2 febbraio 2020

UNA STRATEGIA POLITICA PER MILANO E CITTÀ METROPOLITANA

Senza condivisione e cessione di sovranità non andremo lontano


Anche in questo articolo si affronta un tema cruciale della politica milanese, quello che con un modo ormai consueto si definisce conflitto tra città e campagna o città e contado: un tema da dibattere per scioglier un nodo.

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Il tema della contrapposizione politica città-campagna, già centro della riflessione di Carlo Cattaneo, si sta sovrapponendo a quello periferie-centro , trasformandosi ormai in quello esclusi-inclusi. Il voto emiliano ne è la prova : la Lega, che è andata elettoralmente benissimo prendendo più o meno gli stessi voti in valore assoluto del Pd, ha stabilmente “occupato” le province periferiche (Piacenza, Ferrara) e soprattutto tutto l’Appennino e la campagna intorno al Po . In pratica il Pd e Bonaccini hanno il consenso della “città metropolitana” lungo la via Emilia-linea Freccia Rossa: oltre i venti chilometri dall’asse infrastrutturale che va da Bologna a Imola il voto si riequilibra e si rovescia totalmente a favore della Lega, l’esito elettorale è stato determinato dalle Sardine che hanno mobilitato al voto gli “urbani metropolitani” in misura maggiore rispetto agli “enrageè” da parte di Salvini (che per la prima volta ha fatto errori di campagna elettorale) .

L’asse della politica mondiale corre lungo questa contrapposizione, che sostituisce quella novecentesca tra capitale-lavoro come spartiacque fra le “parti” politiche. E’ su questo, incidentalmente, che si misura la crisi della sinistra, che è rimasta formalmente attaccata alla rappresentanza di chi ha però perso, per dirla con il vecchio Marx, la propria “coscienza di classe”, mentre il populismo della destra ha abbracciato la via peronista della rivolta contro le elite e si trova pienamente nel vento del tempo.

Questa nuova faglia politica è ben presente a Milano tra centro e periferie, ma grazie al fatto che in realtà i quartieri ghetto sono pochi e le periferie sono a forte presenza “mista” di professionisti, insegnanti, artigiani, piccoli imprenditori, la contrapposizione è stata storicamente molto meno significativa che in qualsiasi altra città italiana ed europea : le criticità erroneamente attribuite a una “ghettizzazione” di fatto inesistente derivano piuttosto da altre tematiche (città troppo cara per giovani, famiglie e incomers; paure e problemi nuovi per la città di una popolazione che invecchia con le badanti, che a Milano riesce a pagare).

E abbiamo la recrudescenza di vecchi conflitti, il contado verso Milano, l’hinterland contro la città : negli anni passati a sostenere questo conflitto dal punto di vista politico c’era il Pci e in misura minore la Dc (più forte e più radicata nella contrapposizione di Monza e la Brianza con la città), la provincia di Penati fu l’acme di questa “concorrenza” verso la città, con il tentativo di copiarne anche la principale originalità amministrativa, le aziende municipali ; oggi sono la Lega ed il centro destra a farne pratica politica, dopo la conquista di comuni-simbolo come Sesto e Cinisello, ma non hanno sostanzialmente mutato il tema della “rivendicazione” verso il Comune di Milano.

Ma soprattutto c’è il ritorno di un vecchio competitor, la Regione, che cerca di assediare Milano amministrativamente (non è un caso che da quelle parti siano letteralmente impazziti per il biglietto Atm metropolitano e stiano concentrando gli sforzi sulla gestione dei fondi trasporti per mettere in difficoltà Milano) cercando di organizzare con il mezzo della distribuzione dei fondi una sorta di “lega delle città” lombarde contro la Milano che assorbe tutto.

Se aggiungiamo l’assalto del governo… Provenzano, in perfetta continuità con Renzi e predecessori, che continuerà con il tradizionale assedio ministeriale affinché “anche a Milano vinca l’Italia” , come chiedeva Francesco Crispi, il quadro si completa e somiglia tremendamente al 1989, quando iniziò la lenta ma sicura opera di rovesciamento dell’immagine positiva e moderna della “Milano da bere” nella Gomorra di Tangentopoli.

