scuole rinnovate coi risparmi di energia, un po’ di fondi europei e regionali disponibili ed il 200% di inquinamento in meno prodotto dalle scuole.

Per fortuna non siamo in emergenza climatica e per fortuna il Comune di Milano non ha sottoscritto impegni per la riduzione delle emissioni, che so la Carta di Bologna che anticipa al 2025 i risparmi previsti per il 2030, e quindi possiamo lasciar gestire la questione energetica come fosse ordinaria amministrazione ai nostri valenti dirigenti comunali.

Giuseppe Santagostino



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