13 gennaio 2020

GLI ALBERI E L’ETICA DELLA RESPONSABILITÀ

Parco Bassini. Troppe teste voltate dall'altra parte


Il taglio degli alberi del parco Bassini, con blocchi stradali e mobilitazione delle forze di polizia, mette a tacere una fastidiosa protesta o solleva inquietanti interrogativi? La vicenda che si è conclusa con l’abbattimento degli alberi e la cancellazione del parco Bassini merita una seria riflessione.

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Il taglio degli alberi del parco Bassini con blocchi stradali e mobilitazione delle forze di polizia mette a tacere una fastidiosa protesta o solleva inquietanti interrogativi? La vicenda che si è conclusa con l’abbattimento degli alberi e la cancellazione del parco Bassini merita una seria riflessione in quanto ha coinvolto il rapporto tra varie istituzione pubbliche, Politecnico, Regione Lombardia, Comune di Milano da una parte e studenti, corpo docente e cittadini dall’altra.

Ridurre la questione al numero degli alberi abbattuti, 50 invece di 140, il parco non è proprio un parco, ma un giardino, ci saranno delle compensazioni, e così via, non aiuta certo ad affrontare le argomentazioni che sono state addotte per impedire questo scempio, di scempio infatti si tratta, e denota una tacita assuefazione a considerare ineluttabile un fenomeno dilagante, a tutti i livelli di questi tempi, la irrilevanza, per non dire l’assenza, dell’etica della responsabilità individuale nella sua dimensione sociale.

La questione del cambiamento climatico si è imposta ormai all’attenzione di tutti, è un’emergenza epocale di drammatica evidenza, come è possibile non tenerne conto nelle scelte che hanno un’influenza diretta sul clima e non sentire la responsabilità del proprio operato nei rispetti della società? I responsabili delle istituzioni pubbliche competenti si sono trovati concordi nel considerare irrilevante l’eliminazione di un parco pubblico urbano, piccolo, ma inestimabile quanto a ubicazione, destinazione d’uso, valore ambientale.

Nessuna osservazione da parte dei funzionari di Regione Lombardia, del Comune, del Politecnico, né degli amministratori in carica negli stessi enti, in merito all’opportunità di procedere allo sradicamento di alberi di alto fusto e al consumo di suolo in un terreno sopravvissuto alla cementificazione. Nessun rilievo in merito alla possibilità di rigenerazione urbana, resa possibile dalla demolizione delle strutture abbandonate esistenti nella stessa area, e ben evidenziate nel progetto sottoposto ad approvazione. invece di essere utilizzate per far posto ora a nuovi edifici, verranno recuperate per restituire l’area a parco verde in futuro. Perché non adesso? Non si poteva evitare questo danno ambientale e sociale?

Nelle pieghe dei regolamenti esistenti si è trovato modo di compiere una scelta che non rispetta la sostenibilità ambientale e di certo non coerente con la missione delle istituzioni competenti.

Se poi si considerano gli esiti delle azioni di governo in Lombardia in tema di salvaguardia del suolo, si rileva che la legge regionale emanata in materia, anziché porre maggiori vincoli e limiti efficaci, non ha in effetti prodotto alcun miglioramento della situazione, si rileva che Milano guida la graduatoria nazionale dei comuni per consumo di suolo, e per il prossimo futuro sarà limitato non tanto il consumo, ma l’incremento del consumo del suolo. Da parte sua il Politecnico non ha nemmeno preso in considerazione il problema.

Le grandi trasformazioni urbane che verranno attuate nei prossimi anni a Milano sono tutte all’insegna della speculazione immobiliare privata, vedi gli ex-scali ferroviari, dove la mano pubblica ha rinunciato a svolgere il ruolo guida che dovrebbe competerle a difesa dell’interesse pubblico generale, del bene comune, che innanzitutto oggi riguarda la difesa dell’ambiente minacciato dall’alterazione del clima.

Fa meraviglia che nessuno tra i responsabili dell’Ateneo e negli ambienti ove si prendono le decisioni sia posto il problema: è proprio necessario eliminare questo parco aperto al pubblico?

La petizione lanciata dalla professoressa Arianna Azzellino, che coraggiosamente ha sollevato il problema rompendo il velo di silenzio che lo copriva, sollecitava una presa di coscienza in difesa degli alberi del parco Bassini a causa dell’importanza della posta in gioco e il movimento spontaneo di protesta della cittadinanza non ha avuto altro scopo che questo.

