24 gennaio 2020

VERDI: ESTINTI PER TROPPO SUCCESSO

Un caso esemplare della politica italiana


Marossi

Con l’approssimarsi delle elezioni comunali (ma anche di quelle politiche) è tutto un fiorire di convegni e di pubblicazioni sul tema delle alleanze, delle liste civiche, dei programmi palingenetici e ci si pongono delle domande spesso rimaste senza risposte dalle elezioni precedenti. Una di queste domande è così riassumibile: perché, in una città dalla sensibilità ambientalista forte e storicamente sedimentata, il movimento ecologista ha in politica un peso marginale? Più prosaicamente, perché i verdi sono al governo in mezza Europa e a Milano non contano un “belin”?

Il tema ricorreva, solo a mo’ di esempio, sulla prima pagina del Corriere della Sera il 10 gennaio 2013, quando Aldo Cazzullo scrisse un articolo dal titolo “La scomparsa degli ecologisti”, sostenendo non solo la scomparsa della rappresentanza in Italia ma addirittura dei temi ambientali dall’agenda politica. Replicò su Repubblica il 29 gennaio 2013 Gianni Valentini, che annunciava la nascita del cartello verde: sette associazioni (WWF, Legambiente, Greenpeace, FAI, Pro Natura, Touring Club e Club Alpino Italiano) avevano predisposto una comune “Agenda Ambientalista” in 12 punti, da sottoporre a tutte le forze politiche. Nessuno si ricorda che fine abbia fatto.

Tema ricorrente ma risposta difficile perché non è vero che i Verdi non abbiano pesato nelle vicende cittadine. Alle elezioni Comunali di Milano 1985 i Verdi ottengono il 2,6% con 27,533 voti, vengono eletti Piervito Antoniazzi con 1240 voti e Cinzia Barone con 729. Entrambi saranno assessori della giunta Pillitteri nata nel 1987 dopo che era andata in crisi l’alleanza PSI/DC. In pratica quella è la prima giunta rosso-verde italiana (dicembre ‘87-luglio ‘90).

Oltre ai due milanesi gli assessori verdi si contano sulle dita di una mano nella nazione: Letizia Battaglia a Palermo con Orlando, Stefano Boato a Venezia, Alfonso Pecoraro a Salerno con il socialista Conte. Accusati di essere il partito degli assessori tra i verdi, Antoniazzi e la Barone verranno fortemente criticati e Antoniazzi verrà in pratica sostituito da Marco Parini di Italia Nostra che sarà assessore anche nella giunta Borghini.

Cinque anni dopo, alle elezioni comunali si presentano 3 liste verdi: Verdi sole che ride che ottiene il 4,2% con 42,000 voti; i Verdi Arcobaleno (una formazione politica fondata nel maggio 1989 dalla confluenza: dell’area Arcobaleno di Democrazia Proletaria, rappresentata da Mario Capanna, Guido Pollice, Gianni Tamino ed Edo Ronchi; di esponenti del Radicali, come Maria Adelaide Aglietta, Adele Faccio, Francesco Rutelli, Franco Corleone) che ottengono 20,000 voti con il 2%. Vi è poi la solita lista di disturbo: i Verdi autonomisti che ottengono lo 0,5%.

In pratica l’ecologismo unito è il quinto partito in citta dopo DC, PCI, PSI, Lega.

Vi è però una divisione profonda tra i politici di livello provenienti da altre formazioni che vogliono “occupare” lo spazio ecologista e la base ambientalista; Capanna resta pur sempre nell’immaginario cittadino legato agli slogan del Movimento studentesco “Stalin, Beria, Ghepeu”, spacciarlo per un ambientalista riesce difficile.

Probabilmente in questo sta il nodo irrisolto dell’ambientalismo milanese di quegli anni: essere dipendente dal marxismo o nella migliore delle ipotesi dal berlinguerismo. Sin dalle origini, dice Antoniazzi, la battaglia nel movimento era tra filoni “prepolitici” (protezionisti della natura, animalisti, pacifisti, boyscout, ecc.) e reduci da esperienze di sinistra extraparlamentare “rivoluzionaria” che vedevano nell’ecologismo la forma nuova della sinistra. Secondo alcuni, la nascita dei Verdi Arcobaleno e sopratutto la presentazione delle liste alle europee forzando le norme è frutto di un accordo DC-PCI che vogliono evitare la nascita di un movimentismo antipartito. In pratica meglio avere qualche vecchio professionista parlamentare che teste calde dilettanti; insomma, dopo Černobyl’ 1987 non si voleva in Italia un anticomunista antisistema come Joschka Fischer.

