22 novembre 2019

MASCHILISMO D’ANTAN. DESTRA E SINISTRA CONTRO MISS ITALIA

Il corpo della donna tra moralismo e marketing


PER COMINCIARE - Una divertente cronaca degli anni in cui la sessuofobia dei politici conservatori li faceva cadere nel ridicolo e ci restarono impigliati anche personaggi di spicco come Oscar Luigi Scalfaro che fu Presidente della Repubblica. Anche il vecchio PCI dovette confrontarsi col problema delle miss, delle regine e reginette. Il "comune senso del pudore" quello dell'Articolo 527 del Codice Penale era il manganello impugnato dai conservatori che inseguivano un Paese del quale non ammettevano il cambiamento.

Marossi_1Correva l’anno 1929, il 9 maggio, e i prefetti emisero la circolare 17.114 che recitava: “In occasione pubbliche feste, segnatamente durante la stagione estiva, è invalso uso indire concorsi di bellezza, proclamazione reginette, principesse, ecc. creazione vuota ed effimera popolarità può essere causa traviamenti spirituali e peggio. Provvederanno pertanto a vietare queste forme pericolose esaltazione vanità femminile, nonché parodia di cose molto serie”. Aveva inizio la guerra contro le miss che avrà in Milano il suo epicentro.

Nel 1938 la rivista Grandi Firme “Settimanale di novelle dei massimi scrittori diretto da Pitigrilli” che pubblica racconti anche lievemente licenziosi e che in questa serie ha le copertine ammiccanti di Boccasile e la direzione di Cesare Zavattini lancia il primo concorso per miss: “Signorina Grandi firme”, ma il regime non apprezza e la testata di proprietà Mondadori, nonostante fosse arrivata a vendere 250.000, copie viene chiusa. Zavattini, sempre con Mondadori, lancia una nuova testata dalla vita breve “Il Milione” e ritenta la strada del concorso riducendo però la superficie fisica interessata: “5.000 lire per un sorriso“, sponsor è un dentifricio.

L’ideatore del concorso è un giovane pubblicitario impegnato politicamente: Dino Villani. Suzzarese come Piero Caleffi che lo aveva presenta a Guido Mazzali (redattore de “l’Avanti” e uno dei più stretti collaboratori di Nenni), con il quale Villani collabora dal 1929 alla rivista “L’ufficio moderno” ovvero la prima rivista di pubblicità, design e marketing, di cui diverrà consigliere delegato; con Mazzali fonda nel 1931 il GAR Gruppo Amici della Razionalizzazione con Adriano Olivetti, Roberto Tremelloni, Libero Lenti, Ferdinando di Fenizio, Ignazio Weiss, Lelio Basso, Piero Caleffi, Virgilio Dagnino, Aldo Oberdorfer, Enzo Ferrieri, Antonio Valeri e altri.

L’Ufficio Moderno e il GAR, sono stati, scrive Intini, il perno di un mondo milanese che nonostante il fascismo già costruiva la modernità e guardava al futuro, conciliando solidarietà sociale e spirito imprenditoriale. Entrambi le iniziative cessarono di vivere per intervento del regime.

Mentre Mazzali però si dedica principalmente alla politica nonostante grandi successi pubblicitari (suo lo slogan “Chi beve birra campa cent’anni”), Villani assunto nel 1938 alla Motta (sua è la “M” stilizzata della Motta, sua l’idea della colomba di Pasqua, per recuperare la filiera del panettone natalizio, sua l’idea di premiare con un panettone gigante i vincitori di tappa del Giro d’Italia), diventerà il numero uno della pubblicità italiana.

Marossi_2Quanto a Miss Sorriso alle 5.000 lire in titoli di Stato si aggiungono altri premi, dal corredo alla cucina a gas a 6 paia di calze; del resto era il tempo della canzoncina di Carlo InnocenziSe potessi avere mille lire al mese”. Il successo dell’iniziativa fu grande grazie anche all’uso della radio e il concorso proseguì negli anni successivi in collaborazione con la rivista Grazia.

Sospeso per la guerra, il concorso riprende nel 1946, sempre grazie a Villani. Aperto a tutte le donne tra i 16 e i 25 anni si svolge a Stresa al Grand Hotel Borromées, ma cambia nome: “Miss Italia – La Bella italiana” e si ritorna al corpo intero altro che sorriso. Preceduto da selezioni regionali, provinciali, ma anche di balera, di festa paesana, con hotel, aziende di soggiorno, sponsor locali che animavano una fittissima rete di eventi ha ancora come sponsor principale la divisione cosmetici della milanese Carlo Erba.