Temo che cercare lo sfondamento elettorale in questo schema politico, che pure a Milano come in Emilia ha registrato le uniche prove positive per la sinistra degli ultimi dieci anni, non solo non sia più sufficiente, ma sia politicamente pericoloso: non si può avere indefinitamente il ruolo di ultimo “bastione contro la reazione”, secondo altra definizione del mondo sindacale degli anni Settanta .

Occorre invece una politica ed una strategia per impedire che il cerchio degli assedianti si stringa ed avviare una strategia delle alleanze immediatamente, mentre Milano gode ancora di una immagine positiva e attrattiva.

Credo sia a questo che si riferisse il sindaco Sala quando ha parlato del suo prossimo possibile mandato come “in discontinuità anche con me stesso”. Credo si debba lanciare politicamente l’idea della Milano metropolitana “di tutti”: niente da “restituire”, tutto da “condividere”.

Si tratta, mi rendo conto, di un compito impegnativo ed a esito non garantito, ragione per la quale la tentazione di bollare come “intellettualistica” questa proposta prenderà molti, forse tutti. Per renderla concreta e accettabile si deve necessariamente tradurre questa indicazione in azioni e pratiche di governo concrete e comprensibili. Proprio il biglietto metropolitano Atm è l’esempio positivo cui ispirarsi: estendere il concetto di appartenenza e condivisione attraverso azioni positive.

Una proposta forte, difficile ma chiara e coraggiosa sarebbe lanciare un piano/idea di Città Metropolitana di Milano con il superamento del Comune (spacchettato in 15 municipi), un sindaco metropolitano eletto dai 100 comuni e 15 municipi che si chiama “sindaco di Milano”, per una città di 3,5 milioni di abitanti.

Bisogna poi non farsi condizionare dal quadro istituzionale attuale, da quello fallimentare della Città metropolitana a quello del Comune insufficiente fino a quello della Regione dannoso e proporre magari l’immediata fusione istituzionale fra Comune di Milano ed ex Provincia, un Piano metropolitano lungo l’asse Torino-Novara-Milano-Bergamo-Brescia (alternativa alle inconcludenti Regione Lombardia e Piemonte), con la collaborazione tra i consigli comunali di Torino e Milano inizialmente, poi delle altre città, come “controllo democratico” del lavoro prima dei due, poi dei tre sindaci.

Infine, la vera sfida: il sindaco di Milano si proponga come guida delle città dell’asse a cinque verso l’Europa e il piano Von der Leyen mettendo a disposizione le proprie strutture, aziende, università. E la grande città metropolitana si comporti da capofila delle città del Nord che si candidano ad essere le prime protagoniste dell’Europa delle città.

Si dirà che è un sogno, irrealistico e lontano. Non lo è più di quanto lo fossero i sogni che stavano dietro e dentro le scelte e le azioni di tanti sindaci ambrosiani, da Caldara a Greppi, da Ferrari ad Aniasi fino ai giorni a noi più vicini. Milano ce l’ha fatta tante volte e ce la farà anche questa.