Alle elezioni del 1993, nel pieno di Mani Pulite, quando si presentano ben 20 liste, i Verdi ottengono il 3%. Non lucrando per nulla sul clima “rivoluzionario” cittadino. Nel 1997, con 26 liste in gara, i Verdi ottengono 17,000 voti e il 2,6%. Capolista è Luigi Manconi, ma viene eletto Basilio Rizzo (decano ancora oggi del consiglio comunale dove entrò nel 1983 con la lista di Democrazia Proletaria) con 1600 preferenze, seguito da Paolo Hutter con 1200; Manconi segue con 400, poi qualche volto noto come Sacerdoti con 9 (poco più dei voti che otterrà nel 2001). Ben 34 candidati ottengono meno di 20 preferenze.

Nel 2001 la lista è denominata i Verdi per Milly Moratti, si mantengono grosso modo i voti della volta precedente e viene eletto Maurizio Baruffi. Solo un pugno di candidati supera le 10 preferenze. Rizzo, uscente, aveva lasciato la compagnia e viene eletto nella lista Miracolo a Milano capeggiata da Franca Rame.

Nel 2006 i Verdi per la pace ottengono 20,500 voti il 3,4% ed eleggono Maurizio Baruffi con 1208 preferenze, Enrico Fedrighini con 727, terzo Cortiana con 616. Le liste erano 34, per dare un idea la Lega Nord aveva preso solo 2000 voti in più, quindi non si può dire che i verdi fossero così marginali.

Nel 2011, la lista Ecologisti per Milano-Verdi Ecologisti di ottiene 8000 voti e l’1,4% ma un record assoluto di preferenze per Fedrighini con ben 2375; vi era anche una lista Sinistra ecologia e libertà con Vendola che ottiene il 4,7% eleggendo 3 consiglieri. Nel 2016 non vi sono più liste verdi, ma qualche riferimento ecologista nelle liste per Cappato.

Il risultato migliore del verdismo è alle elezioni europee del 1989 quando le due liste Sole che ride (che è il simbolo delle liste verdi federatesi al Congresso di Finale ligure nel 1986 e caratterizzato da diverse correnti come si legge in Wikipedia: una corrente autonomista e pragmatica con Alfonso Pecoraro Scanio, Pier Vito Antoniazzi, Rosa Filippini, una corrente legata alla sinistra e a Legambiente con Gianni Mattioli, Massimo Scalia, Enrico Falqui e una corrente fondamentalista con Giannozzo Pucci e Pino Polistena) e quella “marxista” Arcobaleno ottennero quasi il 9%.

L’anno successivo, il 9/12/1990, a Castrocaro le due liste si federeranno dando vita a una lista unica La federazione dei verdi. Il primo leader è … collegiale, cui seguiranno l’ex ministro craxiano Ripa di Meana (1993-1996), Luigi Manconi (1996-1999), Grazia Francescato (1999-2001) e Pecoraro Scanio (2001-2008). Dal partito usciranno in rapida sequenza Maurizio Lupi (verdi-verdi) e i Verdi Federalisti, contrari all’egemonia di sinistra sul partito. Il 1990 è però anche l’anno della sconfitta ai referendum: il 3 giugno 1990, nonostante il 92% dei voti favorevoli, i referendum su pesticidi e caccia non raggiungono il quorum dei votanti fermandosi al 43%.

Alle europee del ’94 i Verdi otterranno 38,000 voti e il 4,6%. Voti dimezzati nel ’99 quando capolista fu Messner e il più votato a Milano fu Nando dalla Chiesa con 1700 voti. Nel 2004 i voti furono 18,000 con il 2,7% e il più votato in città fu Pecoraro Scanio, seguito da Monica Frassoni e Baruffi (una lista Verdi Verdi ottenne lo 0,5%). Nel 2009 i verdi sono nella lista di Vendola Sinistra e libertà. Nel 2014 precipitano all’1,2% con la lista Verdi Europei, il più votato in città è Fedrighini con 1000 preferenze. Nel 2019 la lista Europa Verde risale: prima in comune è Elena Grandi con 1542 voti, il triplo rispetto a quelli che prese nel 2014, seguita da Fedrighini e Pippo Civati.