La prima giuria è composta da nomi famosi: Arrigo Benedetti, Vittorio De Sica, Luchino Visconti, il pittore Carrà, Macario, Isa Miranda, Cesare Zavattini, lo stesso Villani. Per la scelta della vincitrice si narra che Villani così abbia interpellato i giurati: “Volete eleggere la ragazza da dare in sposa a vostro figlio (Rossana), o quella che vorreste come amica … (Silvana)?” Vince ovviamente la prima Rossana Martini, mentre in sala si scatena una feroce protesta ma altrettanto ovviamente il successo in carriera e popolarità arriderà alla seconda, l’indimenticata Silvana Pampanini

Nel 1948 irrompe sullo scenario la politica, vince Fulvia Franco, triestina poi attrice e moglie di Tiberio Mitri che si impegnerà in una pubblica difesa dell’italianità di Trieste (la Franco donò il premio in denaro vinto a Stresa, equivalente a 100.000 lire, all’associazione dei profughi giuliani) che “l’Avanti”, così commentava: “ La fortunata triestina inizierà ora il suo giro nei venti alberghi italiani che la vogliono ospite per una settimana; dopo andrà all’estero, in Europa e in America a fare propaganda per il nostro Paese. I vecchi delegati dell’ONU appena la vedranno ci ridaranno subito Trieste; poiché per questo è stata eletta. Noi abbiamo troppo rispetto per Trieste per approvare che la sua difesa davanti al mondo sia affidata ad uno slip e ad un paio di gambe. Non comprendiamo perché oltre al danno dobbiamo avere la beffa.”

Il successo del concorso è straordinario e va di pari passo con la diffusione dei rotocalchi cui fa da traino e che a loro volta trainano: Oggi arriva a tirare 750.000 copie, Epoca 500.000, Tempo 400.000, Grand Hotel il milione di copie, Novella 400.000.

Le giurie erano composte da figure di primo livello nel mondo dello spettacolo, del giornalismo, della cultura Gino Cervi, Giorgio De Chirico, Ettore della Giovanna, Armando Falconi, Rino Albertarelli, Gino Boccasile, Bruno Corra, Arnaldo Fraccaroli, Vittorio De Sica, Marco Ramperti, Leonida Rèpaci, Lucio Ridenti, Dino Villani, Edoardo Visconti di Modrone, Cesare Zavattini, Salvator Gotta, Arturo Tofanelli, Corrado De Vita, Edilio Rusconi, Orio Vergani. Villani volle coinvolgere anche i suoi amici pittori: Achille Funi, Bernardino Palazzi, Felice Carena, Salvatore Fiume e cinematografari: Dino Falconi, Dino De Laurentis, Roberto Forges Davanzati, Sandro Pallavicini, Carlo Ponti, Cristaldi e Mambretta, Antonioni, Genina e Steno, Totò, Gilberto Govi, Carlo Dapporto, Alberto Sordi.

Un fenomeno di costume così imponente, coronato anche da decine di imitazioni, non poteva lasciare indifferente la politica ed in un crescendo di polemiche denunce e scandali si arrivò al 1954 quando venne presentato a firma dell’onorevole Bortolo Galletto della Democrazia Cristiana il Disegno di legge n. 661, Articolo unico: “Sono vietati i concorsi di bellezza e le manifestazioni del genere. Gli organizzatori e le concorrenti saranno puniti con la ammenda da lire 5.000 (cinquemila) a lire 50.000 (cinquantamila).”.

Scriveva il politico: “Ci rendiamo perfettamente conto delle proteste sollevate da gente interessata in questo genere di manifestazioni, notevoli danni potranno subire certi locali di lusso dove i concorsi si svolgono, ma il danno morale provocato da codeste iniziative è talmente grave da richiedere un provvedimento proibitivo e radicale…Esperti in materia hanno dichiarato che le concorrenti a queste deprecabili gare furono circa ottantamila nel 1952, centomila nel 1953 e che queste cifre saranno superate nell’anno 1954. Queste manifestazioni, che in genere si svolgono in ambienti lussuosi od equivoci, favoriscono le corruzioni e facilitano i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume. Per questo chiedo un provvedimento radicale che porti alla cessazione di codeste manifestazioni certamente dannose per la nostra gioventù e lesive del decoro e della tradizionale onestà del nostro paese”.

