17 dicembre 2019
MILANO E IL VENTO FREDDO DA LONDRA
Un avviso ai naviganti per chi amministra le grandi città
17 dicembre 2019
Un avviso ai naviganti per chi amministra le grandi città
Questo è l’ultimo “lancio” di ArcipelagoMilano prima della fine dell’anno. Chiudiamo il 2019 pubblicando il terzo dei nostri quaderni intitolato Milano Città Universitaria, sempre a cura di Giancarlo Lizzeri. Come nei due quaderni precedenti – La Milano degli Headquerters aziendali e Il Turismo a Milano – Lizzeri ha letto anche in questo caso un aspetto della città con l’intento di segnalare sia i punti di forza sia quelli di debolezza, perché la debolezza rappresenta un rischio: può impedire un consolidamento, una crescita o addirittura vanificare il già fatto. I “quaderni” sono un nostro contributo per una miglior conoscenza di Milano, un aspetto della nostra linea editoriale.
La nostra linea non è solo quella di aspirare a essere “il cane da guardia del potere” ma piuttosto di essere un segugio che incalza il potere perché esprima il meglio di sé.
Nell’era degli uomini soli al comando abbiamo cercato, e cercheremo, di spezzare tutti i “cerchi magici” che imprigionano “l’uomo solo”, cerchio troppo speso fatto di yesman; noi invece accendiamo il riflettore sugli angoli bui o dando voce ai dissensi inascoltati.
Non abbiamo perso nessuna occasione per suonare un campanello d’allarme guardando alle prossime elezioni comunali che, a nostro avviso, sono un rischio duplice: ci sarà chi andrà a votare guardando a uno scenario nazionale dove la destra cresce oggi e non è detto che non cresca ancora e chi voterà guardando alla città dove alcuni “bastioni rossi” sono già caduti.
Non vorremmo nemmeno essere costretti a suggerire all’ultimo momento a chi ci segue: “Votatelo turandovi il naso” perché Sala è l’unica opzione prima del buio. C’è ancora tempo per non doversi turare il naso e arrivare ad un voto “convinto”. Questo è quello che ci muove.
In questa luce parliamo del vento che soffia da Londra.
Con la vittoria di Boris Johnson il vento che spira da Londra non porta buone notizie. La prima volta che si parlò seriamente di Brexit fu subito dopo il referendum nel Regno Unito del giugno 2016. Come promemoria cito i risultati di quel referendum: il Leave vinse con il 51,89% e spaccò il Paese ma un dato da ricordare è che tra i giovani di 18-24 anni il 73% votò Remain e tra quelli di 25-34 anni il 62% votò nello stesso modo. Dunque i giovani volevano restare e in particolare a voler restare furono sopratutto i londinesi, in questo caso giovani e meno giovani. Il solito vecchio problema sinistra-destra tra città e contado.
Subito dopo i risultati del referendum qualcuno cominciò a rallegrarsi pensando che molte delle aziende che avevano il loro headquarter a Londra sarebbero venute a Milano. Il sindaco Sala pochi giorni dopo l’esito del referendum disse: «l’opzione Brexit può essere un’occasione perché abbiamo un vantaggio: qui si vive meglio». Ci si candidò per la sede dell’Agenzia del Farmaco (EMA) e si perse per poco, comunque si perse.
Dunque di benefici effetti della Brexit non se ne sono visti e anche se i legami tra Milano e Londra resteranno ancora forti nel settore dalla finanza probabilmente però la rivoluzione del mondo degli affari londinese, cambiando pelle, spezzerà alcuni rapporti che il tempo aveva consolidato.
Quelle che sembravano buone notizie nel 2016 sono evaporate.
Oggi allora cosa ci dice il vento che soffia da Londra?
I commenti all’elezione di Boris Johnson, quelli che ci vengono direttamente da giornali londinesi, confermano che anche in quest’occasione la sinistra più o meno moderata vince in città e perde altrove e se facessimo un grafico, vedremmo probabilmente che mano a mano che mentre le città calano in dimensione anche il popolo di sinistra si assottiglia.
Le grandi città, a cominciare da Londra, Parigi e New York, pur essendo il luogo rappresentativo del capitalismo e del potere finanziario, due aspetti certamente non congeniali alla sinistra, hanno una popolazione che guarda a sinistra, così come è vero che sono i giovani cittadini di queste città ad alimentare i movimenti che più contestatori dell’attuale modello di sviluppo sul fronte dell’ambiente e delle derive populiste, razziste e antidemocratiche.
Quanto a Milano a ogni nuova tornata elettorale sempre mi domando: Milano resterà ancora una “ridotta” della sinistra? Me lo sono domandato già nell’ottobre dell’anno scorso titolando il mio editoriale La sinistra e il “ridotto” milanese. Le condizioni perché questo accada sono ancora quelle che indicherei anche oggi: riduzione delle disuguaglianze, una “reale” partecipazione dei cittadini e più attenzione alle periferie. Queste ultime saranno il tema forte della destra, vista anche l’ultima uscita di Salvini che invita il sindaco a occuparsene.
Per consolidare un governo di centro sinistra della città non basta essere primi nella classifica per qualità della vita, come mostra l’ultima analisi pubblicata dai giornali in questi giorni, bisogna anche domandarsi quanti cittadini tra centro e periferia abbiano questa percezione e quanti di loro andranno a votare alla prossima scadenza elettorale.
Quanto alle disuguaglianze, causate soprattutto dai bassi o nulli livelli di reddito di una parte dei cittadini, non so come possa intervenire un’amministrazione locale se non erogando maggiori servizi ai meno fortunati e migliorandone le condizioni abitative.
La percezione che si ha invece oggi è di segno contrario: grande effervescenza nel centro della città per l’edilizia di lusso, per le nuove sedi delle grandi società e per il turismo che invade il centro storico. Di tutto questo si parla molto sui media perché fa notizia e per l’amministrazione è un buon argomento di “marketing” urbano.
Chi dalla periferia guarda verso il centro invece ha la percezione di restare sempre più indietro e fermo con i suoi problemi: questa è anche la sensazione del cosiddetto “ceto medio impoverito”.
Le contraddizioni sono e saranno il vero problema per Milano: si possono risolvere con attenzione ai grandi e piccoli problemi: anche solo le buche in strada possono far perdere le elezioni.
Luca Beltrami Gadola
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