Franco D’Alfonso



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  1. Giuseppe LonghiPenso che la dicotomia città campagna, ossia della visione 'agropasturale' della metropoli sia stata superata dalla visione di Jane Jacobs (anni '60) della città come macchina per apprendere. Da cui se la metropoli deve rompere la storica articolazione napoleonica (città, provincia, .....) bisogna tenere conto di chi oggi gestisce lo spazio metropolitano, ossia di chi ha il controllo e la gestione della "Machine learning", le major della connettività da Google, ad Amazon.
    5 febbraio 2020 • 09:15Rispondi
  2. daniele nepotiL'ipotesi di fusione Comune-Provincia sarebbe da dare persino per scontata, non comprirebbe interamente neppure tutta l'area urbana milanese né, tanto meno quella metropolitana; se non fosse che sotto il profilo politico sembra invece piuttosto azzardata di questi tempi: non ho fatto i conti, ma temo che alle elezioni la destra vincerebbe largamente. Forse andrebbe accompagnata da una forte richiesta di autonomia, qualcosa di simile alle province di Trento e Bolzano o, se vogliamo, tipo Stadtstaat di Berlino dentro Land del Brandeburgo. Solo che lo Stato perderebbe una gran quota di entrate: qualcuno ha mai fatto i conti di quante tasse dirette e indirette sono prelevate dal territoriod ella Provincia di Milano? Io penso che, a frotne di circa un 5% della popolazione e di oltre il 10% del PIL probabilmente parliamo di 1/5 o poco meno, vista l'evasione fiscale drasticamente più bassa della media italiana e redditi pro capite decisamente più alti. Roma piuttosto che sganciare il malloppo schiererebbe i carri armati nella bassa.
    5 febbraio 2020 • 22:53Rispondi
  3. giuseppe santagostinoLa discontinuità di Sala non dovrebbe essere solo nel 'sentiment' verso la Milano Metropolitana ma, assai più nelle sue corde, soprattutto nelle scelte industriali destinate a saldare le sparpagliate membra del corpo metropolitano: acqua, energia, trasporti, servizi alla persona e un'azione più energica su Boccia perchè la delega alla Città Metropolitana sposti competenze pesanti (la Sanità e le strade) dalla Regione. Questa dovrebbe essere la base della prossima campagna elettorale rivolta più agli 'ariosi' non votanti che ai milanesi (sui quali si può fare affidamento per il voto con sufficiente serenità)
    11 febbraio 2020 • 18:07Rispondi
  4. Ezio MarraLeggo con ritardo la proposta di Franco D'Alfonso che condivido in grandissima parte con qualche dubbio. Il merito della proposta è quella di provare a ricostruire uno scenario e una strategia di ripartenza per Milano. Quasi cento anni fa, nel 1920, Milano era molto più piccola e coincideva grosso modo con la cerchia dei bastioni. Pochi anni dopo, nel 1923, Milano è diventata più grande e ha riaccorpato molti comuni, allora 'esterni, per assume la configurazione attuale. A distanza di quasi cento anni perché non ripensare ad allargare di nuovo i confini di Milano per rendere attiva e, con l'elezione diretta del sindaco, pienamente operativa la Città-metropolitana? Va detto che la cosiddetta legge Delrio, che ha molti difetti e qualche pregio, è una incompiuta. Mi spiego meglio: l'elezione diretta del Sindaco metropolitano diventerebbe possibile solo con una legge elettorale prevista ma mai proposta e approvata. Se questo governo durerà forse potrebbe completare l'opera permettendo così l'elezione diretta del Sindaco metropolitano. Va detto che la Città-metropolitana di Milano, che è molto attiva su molti problemi, è anch'essa un'incompiuta. Il piano strategico della Città Metropolitana di Milano, contrariamente ai piani strategici di molte altre Città del Centro Nord (Torino, Genova, Venezia, Firenze, Bologna), non parla di turismo e di cultura. Per forza. Quando è stata costituita la Città-metropolitana di Milano il personale che si occupava di cultura e di Turismo è stato 'assorbito' dalla Regione Lombardia che si è tenuta le 'deleghe' in materia guardandosi bene dal lasciarle alla nascente Città-metropolitana che peraltro si è guardata bene dal rivendicarle. Insufficiente probabilmente è il coordinamento tra la Città centrale e la parte restante della Città-metropolitana. Occorrerebbe poi avere una 'fusione istituzionale', come propone D'Alfonso, anche degli apparati burocratici. In un periodo di oggettiva difficoltà dovuta al post lockdown, Milano può, forse, provare a rilanciare la sfida della 'Grande Milano' con, come dice D'Alfonso, l’idea della Milano metropolitana “di tutti”: niente da “restituire”, tutto da “condividere”.
    4 giugno 2020 • 10:48Rispondi
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