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Prima del disegno di legge vi erano stati i provvedimenti anti bikini e la polemica Scalfaro.

Nel 1953 il bikini creato nel 1946 dallo stilista Louis Reard che le concorrenti di Miss Italia avevano utilizzato nel 1947, veniva vietato con una circolare del Ministero perché “nel periodo estivo erano soliti effettuarsi i concorsi di bellezza durante i quali le concorrenti usavano esibirsi in costumi da bagno ridotti a proporzioni minime, che contrastano con le più elementari esigenze del pudore e della decenza”.

Ancora nel 1957 il manifesto del film di Dino Risi, “Poveri ma belli” che mostrava una Marisa Allasio ammiccante in due pezzi, scandalizzò Pio XII al punto da causarne il sequestro il giorno dopo l’uscita; mentre ancora il 6 agosto 1963 il ministro dell’Interno inviava una circolare ai questori in cui vengono indicate perfino le misure per i costumi da bagno di ambo i sessi “onde evitare un abbigliamento eccessivamente succinto quindi lesivo delle regole del pudore e della decenza”. Il documento conteneva in allegato un grazioso modellino in scala 1/5 di un paio di slip maschili regolamentari.

La vicenda Scalfaro, che fu il sottosegretario incaricato di seguire i concorsi, è nota: Scalfaro a pranzo un ristorante con altri due deputati Dc, Sampietro e Titomanlio aveva inveito contro una signora, Edith Mingoni in Toussan, rea di essersi tolta un bolerino mettendo in risalto le spalle e la scollatura, gridando: “Se è vestita a quel modo è una donna disonesta. Le ordino di rimettere il bolerino”. La signora era una militante del Movimento Sociale Italiano figlia di un pluridecorato colonnello dell’aeronautica, e moglie di un ufficiale che entrambi sfidano Scalfaro a duello.

La vicenda si gonfiò e approdò al dibattito parlamentare, dove Scalfaro definì la signora una “donna che non è più privata”. Scalfaro fu querelato ma la commissione parlamentare per le autorizzazioni a procedere, di cui lo stesso Scalfaro era componente, rinviò la discussione finché il reato fu amnistiato.

Il futuro presidente della Repubblica finì ricoperto dal ridicolo anche perché rifiutò il duello e fu accusato di codardia su “l’Avanti” financo dal principe Antonio Focas Flavio Comneno de Curtis, in arte Totò: “Abusi del genere comportano l’obbligo di assumerne le conseguenze, specialmente per uomini responsabili, i quali hanno la discutibile prerogativa di essere segnalati all’attenzione pubblica, per ogni loro atto. Non si pretende da Lei, dopo il rifiuto di battersi, una maggiore sensibilità, ma si ha il diritto di esigere che in incidenti del genere, le persone alle quali il sentimento della responsabilità morale e cavalleresca è ignoto, abbiano almeno il pudore di sottrarsi al giudizio degli uomini, ai quali questi sentimenti e il coraggio civile dicono ancora qualcosa”.

Ovviamente ispiratore ideale di tutte queste campagne era sua santità il papa che aveva invitato gli italiani a “non abbandonarsi alla concupiscenza della carne”; mentre i vescovi erano intervenuti leggendo nelle chiese l’”avviso sacro” che prevedeva tra l’altro: “…Saranno privati della benedizione pasquale delle case gli organizzatori diretti dei concorsi di bellezza femminili, i membri delle giurie, coloro che ospitano la manifestazione nei propri locali e le famiglie delle partecipanti… Le figliole che si siano presentate ad un concorso di bellezza, in caso di matrimonio, avranno il trattamento previsto dalla costituzione sinodale 317; il matrimonio, cioè, sarà celebrato solo nei giorni feriali, nelle primissime ore del mattino ed esclusa qualsiasi solennità esterna.

Marossi_6In questo clima da commedia all’italiana tra le prime risposte parlamentari, ancorché non proprio improntate alle femministe, quella del socialista (PSI poi PSIUP) calabrese Francesco Geraci, antifascista presidente dell’ordine degli avvocati: “Si perseguitano le magnifiche bagnanti che affollano le nostre spiagge in un suggestivo scenario di luce e di azzurro, e si mette alle loro spalle il birro, che caccia le sue mani sacrileghe in quei magnifici bikini o in quei vaporosi slip che esse, per la gioia nostra e per la loro, confezionano con finissima arte, quella che Renan aveva detto essere la più razionale delle arti! … da questa concezione governativa della moralità pubblica, vi possano essere dei collitorti i quali, quando vedono le spalle di una donna, si ricordano che questa, attraverso il pensiero dei padri della Chiesa, era la mala bestia, la ianua inferi, come disse Tertulliano, e gridano allo scandalo ed alla perdizione!”

