12 gennaio 2020

UNA LEZIONE CAPITALE PER MILANO IN DUE MINUTI E VENTI SECONDI

Alitalia, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire


Joerg Eberhart, ascoltato dalla Commissione Trasporti della Camera dei Deputati sulla questione Lufthansa-Alitalia, ha esposto in 2'20” una lezione sul funzionamento del traffico aereo globale (e sull'attuale inadeguatezza del sistema aeroportuale milanese) che la miopia della classe dirigente politica ed economica non ha mai permesso di considerare negli ultimi vent'anni.

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Martedì 7 gennaio, primo giorno disponibile dopo la pausa invernale, la Commissione Trasporti della Camera dei Deputati ha convocato una seduta sulla questione Alitalia. Il primo ospite udito è stato Joerg Eberhart, presidente e Ceo di Air Dolimiti, una sussidiaria del Gruppo Lufthansa; gruppo per il quale lavora da quasi trent’anni. Un uomo dunque di grande esperienza e provvisto di una profonda conoscenza del trasporto aereo, settore che proprio in questo trentennio ha vissuto la doppia rivoluzione della costruzione del mercato unico europeo e del mercato liberalizzato.

La stampa ha già dato conto dei 15 minuti esatti di intervento del signor Eberhart e anche di buona parte dei 20 minuti di risposte alle domande dei deputati membri della Commissione, tutti centrati – come ovvio – su pro e contro della scelta di Lufthansa come partner per risolvere il disastro Alitalia, si spera definitivamente e senza ulteriori costi per la collettività.

C’è stato però un breve passaggio, sfuggito probabilmente ai più perché marginale in quella sede. Poche parole, ma cruciali se ascoltate da Milano, con memoria della storia del suo sistema aeroportuale e prospettiva sulle sue potenzialità anche per il futuro.

Alla domanda di un deputato – non troppo ferrato come vedremo – sui rapporti che un’Alitalia nell’orbita del Gruppo Lufthansa intratterrebbe con “hub” come Malpensa e il futuro nuovo aeroporto di Berlino, seguono 2 minuti e 20 secondi che andrebbero salmodiati più volte al giorno a mo’ di richiamo del muezzin, soprattutto nelle redazioni dei giornali e nelle stanze del potere (non solo politico).

Ecco i tre punti-chiave esposti da Herr Heberhart nella maniera più piana possibile.

Primo punto: Malpensa non è un hub perché manca un sistema di “feederaggio”. Il termine “hub” tipicamente usato a vanvera sulla stampa come sinonimo di “grande aeroporto”, sottende invece una specifica modalità di organizzazione delle operazioni di volo da parte di una compagnia aerea (hub-and-spoke): riempire i grandi aerei per il lungo raggio in partenza da un aeroporto con passeggeri provenienti da altri aeroporti (“feederaggio”, dall’inglese feed, alimentare). Esempio: volo Alitalia Catania-Milano Malpensa, scalo e transito sul volo Alitalia Milano Malpensa-Tokyo. Peccato che non esista il volo Alitalia Catania-Milano Malpensa.

Ecco dunque il secondo punto: la causa del mancato decollo di Malpensa come hub è Linate, perché i voli punto-a-punto sul Forlanini indeboliscono troppo lo scalo della brughiera. Se Alitalia volesse riempire il volo per Tokyo anche con passeggeri provenienti da Catania (o da Bari, Palermo, Napoli, ecc.) avrebbe due scelte: trasferire i collegamenti con quelle città da Linate a Malpensa oppure aggiungere nuovi collegamenti su Malpensa. Nel primo caso rischierebbe di lasciare alla concorrenza, pronta a occupare lo slot libero su Linate, il passeggero che da Catania vuole sbarcare a Milano; nel secondo caso rischierebbe di fare volare due aerei mezzi vuoti (uno su Linate per i passeggeri diretti a Milano e un su Malpensa per quelli da imbarcare su voli di lungo raggio) invece di uno pieno, una soluzione di per sé poco sostenibile e ancora più rischiosa vista la massiccia presenza di low cost a fare concorrenza su Malpensa.