L’aver ignorato tale aspetto pone interrogativi di non poco conto. Come è possibile che in una situazione di emergenza climatica ormai acclarata una questione così importante, che ha ripercussioni sull’immagine dell’Ateneo, sul contesto sociale, sul territorio, sull’ambiente, venga semplicemente ignorata senza ascoltare le ragioni della protesta e rendersi disponibili ad un confronto?

Ci sembra il sintomo di una mancanza di etica della responsabilità individuale nella dimensione sociale, mancanza ormai diffusa. Non ci si preoccupa delle conseguenze delle scelte e dei comportamenti che hanno ripercussioni sul piano sociale. In fondo è la denuncia di questa situazione ciò che spiega la rapidità e la dimensione dell’adesione mondiale a Fridays For Future. Il movimento nato dallo sciopero scolastico di Greta Thunberg reclama un’assunzione di responsabilità da parte di chi ha il potere di scegliere e decidere cosa fare e non lo fa.

Non possiamo aspettare però che siano le nuove generazioni a dare la svolta necessaria per mutare radicalmente il comportamento sociale oggi imperante, ognuno nel proprio ambito deve assumersi questa responsabilità.

Paolo Burgio



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  1. DonatellaIl taglio di questi poveri alberi è stata una mossa molto brutta da parte dei responsabili. Inoltre Milano si appresta ad essere cementificata, mentre gli spazi resi liberi dagli impianti ferroviari avrebbero potuto essere utilizzati ben diversamente.
    15 gennaio 2020 • 06:45Rispondi
  2. Irene PizzoccheroComplimenti a Paolo Burgio, per le parole di questo articolo. A nome dei tanti cittadini che in questi mesi hanno tentato di salvare il parco di via Bassini a Città Studi, mi auguro che il senso di responsabilità di chi ci governa abbia un sussulto e, ora che gli alberi sono stai purtroppo già abbattuti, almeno il suolo del parco venga preservato e venga fermata la costruzione del mega edificio di ingegneria chimica del Politecnico.
    15 gennaio 2020 • 11:33Rispondi
  3. EugenioCondivido e sottoscrivo: non si può voltare la testa dall'altra parte. Aprire gli occhi è necessario. E occorre farlo adesso: dopo sarà tardi.
    15 gennaio 2020 • 11:51Rispondi
  4. Patrizia TaccaniMi unisco allo sdegno. E mi faccio una domanda: "Gli studenti del Politecnico sono alcune migliaia, ritengo. Quanti di loro erano realmente in piazza insieme a quei tre che tengono coraggiosamente teso lo striscione di denuncia? " La mia è una domanda vera, non provocatoria. Non so quanti fossero, dalle foto dei giornali non si capiva. Si parlava di 500 persone davanti a Palazzo Marino. Non discuto sulla responsabilità degli organi accademici e di quelli della Amministrazione Comunale, ma c'è anche quella - minore ma essenziale - di chi (in questo caso) dovrebbe sentire il dovere di difendere il territorio in cui si svolge una parte così importante della sua vita, quella della formazione, anche se lì non vi abita, con buona probabilità non abita a Milano, nè ci rimarrà in futuro, una volta laureato. Spero che qualcuno mi smentisca sui numeri. Che mi si dicano che la partecipazione è stata massiccia. Grazie.
    15 gennaio 2020 • 12:22Rispondi
  5. Patrizia TaccaniErrata Corrige ...che mi si dica...
    15 gennaio 2020 • 12:47Rispondi
  6. Luigi Andrea VavassoriMi sembra che si voglia dare troppa importanza ad un fatto limitato (50 alberi) e che se le foto riportate dai giornali sono corrette una parte degli alberi erano malati (parte centrale del tronco di colere scuro rispetto alla corona). Non ricordo grande sdegno quando per costruire il nuovo palazzo della Regione venne cancellato il parco esistente che era stato donato alla città da una donatrice nel suo testamento perché fosse un parco per i cittadini della zona. Quello che conta non è l'abbattimento di alberi vecchi ma la loro piantumazione alternativa nelle zone degradate ed in numero almeno triplicato. Milano ad esempio rispetta la legge nazionale che prevede di piantare un albero per ogni nato od adottato ??
    15 gennaio 2020 • 15:02Rispondi
    • BrunoLa colorazione centrale non è necessariamente associata a malattie, ma è presente nel fusto di molte piante. Si chiama durame, il colore scuro è dovuto alla presenza di tannini che casomai servono proprio a preservare la pianta dalle malattie. In alcune essenze, il durame può essere particolarmente differenziato, come nel caso delle robinie abbattute al Parco Bassini.
      16 gennaio 2020 • 10:01
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