8 dicembre 2019

VITTORIANO VIGANO’, ARCHITETTO D’AVANGUARDIA

Memorie della città


Lo scorso 15 novembre è stata inaugurata una mostra retrospettiva dell’opera di Vittoriano Viganò, intitolata VV100, nel centenario della sua nascita, visitabile fino al 16 dicembre. Architetto milanese e docente della Scuola di Architettura del Politecnico di Milano, della quale ha progettato e realizzato l’ampliamento, oltre che, sempre a Milano autore dell’Istituto Marchiondi Spagliardi capolavoro definito “brutalista” che lo rese famoso nel mondo fin dagli anni ’50 del secolo scorso.

Solo per citare due sue opere che possono richiamarlo alla memoria anche di chi non si interessa professionalmente di architettura. La mostra è in effetti la riedizione di quella che si è tenuta nel 1991, curata dallo stesso Viganò, alla quale in questa occasione sono state aggiunti nove progetti e opere allora non considerati.

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Sono andato all’inaugurazione non solo per interesse disciplinare ma anche per il sentimento di stima e affetto nei confronti di Vittoriano. L’ho conosciuto fin da quando ero studente e lui assistente di Giò Ponti. Ho ammirato la sua vivacità e capacità di coinvolgerci. Allora studiammo proprio l’Istituto Marchiondi. Edificio del quale era stato esposto in aula un bellissimo modello che fu poi trafugato e mai ritrovato. Sempre che non sia quello che figura al MOMA di New York.

Il Marchiondi, è una delle opere che ha contribuito a qualificare il periodo storico tra gli anni ’50 e ’60, che ha reso la nostra città nota e considerata in tutto il mondo per la sua architettura. Opera che giace ormai in rovina in quel di Baggio.

ISTITUTO MARCHIONDI SPAGLIARDI 1953 – 58 E NELLO STATO DI DEGRADO ATTUALE

ISTITUTO MARCHIONDI SPAGLIARDI 1953 – 58 E NELLO STATO DI DEGRADO ATTUALE

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Anni dopo, quando fummo entrambi docenti di Composizione architettonica, ho polemizzato garbatamente con lui perché riuscì a farsi assegnare dal rettore del Politecnico l’incarico per progettare l’ampliamento della Facoltà di Architettura, mentre avrei ritenuto opportuno che si facesse un concorso internazionale. A posteriori posso riconoscere, visto il risultato, che la scelta del rettore ci ha consentito di avere un’opera di grande qualità architettonica, che forse un regolare concorso non ci avrebbe dato.

VISTA DEL FRONTE LUNGO VIA AMPERE DELLA FACOLTA’ DI ARCHITETTURA

VISTA DEL FRONTE LUNGO VIA AMPERE DELLA FACOLTA’ DI ARCHITETTURA

In occasione dell’inaugurazione della mostra Marco Biraghi, Giampiero BosonI, Ilaria Valente, Emilio Faroldi e Andrea Gritti, alcuni di quali valenti studiosi di storia dell’architettura, che a vario titolo si sono interessati della sua organizzazione, ci hanno intrattenuto sulle varie problematiche che hanno dovuto affrontare, a partire dal fatto che si è trattato della riedizione di una mostra realizzata quasi trent’anni fa che, per riconoscimento unanime, avrebbe dovuto essere rifatta. Ma ci hanno detto ben poco delle opere e della personalità di Viganò architetto. Per cui ho chiesto di intervenire per dire ciò che penso di Vittoriano Viganò.

MARCO BIRAGHI, GIAMPIERO BOSONI, ILARIA VALENTE, EMILIO FAROLDI, ANDREA GRITTI ALL’INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA - 15 NOVEMBRE 2019 (Federico Brunetti)

MARCO BIRAGHI, GIAMPIERO BOSONI, ILARIA VALENTE, EMILIO FAROLDI, ANDREA GRITTI ALL’INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA – 15 NOVEMBRE 2019 (Federico Brunetti)

Per comprendere il ruolo di Viganò è utile considerare i tentativi fatti da alcuni colleghi, primo fra tutti l’amico Antonio Monestiroli che ci ha lasciato da pochi giorni, di individuare le figure più significative della cosiddetta Scuola di Architettura milanese considerando soprattutto gli esponenti del razionalismo, aderenti al Movimento Moderno, degli Albini e dei Figini-Pollini, gravitanti attorno a Bottoni, mobilitati dal suo attivismo internazionale e dai CIAM.

Tentativo poi emendato dalla consapevolezza che quella Scuola, se pure sia esistita e la si possa ancora oggi evocare, non poteva prescindere dall’altra componente non razionalista, dei Ponti e dei Caccia, più organica a quella illuminata borghesia locale che nel dopoguerra ha fatto assurgere Milano a capitale produttiva del Paese.

Ma il nome di Vittoriano Viganò non figura in nessuno dei due schieramenti, perché il suo atteggiamento aperto alla sperimentazione e lontano sia dagli stereotipi degli epigoni del Movimento moderno sia dalle ricercatezze formali degli architetti borghesi, è risultato incompatibile sia con gli uni che con gli altri. Incompatibilità pagata in patria con l’isolamento e una scarsa considerazione anche in ambito critico e storiografico, ma che lui neutralizzò pubblicando in Francia e facendo il corrispondente di Architecture d’aujourd’hui.

La mostra attuale potrebbe quindi rappresentare l’avvio di un tardivo risarcimento nei confronti della sua figura. Purché non si fraintenda il significato della cultura architettonica di cui è stato rappresentante. Il torto più grave che si potrebbe fare alla sua memoria sta proprio nella pretesa di indicarlo come precursore dell’architettura di questo momento storico.