Alle regionali l’andamento non è diverso: altalenante; diversi i personaggi. Protagonista assoluto l’attuale consigliere comunale Monguzzi eletto nel 1990, nel 1995, nel 2000, nel 2005, passato nel 2009 al PD che non lo ricandida in Regione ma in Comune. Monguzzi (assessore nella giunta Ghilardotti insieme al compagno di partito Fiorello Cortiana che sarà poi senatore per 2 legislature) ha il record assoluto di preferenze tra i Verdi in città: 6000 voti alle regionali nel 2005. Con Monguzzi e Cortiana altro protagonista dei Verdi milanesi (ma di Cologno) in Regione è Camillo Piazza, eletto in Regione nel 1990 per passare poi alla Camera dei deputati. Mentre Monguzzi entrava nel PD, Piazza nel 2010 aderisce ufficialmente al movimento di Alleanza per l’Italia, organizzazione fondata da Francesco Rutelli e Bruno Tabacci, divenendone membro del Consiglio Nazionale.

Non è quindi vera l’affermazione che i Verdi a Milano hanno contato poco, sempre restando sul terreno amministrativo elettorale. Probabilmente si può dire che non hanno contato quanto avrebbero potuto. Perché?

In primo luogo perché non è mai esistita una leadership cittadina e regionale capace di competere con gli altri protagonisti, sia nel breve periodo della prima repubblica sia nel lungo periodo della seconda. Chi aveva visibilità o arrivava da altre regioni e città o da altre esperienze politiche che lo caratterizzavano, e ad altre esperienze si recherà. Inoltre il tasso di litigiosità interna ai verdi è se possibile superiore a quello dell’incontro tra le tifoserie juventine e interiste.

In secondo luogo perché il partito verde necessita di un sistema proporzionale e nel maggioritario ad elezione diretta a un turno come in Regione o a doppio turno come in Comune “sparisce”. Anche a livello nazionale l’obbligo di allearsi ha portato i Verdi ad esperienze paradossali come quella delle liste Arcobaleno con Rifondazione Comunista, i Comunisti italiani e gli scissionisti anti PD del tempo (Mussi), che ottennero alle politiche del 2008 0 (leggasi zero) eletti.

In terzo luogo perché, come diceva Boato: “quando si parla di Verdi, bisogna distinguere fra la presenza dei Verdi all’interno delle istituzioni e la presenza dei Verdi sul terreno sociale e culturale; le due cose si intersecano ma non coincidono meccanicamente. Né la rappresentanza istituzionale dei Verdi esaurisce al suo interno la complessità della presenza ecologica e ambientale sul piano sociale e culturale, né il problema dell’impatto di una svolta ecologica sul piano anche politico-istituzionale può essere semplicemente assorbito ed esaurito con il puro impegno da parte delle varie associazioni ambientali già citate. In questo senso c’è un’intersezione, una interdipendenza, ma anche un’autonomia reciproca ed un inesaurimento reciproco.

In pratica è toccato ai verdi, in piccolo, quello che è toccato ai socialdemocratici in altri paesi: per intervento diretto ma sopratutto per contaminazione i loro temi, i loro progetti sono divenuti temi e progetti che appartengono a tutti e in parte si sono realizzati o comunque sono al centro del dibattito. La questione ambientale è così importante e diffusa che di un piccolo partito verde non si sente più bisogno. Morti per troppo successo.

Walter Marossi



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  1. Piero BaracchiDi temi ambientali si parla molto e sempre con approssimazione. Per esempio si citano come "auto non inquinanti" le ibride e le elettriche: in realta' tutte le auto, con il consumo di gomme e freni inquinano.... Poi non si dice quanto e' difficile smaltire le batterie esauste, quale rendimento energetico ha l'uso delle batterie, quale costi in termini di ecologia ha l'eliminazione del parco auto esistenti ecc ecc. Insomma la ricerca di una mobilita' piu' rispettosa dell'ambiente e' fondamentale ed urgente ma molto piu' complessa di quanto si fa credere. Non potrebbe Arcipelago Milano avviare un approfondimento costante sull'argomento con basi scientifiche superando gli slogan dietro cui si fa scudo anche la pubblicita'?
    12 febbraio 2020 • 12:48Rispondi
  2. sabinaRICOSTRUZIONE E CONSIDERAZIONI OGETTIVE E UTILI FINO AD OGGI,GRAZIE
    24 febbraio 2020 • 17:01Rispondi
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