Eppure, e siamo al terzo punto, Milanodice testualmente Eberhart sarebbe il posto giusto per un “hub” e aggiungendo un’appendice apparentemente clamorosa: molto meglio di Francoforte, molto meglio di Monaco e anche di Berlino. Infatti specifica – Milano ha i “numeri” (cioè la dimensione demografica) che manca a Francoforte e Monaco, e dispone del potere di acquisto che manca a Berlino.”.

Vale la pena di ricordare che per un territorio (e per un paese) disporre di un hub non è questione di blasone. È una modalità di organizzazione della rete di collegamenti da parte di una compagnia aerea e dei suoi partner che consente disporre di un ventaglio di destinazioni di lungo raggio più ampio e con voli più frequenti perché rende economicamente sostenibili collegamenti che non lo sarebbero con la sola domanda locale grazie a passeggeri provenienti da altre città.

Un “campione di hubbing” è proprio Lufthansa. L’aeroporto di Francoforte, il suo hub primario, ha registrato 69,5 milioni di passeggeri nel 2018 (Malpensa 24,7), il 55% dei quali costituito da passeggeri in transito da un volo all’altro. Significa che la regione servita dall’aeroporto ha generato poco più di 30 milioni di passeggeri punto-a-punto, molti meno dei quasi 50 milioni generati dall’area servita dai tre aeroporti milanesi di Malpensa, Linate e Orio al Serio.

Eppure Francoforte, con un volume significativamente inferiore di domanda, può contare, per esempio, su oltre trenta collegamenti con il Nord America, due terzi dei quali annuali e un terzo stagionali, spesso serviti da più di una compagnia. Ecco cosa significa un hub. Milano, con una domanda senz’altro superiore a Francoforte in volume, ma disperdendola su tre scali e senza godere dunque dei benefici offerti da un hub sul proprio territorio, dispone di soli sette collegamenti annuali con il Nord America, appena tre dei quali annuali, peraltro soprattutto grazie al tentativo in corso da parte di Air Italy.

Si lascia al lettore immaginare quanto questa marginalità rispetto alle reti del trasporto aereo mondiale possa contare in un mondo globalizzato per un territorio a fortemente internazionalizzato come quello di Milano e del Nord Italia possa significare in termini di attrattività e competitività sistemica.

Quello che sfugge è come una meccanica tutto sommato così semplice e così ben consolidata in giro per il mondo sia stata completamente ignorata dalla classe dirigente italiana e, ancora più sorprendentemente, milanese nel corso degli ultimi vent’anni e continui ancora ad esserlo.

Onore, comunque a quella sparuta ma lodevole pattuglia di eroi da Romano Prodi a Domenico Cempella e Giuseppe Bonomi che, rimanendo in trincea fino all’ultimo, hanno provato a convincere senza successo il mondo dell’opportunità di limitare Linate per far crescere l’hub Alitalia-KLM a Malpensa.

Chissà che quei semi lanciati allora – in un mondo cambiato in una Milano cambiata, con nuove tecnologie e nuovi soggetti sul mercato – possa dare prima o poi qualche frutto meno avvelenato della miopia con cui la classe dirigente politica ed economica di allora guardò al tema del trasporto aereo.

