30 gennaio 2020

IL MIO RICORDO DEGLI ETERNI

Commemorazione di Emanuele Severino


"Illuminare il futuro (rischiarare, appunto) per meglio riflettere, vedere e valutare (opzioni, relazioni, processi); per anticipare gli eventi e prendere decisioni libere, ben ponderate; per vivere bene.". Le riflessioni di un assicuratore sul pensiero di Emanuele Severino.

Bizzotto

Desidero, con questa nota, ricordare Emanuele Severino, morto a 90 anni il 17 gennaio scorso, e riflettere su come possiamo meglio esplorare e rischiarare i territori della Possibilità – al centro del suo interesse – in cui ci troviamo a vagare. Siamo eccitati e incerti, confusi e timorosi. La Possibilità è apertura e potenza. Ci espone a esiti opposti, ha detto. Sfugge ormai al divino e al sacro, come al potere e ai potenti. Dipende dai nostri sguardi, scopi e progetti; da scelte personali, politiche e istituzionali, che sono erranti. Siamo abbandonati al sogno e al potere di scienza, tecnica e razionalità strumentale. Un sogno ad alta probabilità di errore.

È una sfida da affrontare a cuore aperto. Non va nascosta la realtà, pur pericolosa e indefinita. Siamo infatti al Cigno nero: possibilità estreme, positive e negative, incredibili, ansiogene, in particolare nelle grandi città (vedi in Cina oggi!). Qual è l’esigenza? Trasformare il Cigno nero in rischio, cioè misura, Giusta Misura. Dice Emanuele Severino nella sua autobiografia: “La verità è (…) nel rischio, nell’avventura, nella scommessa. Essere nella verità significa diventare consapevoli della inevitabilità del rischio” (Il mio ricordo degli eterni, Rcs Libri, 2011).

Se posso permettermi, dal basso del mio specialismo… Sempre più chiaramente la misura, necessaria al rischiare, si definisce non già (non tanto) guardando al passato, alla frequenza degli eventi, alle statistiche, bensì attrezzandosi e imparando a illuminare il futuro (rischiarare, appunto) per meglio riflettere, vedere e valutare (opzioni, relazioni, processi); per anticipare gli eventi e prendere decisioni libere, ben ponderate; per vivere bene. Nel linguaggio di Severino: praticare il “destino della necessità”, lo stare, il non pensare in modo affannoso e strumentale. È evidente che non ci siamo, e lo sappiamo. Il cambiamento climatico è prova ormai lampante della nostra corsa pericolosa, insensata.

Per inciso: le città (la cui aria rendeva liberi, e oggi avvelena anche) hanno possibilità e responsabilità grandi: devono cercare risposte praticabili alla necessità di rischiare (stare, illuminare, anticipare). È un sottile pensare avanti: un modo di essere che induce a rallentare, volere bene, stare vicino alla realtà; concentrarsi e informarsi; osservarla, cogliere e ammirarne la bellezza; esplorare e apprezzarne il lato in fiore (il valore, l’utilità) e insieme il lato in ombra (le conseguenze indesiderate). Pensare avanti è contemplare e apre a mille rivoli di libertà, immaginazione, anticipazione creativa, e a mille nuove azioni, nuovi processi, ben orientati e diritti. Gioiosi ed eterni perché belli, giusti e armoniosi.

Ecco, l’idea dell’eternità delle cose, degli eventi, delle vite – tipica del pensiero di Severino – può forse essere intesa come ritmo armonico di bellezza e giustizia (parole chiave). Possiamo trovare tracce di eternità in un bimbo, in una poesia, in una canzone, nel camminare composto, consapevole, nella bellezza dei fiumi e delle montagne, nella meditazione (contemplare a partire da se stessi, dal corpo).

Meditare è conoscere l’eterno nella fugacità dell’istante; un istante diritto, ben orientato” (Jean-Yves Leloup, L’esicasmo)

Allora, la produttività dei sistemi andrà alle stelle, così la qualità delle cose e la sicurezza intesa come safety (Bauman: la sicurezza attiva, capace, pronta, competente e abile nel correre grandi rischi). Una sicurezza che rende belli e sostenibili i rischi della prospettiva. La sostenibilità, infatti, parte dal nostro interno.

Sì. Perché “noi siamo Re che credono di essere mendicanti. Siamo la Gioia che crede di essere tristezza”, ha detto Emanuele Severino a Cesano Maderno (Milano) il 19 ottobre 2008.

Francesco Bizzotto



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