Ruolo che a mio parere non gli farebbe onore. Perché, pur non essendo stato un erudito accademico ma un progettista dotato di grande talento e intelligenza, fu capace di realizzare alcuni capolavori che appartengono alla storia dell’architettura moderna, per quanto la sua originalità e il suo radicalismo, non gli abbiano consentito di avere molti seguaci.

A mio parere Viganò è stato l’unico vero esponente, non solo milanese ma italiano, dell’Avanguardia storica. Quella, per intenderci, sia del Neoplasticismo di Oud e Rietveld sia del Costruttivismo, di Ginzburg, Leonidov, Tatlin, Mel’nikov. E così come loro avevano interpretato in senso rivoluzionario l’architettura nell’epoca dei Soviet, Viganò ha rappresentato, con opere di grande anelito partecipativo, l’avvento della democrazia nel nostro paese.

E ha manifestato il suo pensiero con espressioni certamente retoriche ma che in un giovane uomo che si era laureato in architettura un anno prima della fine della seconda guerra mondiale, e aveva avviato la sua attività professionale nel 1947 in un paese da ricostruire avevano anche un valore politico non ideologico.

ISTITUTO MARCHIONDI SPAGLIARDI - FRONTE SUD (PAOLO MONTI)

ISTITUTO MARCHIONDI SPAGLIARDI – FRONTE SUD (PAOLO MONTI)

La sua vena costruttivista si nota già ben espressa nel Marchiondi che, definire brutalista, soprattutto in riferimento al calcestruzzo armato a vista, mi sembra limitativo. Si nota ancor più nella Verticale in Piazza Duomo, opera temporanea realizzata nel 1961 in occasione dellaParata Luci natalizia concepita da Munari. A parte il riconoscimento al padre Vico, pittore e architetto, vincitore nel 1927, quando Vittoriano aveva otto anni, del concorso del campanile di 164 metri, il più alto del mondo per il Duomo, cosa può averlo ispirato nel riproporlo con una struttura alta oltre cento metri realizzata con tubi innocenti, se non l’idea costruttivista?

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Vito Viganò, campanile del Duomo di Milano – 1927

Vito Viganò, campanile del Duomo di Milano - 1927 e Vittoriano Viganò, Verticale in Piazza Duomo, struttura di tubi Innocenti – 1961

Vittoriano Viganò, Verticale in Piazza Duomo, struttura di tubi Innocenti – 1961

Viganò in quella occasione chiamò a collaborare gli artisti d’avanguardia dell’arte cinetica del Gruppo T, (Anceschi, Boriani, Colombo, Devecchi e Varisco) che vi installarono grandi pannelli colorati che si muovevano al vento.

Ma anche la Voliera, opera altrettanto effimera realizzata nel 1954 per la X Triennale, non è da meno in quanto a originalità e alla connotazione costruttivista. Un cono capovolto di rete di nylon appesa a una struttura tenuta da tiranti a circa 12 metri di altezza, al cui interno bianche strutture di metallo si librano liberamente in volo insieme agli uccelli che ospita.

X TRIENNALE – VOLIERA - 1954

X TRIENNALE – VOLIERA – 1954

Ma c’è da considerare anche il progetto di risistemazione del Parco Sempione con la grande struttura a ponte che si proietta nell’intorno urbano oltre la ferrovia, elaborato per la X Triennale e sul quale si impegnò per anni. Grande progetto urbano nel quale seppe coniugare una visione costruttivista con un approccio ambientalista ante litteram.

MODELLI DEL SECONDO PROGETTO DEL PARCO SEMPIONE 1978-84.

MODELLI DEL SECONDO PROGETTO DEL PARCO SEMPIONE 1978-84.

MODELLI DEL SECONDO PROGETTO DEL PARCO SEMPIONE 1978-84.

MODELLI DEL SECONDO PROGETTO DEL PARCO SEMPIONE 1978-84.

Un progetto di ridisegno complessivo del parco, che nelle sue intenzioni si sarebbe ampliato, interrando tutte le strade carrabili, fino ad inglobare piazza Castello e il primo tratto del corso Sempione. Unico intervento poi realizzato insieme alla pedonalizzazione dell’area intorno all’Arco della Pace, con un seguito di feroci polemiche.

VISTA DELLA SISTEMAZIONE INTORNO ALL’ARCO DELLA PACE 1979-87

VISTA DELLA SISTEMAZIONE INTORNO ALL’ARCO DELLA PACE 1979-87

Credo che queste opere siano più che sufficienti per sostenere la mia tesi, frutto più che altro di un’intuizione tutta da verificare, non essendo io né un critico né uno storico dell’architettura. Ma, proprio un progettista, come Vittoriano.

Mi esprimo in modo assertivo soprattutto per favorire un confronto d’idee anche in vista del contributo, certamente molto documentato e colto, di Paolo Portoghesi chiamato dagli organizzatori a mettere l’ultima parola con una sua lectio magistralis il 16 dicembre in occasione della chiusura della mostra.

Anche a Portoghesi sono legato da sentimenti di stima e affetto, perché ho un forte ricordo delle vicende che ci videro più di mezzo secolo fa, nel ’68, lui preside della Facoltà e io giovane docente, in una comune lotta per il miglioramento degli studi di architettura, l’autogoverno dell’università e la democrazia.

Ma possibile che si debba scomodare da Roma Paolo Portoghesi, quasi novantenne, per spiegare ai milanesi chi è stato Vittoriano Viganò?

Emilio Battisti



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