21 gennaio 2020
SALA, IL FUMO, L’ARROSTO E IL BENALTRISMO
Grida manzoniane
Anche senza avere molta fantasia era scontato che le dichiarazioni del sindaco Sala sul fumo delle sigarette avrebbero sollevato le proteste dell’opposizione, equamente divise tra “benaltrismo” e accuse di fare solo del marketing elettorale. Nessuna critica seria, magari un tantino argomentata sul provvedimento in sé, eppure ve ne sono. Direi comunque molto fumo e poco arrosto.
La prima critica è di carattere generale: qualunque divieto come questo che si sa per esperienza di non poter far osservare è controproducente e allunga la lista delle norme disattese e non sanzionate che convince i cittadini che è meglio farsene un baffo, di questa e di tutte le altre. Inutile citare Beccaria al riguardo: l’importanza della “certezza” della pena.
Ve li immaginate i vigili di Milano che inseguono e multano i passanti? Loro che non multano nemmeno le automobili parcheggiate in seconda fila? Ve li immaginate i poliziotti che tra il primo e il secondo tempo di una partita vanno a multare i fumatori? Siamo seri! Forse anche un po’ più seri dovrebbero essere i quotidiani che a questa vicenda danno più spazio che al summit di Berlino sulla Libia.
C’è invece una questione più profonda e riguarda il rapporto tra qualità della vita e politica ambientale.
Una delle caratteristiche essenziali per una buona qualità della vita, subito dopo la salute, è la libertà: quando la propria vita è regolata dal fare solo le cose ufficialmente permesse perché tutto il resto è vietato o perché fatta solo di molti, troppi divieti, divieti di cui non si capisce la ragione, ecco che ci manca la libertà. Dunque limitare i divieti fa bene, soprattutto se poi, come si è detto, sono lettera morta.
Le ragioni del divieto del fumo nei luoghi aperti hanno trovato molti sostenitori dell’irrilevanza di quest’abitudine rispetto ad altri tipi di emissioni inquinanti e penso abbiano una qualche ragione, salvo che non ci sia un retropensiero ben più fondamentale: cioè il danno comunque alla salute per i fumatori attivi e passivi; ma pensare che esista un reale pericolo di fumo passivo in spazi aperti è mera fantasia. Il fumo fa male comunque alla collettività perché appesantisce il carico della Sanità per le cure ai malanni che al fumo sono dovute.
La lotta all’inquinamento non va discussa ma va ragionata e soprattutto dovrebbero essere individuate e classificate per importanza le azioni da intraprendere dalle grandi alle più minute, senza dedicare attenzione a quelle irrilevanti.
La “tonante” dichiarazione di Sala mi ha ricordato un lavoro di ricerca fatto nel 1989 da una Commissione istituita dal Ministero delle Aree urbane, Commissione presieduta dal compianto Umberto Veronesi e della quale ero vicepresidente per la sottocommissione tecnica. Per la prima volta si affrontò in Italia il problema dell’inquinamento indoor. Alla fine dei lavori fummo portati a dire che l’inquinamento indoor era a un livello assai peggiore dell’inquinamento outdoor. Che sia così ancora oggi lo dimostra il Ministero della Salute in un suo documento.
Ma dell’inquinamento indoor non si parla e non lo si combatte perché va contro gli interessi economici di una miriade di produttori di materiali edili, detergenti domestici ma anche contro i produttori delle cucine a gas, la cui combustione rilascia di tutto: CO2 CO, NOx, SO2, particolato. In casa.
Il pubblico, però, se vuole darsi da fare potrebbe pensare all’illuminazione pubblica di strade, piazze, monumenti e pubblicità ossia l’inquinamento luminoso che non è solo un’ubbia degli astronomi di città che non vedono il cielo, ma non lo vediamo nemmeno noi, semplici cittadini.
Per l’illuminazione pubblica ci sono due problemi: il consumo energetico (dunque il riflesso diretto sull’ambiente della produzione di energia elettrica) e il danno alla salute.
Sul primo versante, il consumo, il Comune ha fatto molto convertendo a lampade LED la maggior parte dei lampioni; se ne sono persino accorti gli astronauti guardando dallo spazio il cambiamento del colore della Milano by night, con beneficio visivo anche per i cittadini: la luce del LED non altera quasi la percezione dei colori. Ma molto c’è ancora da fare per i danni ambientali.
Comunque in Italia spendiamo per l’illuminazione pubblica cinque volte quel che spende la Germania. Tra i Comuni italiani Milano si colloca a metà tra i più spendaccioni e i più parsimoniosi. C’è dunque ancora un po’ di strada da fare.
I ricercatori ci dicono che la luce notturna, soprattutto se eccessiva, agisce sulla ghiandola pineale che regola la produzione di serotonina e melatonina per un regolare ritmo circadiano, fondamentale per l’equilibrio psicofisico con effetti negativi sulla salute: depressione, tumori, diabete, obesità, depressione del sistema immunitario. Fa male agli esseri umani ma anche alla vegetazione e alla fauna per motivi analoghi.
Il mito moderno di una città che vive 24 ore su 24 lo paghiamo caro.
In tutto questo terribile intreccio tra vita, consumi, produzione e tutela dell’ambiente non bisogna correre il rischio di guardare il dito e non la luna. Il fumo e non l’arrosto.
Luca Beltrami Gadola
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