E del senatore anch’egli prima PSI poi PSIUP, anch’egli insigne avvocato Giacomo Picchiotti, relatore sulla legge Galletto che sostenne: “Non è il caso di indugiarsi qui a trattare il concetto di oscenità sia dal punto di vista artistico sia per quel che riguarda le manifestazioni esibizionistiche in pubblico. Lo faremo se dovremo chiarire più diffusamente il nostro pensiero. Ricordiamo solo ora che il bello non dissolve il costume né abbrutisce il pensiero. La bellezza naturale insieme con l’arte sono filtri prodigiosi attraverso i quali anche la oscenità, se fosse tollerata, si idealizza e l’anima non può risentirne scosse. Ogni tentativo di restrizione costituisce un sicuro fallimento o quel che è peggio acuisce il desiderio e lo rende più violento ed impudico. I concorsi di bellezza dei quali ogni giorno si trova cenno nei giornali e che costituiscono normali manifestazioni in tutti i paesi del mondo dai più caldi ai più freddi, non costituiscono offesa alla dignità e al decoro della donna italiana né il colpo di clava alla morale delle famiglie. Essi sono entrati come innocente svago e stimolo nella consuetudine di ogni giorno per esaltare la grazia e la bellezza muliebre siano quelle di una gran dama o di una modestissima fanciulla”

L’offensiva anti miss non si svolgeva solo con decreti e circolari ma anche con contro manifestazioni. Scrive Marzia Leprini nella tesi di dottoranda, da cui ho tratto l’impianto di questo articolo, dal titolo Le olimpiadi della bellezza Storia del concorso di Miss Italia 1946-1964: “nel 1951 nasceva il Concorso per eleggere la Donna Ideale, prima con sede a Roma poi a San Pellegrino Terme, che premiava colei che avesse mostrato di adempiere perfettamente ai propri compiti di madre, moglie, massaia. A promuoverlo un comitato composto dagli onorevoli Tambroni, Delli Castelli e Giorgio la Pira…La manifestazione si sviluppava attraverso singole gare come quella di bellezza e folklore per cui le candidate dovevano presentarsi nel costume tradizionale: la gara di lavoro si svolgeva in pubblico per la durata massima di 8 ore, durante le quali le concorrenti dovevano cimentarsi tra ricamo, cucito, merletto, maglia; la gara di gastronomia prevedeva che ogni concorrente avrebbe dovuto indicare sei piatti tipici e tradizionali (due primi, due pietanze con contorno e due dolci) tra cui i giudici avrebbero stabilito il piatto da approntare e la durata della preparazione dello stesso. “

Il concorso “Donna Ideale italiana” e “Donna Ideale Europea” si è tenuto fino agli anni ’80. Nel 1956 Camilla Cederna e Arrigo Benedetti dell’Espresso furono querelati per un rendiconto del concorso così titolato: “Con uno scoppio di stupidità finisce l’estate”; ospiti di onore erano stati Fred Buscaglione, Domenico Modugno, Mike Bongiorno, Sofia Loren, Enzo Tortora, Giorgio De Chirico, Pippo Baudo, Franco Zeffirelli, Giulio Andreotti.

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Ma gli avversari delle miss non erano solo i bigotti cattolici, parte della sinistra non era di meno; nel 1947 “l’Avanti” scriveva: “Non c’è città, ormai, paese, borgata che non abbiano eletto una miss come rappresentante della bellezza muliebre locale. E quasi non bastasse sono stati escogitati, un po’ ovunque, concorsi suppletivi per eleggere “miss” la fanciulla in possesso delle più belle gambe, del più bel sorriso, dei più begli occhi, ecc. Attenzione ragazze! Siamo sulla strada dell’inflazione. Tra breve non vi sarà più donna che non possa vantarsi d’aver vinto un concorso di bellezza. Avremo la “miss” per i più begli avanbracci, per le più belle unghie, per il miglior alluce, o per i migliori peli superflui”, peraltro quello stesso anno a ricevere il presidente Einaudi alla Fiera Campionaria era stata proprio la miss Italia di allora.