Daniele Nepoti



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  1. Cesare MocchiTutto molto chiaro. Una domanda (non sono un esperto): perché allora in altre città (tipo Londra) riescono a convivere sia un city airport che un hub? Linate non potrebbe essere specializzato in tal senso, senza chiuderlo?
    15 gennaio 2020 • 07:38Rispondi
    • daniele nepotiDomanda assolutamente pertinente e buona occasione per offrire tentare di fare chiarezza. I 6 aeroporto di Londra (considerando anche Southend, situato a quasi 70 km dal centro della capitale britannica) hanno registrato nel 2018 oltre 177 milioni di passeggeri. Un numero persino superiore ai circa 153 milioni registrati dai 41 aeroporti italiani messi insieme (contando una sola volta i passeggerid ei voli domestici) e oltre il quadruplo dei 41 milioni attribuibili ai 3 scali milanesi. Visto il ruolo di primo o secondo centro finanziario del mondo, se fosse possibile disporre dei dati sul valore della domanda oltre a quelli sul suo volume, lo iato sarebbe ancor più marcato. E' dunque innanzitutto la dimensione straordinaria della domanda che consente a Londra di disporre di un numero così alto di scali. L'aeroporto di London City non ha raggiunto nel 2018 i 5 milioni di passeggeri, con una quota inferiore al 3% sul sistema aeroportuale londinese, un po' come se Linate avesse registrato 1,3 milioni di passeggeri invece dei 9,2 (pesando per il 20% sul sistema milanese). Va anche ricordato che il London City airport è uno scalo con forti vincoli di operatività dati dalla limitatezza delle infrastrutture di volo (lunghezza della pista che consente il decollo e l'atterraggio di aerei piccoli, dimesioni ridotte di piazzale e raccordi che limitano il numero di aerei a terra), dalla sua collocazione che impone sia un limite ai volumi di traffico determinato su base annua dal rumore emesso dagli aerei che vi operano, sia restrizioni di orario su base giornaliera e settimanale. Infine, una piccola precisazione. Spesso a Milano stampa e classe dirigente parlano di "city airport". E' un'espressione che non mi risulta esistere in ambito aeronautico e, anche se non ne sono del tutto certo, credo sia originata oltre una ventina d'anni fa proprio dal dibattito circa il tormentato rapporto tra Linate e Malpensa a causa di una traduzione un po' maccheronica di London City Airport come "aeroporto cittadino di Londra" e non, più correttamente, come aeroporto di London City (nome proprio di luogo come Kansas City o Atlantic City).
      15 gennaio 2020 • 21:09
  2. Andrea PassarellaUn articolo molto lucido, peccato che sia stato scritto con il senno di poi. Mi ricordo molto bene come allora Lega, Comune di Milano (sindaco Albertini) e Regione spararono a zero sulla questione: 1) Fusione SeA/Adr (Prodi rispose con "son Coglionate" ai distinguo sulla milanesità di SeA secondo Albertini) 2) Spostamento dei voli da Linate in seguito al decreto del Ministero dei Trasporti (Comune, SeA e Centrodestra contrari sostenendo che ci svendevamo agli stranieri e arrecavamo danno a Milano) 3) Inquinamento acustico sulle case abusive e poi condonate (Manifestazioni di tutti gli schieramenti rimarcando l'insensibilità verso le popolazioni locali, purtroppo però le case erano state costruite dove non dovevano stare) Successivamente la Lega, dopo aver ottenuto negli anni seguenti il controllo di SeA e Alitalia , ha semplicemente spolpato entrambe le società facendo pagare all'intero sistema paese ergendosi a paladini dell'italianità senza avere una strategia di fondo. Ora ci ritroviamo con una compagnia definitivamente fallita (con Bonomi uno dei maggiori responsabili), un aeroporto (MXP) senza anima che ancora deve capire dove andare e Linate saturo ma oramai destinato al declino in un'ottica dei trasporti italiana; Linate al massimo sarà un ottimo portatore d'acqua per gli altri hub e operatori stranieri. Questa è una lezione da imparare, nel dibattito nostrano bisogna imparare a capire che chi strilla di più non ha automaticamente ragione, fa solo la voce più grossa. Dovremmo aver imparato da questo fatto che bisogna sempre ragionare avendo un orizzonte più ampio e andare al di là degli interessi immediati di bottega, avere una strategia di sistema permette a tutti nel lungo periodo di ottenere un vantaggio. Dovremmo aver imparato che non bisogna inseguire il sentimento del momento, la stessa cosa si potrebbe dire di Expo (ora nessuno ammetterà mai che in passato era contrario al grande Evento). Ma tutto questo deve essere fatto PRIMA che le decisioni siano prese.
    15 gennaio 2020 • 15:20Rispondi
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