Ancora nel 1964 “l’Avanti” ribadiva “Il nome che trionferà godrà del bagliore di un attimo e molto difficilmente balzerà da Salsomaggiore in poi alla ribalta del firmamento artistico, a meno che non possa contare, come a volte è accaduto, sulla complicità di qualche influente e premurosa personalità del mondo dello spettacolo”. Insomma per far carriera bisognava darla via anche se si era una miss. Così mentre i parlamentari socialisti si battevano contro la censura e l’organizzatore del concorso era un vecchio socialista, la linea politica del partito sui concorsi e le miss era di netta chiusura

I comunisti più pratici invece, con l’Associazione “Amici de l’Unità” avevano iniziato dopo il 1945 a organizzare concorsi in cui veniva eletta la “stellina dell’Unità”, che non doveva essere solo bella ma anche intelligente!

Come sempre i comunisti sottolineavano la loro diversità e il primo premio era una macchina per cucire. Ma non ebbe grande successo. Allora si passò a “Vie Nuove”, il rotocalco popolare del PCI, fondato e diretto da Luigi Longo e poi da Maria Antonietta Macciocchi che lanciò Miss Vie Nuove con un apparato di supporto molto intellettuale e militante: Leonida Repaci, Alberto Moravia, Elsa Morante, Carlo Levi, Brunella Bovo, Carlo Bernari, Aldo Vergano, Carlo Lizzani, Massimo Girotti, Flora Volpini, Irene Genna, Armenia Balducci, Roberto Battaglia, Vittorio Gassman, lo scultore Leoncillo Leonardi, Marco Cesarini Sforza, Cesare Zavattini, Renato Rascel e Giulietta Masina.

Con pragmatico opportunismo ex-concorrenti di Miss Italia come Gina Lollobrigida, Lucia Bosè e Silvana Mangano collaborarono con il premio comunista di cui Sofia Loren fu addirittura la “madrina” nel 1954 come avevano fatto peraltro con il premio democristiano Donna Ideale. L’unica miss uscita da “Vie Nuove” ad acquistare notorietà fu Edy Campagnoli che diventerà la più famosa valletta di Mike Bongiorno. Bisognerà attendere il festival dell’Unità di Pesaro nel 1970 perché dopo una dura contestazione delle iscritte si ponga fine alle miss comuniste.

Marossi_4Nonostante l’ostilità a destra e a sinistra Miss Italia la ebbe vinta: la proposta di legge Galletto finì nel dimenticatoio, il bikini fu “liberalizzato” e le Miss Italia restarono riferimento ideale di certo immaginario maschile tant’è che solo nel 1990 fu abolita la misurazione 90-60-90 (seno-vita-fianchi) delle concorrenti ritenuta “offensive della dignità” e solo nel 1994 il concorso venne aperto alle donne sposate e alle mamme. Scrive ancora la Leprini: “Parlare di Miss Italia come vettore della emancipazione femminile risulta azzardato, come è palesemente forzato vedervi la sfilata di corpi privi di volontà, preda delle grinfie del potere commerciale della società capitalistica”, tuttavia un ruolo non secondario nella storia del costume l’ha avuto.

Quanto a Dino Villani che nel 1952 con Orio Vergani ed alcuni amici aveva fondato nel ristorante dell’Hotel Diana a Milano l’Accademia della Cucina, intuendo la potenzialità del cibo made in Italy e con Zavattini,aveva ideato il premio Suzzara, con lo scopo di avvicinare l’ arte ai non specialisti mettendo in giuria un operaio, un contadino e un impiegato con lo slogan “Un vitello per un quadro non abbassa il quadro ma innalza il vitello” alla fine degli anni cinquanta abbandona l’organizzazione di Miss Italia inventandosi altri premi e concorsi: “La sposa d’Italia” (Necchi) e il “Premio San Valentino” (Saiwa e Alemagna, poi Zucchi), che diventano feste nazionali senza esserlo. Docente in Bocconi e presidente della Federazione della Pubblicità Italiana muore nel 1989 e proprio in questi giorni nel trentennale la sua città Suzzara gli dedica un convegno.

L’aspetto più simbolico della vicenda è che a Dino Villani l’inventore di Miss Italia e delle maggiorate a sostegno del dentifricio si deve anche l’invenzione della Festa della Mamma questa volta a sostegno dei floricultori liguri.

Walter Marossi



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