19 novembre 2019
“MODELLO MILANO”? NO, MA ….
I “Quaderni di Arcipelago”, contributi alla conoscenza della città
19 novembre 2019
I “Quaderni di Arcipelago”, contributi alla conoscenza della città
Da tempo consideriamo sbagliato e fuorviante parlare di “Modello Milano”. Autodefinirsi o essere definiti “modello” è contradditorio per la cultura milanese generalmente condivisa, una cultura che fa dell’understatement una sua caratteristica storica: il successo di Expo2015, la moda dello storytelling e del marketing urbano e le ansie elettorali hanno un po’ distorto questa cultura sobria e garante. Noi preferiamo parlare di “caso Milano” come oggetto di studio e di riflessione.
ArcipelagoMilano ha ritenuto opportuno offrire un suo contributo per capire meglio i principali fattori del cambiamento dell’economia cittadina. Nulla di più di un contributo, salvo la voglia di scavare un po’ a fondo in un contesto cittadino in cui si resta troppo spesso solo in superficie. Al momento abbiamo in programma tre quaderni: due dedicati a due capitoli positivi di sviluppo (con tutti i loro limiti), uno a un capitolo fondamentale di mancato sviluppo, Headquarter aziendali a Milano, Turismo a Milano e Milano città universitaria.
Non esistono rilevazioni ufficiali sull’andamento dell’economia milanese. Se esistessero, concorderebbero nel dire che l’economia di Milano si muove da alcuni anni di buon passo. La recente pubblicazione dell’Osservatorio Assolombarda 2019 conferma questa valutazione, probabilmente con una buona dose di ragione. Per la precisione, ci stiamo riferendo a Milano in senso stretto, la Milano del Comune di Milano.
Allo stesso tempo non è facile trovare una riflessione strutturata, nemmeno sullo stesso Osservatorio, su quali siano oggi e sono stati finora i principali driver di questa buona dinamica economica. Il nome di Milano è fortemente collegato, in Italia e ancor più fuori Italia, alla moda e al design&mobile. In effetti Milano fa parte del quadrilatero Parigi-Milano-Londra-New York per quanto riguarda la moda e i suoi eventi e ospita la più importante exhibition mondiale del design&mobile. Ciò che è cresciuto nel tempo a Milano nei due settori tuttavia è quasi solo il business di exhibition e networking (non poca cosa comunque). La presenza in Milano di sedi relative, in senso vasto, alla filiera della moda o del lusso non ha subito modifiche importanti. Le più rilevanti aziende italiane del design&mobile hanno mantenuto le loro sedi storiche collocate soprattutto a Nord di Milano. I driver del buon andamento dell’economia milanese vanno quindi cercati prevalentemente altrove.
La modifica più significativa del tessuto economico milanese avvenuta di recente è sotto gli occhi di tutti, ma nessuno finora ne ha raccontato le cifre e le caratteristiche, di là del grande impatto immobiliare che essa ha avuto e sta avendo in alcune zone della città. Ci riferiamo all’espandersi in modo vistoso del numero di aziende che hanno scelto Milano come città dove collocare il proprio quartiere generale. Obiettivo del primo quaderno è redigere un elenco ragionato di questi Headquarters e collocarli sulla mappa del Comune di Milano e dei suoi immediati dintorni. Si tratta di 126 sedi direzionali con circa 85.000 occupati. Cui si aggiunge un numero almeno triplo di mini-sedi direzionali di aziende che hanno la loro sede altrove ma che per tanti motivi hanno la loro “ambasciata” a Milano. Per un totale di quasi 100.000 persone. Queste sedi direzionali sono state alla base delle due grandi trasformazioni urbanistiche di Milano nell’ultimo decennio (Porta Nuova e Citylife).
La seconda modifica, vissuta a Milano con un misto di soddisfazione e d’insofferenza, è legata al fatto che Milano è entrata quasi inavvertitamente nel novero delle grandi città turistiche. Ha fatto progressi importanti in quest’ambito ma un po’ per caso: ne può fare ancora molti. Anche perché il turismo internazionale è un settore a domanda pressoché infinita. Malpensa a parte, l’ulteriore successo del turismo a Milano è affidato a operatori che fanno mediamente bene il loro mestiere o comunque lo fanno meglio di ieri. Può crescere ancora molto senza presentare esigenze di grandi interventi. Ha bisogno solo di miglioramenti continui e tanta manutenzione minuta, tutta o quasi tutta alla portata della città di Milano.
Nessun altro pezzo di economia milanese si trova in questa quasi beata situazione. Ma il turismo milanese ha anche bisogno di essere capito. Dopo attenta lettura ci siamo accorti che il Comune probabilmente sottovaluta, e di parecchio, la dimensione e l’importanza del turismo a Milano. Ma non è un caso. Il turismo non fa parte del DNA storico della città. A Milano, cultura, università, politica, sindacato ecc. non hanno mai speso energie per capire questo “strano” settore. Bisognerebbe capire capire perché città come Londra, Parigi, Barcellona, Amsterdam e Copenhagen dedicano al turismo ben altra attenzione. Nonostante successi evidenti, Milano è ancora molto indietro in termini di capacità di attrazione di alcuni dei flussi turistici più interessanti.
Il terzo quaderno riguarda invece la portante “monca” dello sviluppo di Milano. Milano, che solo un secolo e mezzo fa si è data la prima università, è divenuta uno dei grandi poli universitari d’Europa, il più importante polo universitario d’Italia. Ma le università di Milano, fatte salve poche eccezioni, escono malconce da un pur rapido benchmarking internazionale.
Londra, Zurigo, Monaco, Manchester, Amsterdam e Barcellona possono contare su università di prestigio e in continuo fermento. Le università di Milano sono invece rimaste in buona parte avvolte in una bolla autarchica ed autoreferenziale. Di questo a Milano si parla troppo poco, e quel poco è di solito molto laudativo nei confronti delle sue università.
Con un paio di lodevoli eccezioni (Bocconi e qualche pezzo del Politecnico) l’università milanese non è un fattore di sviluppo. E la città di Milano non fà nulla perché i tanti studenti che “vengono da fuori” si sentano a casa loro. Lo stesso Osservatorio Assolombarda 2019 appena pubblicato dedica all’università poche valutazioni, quasi tutte improntate ad un ottimismo immeritato. Questa disattenzione è forse la cosa che più di altre fa temere che l’attuale fase un po’ magica di Milano abbia il fiato corto.
I quaderni sono un nostro contributo per capire meglio la città. Per migliorare ciò che funziona e per mettere mano a ciò che funziona poco e male. Nella speranza/convinzione che vi sia la volontà, in una visione olistica della città, di consolidare e garantire trend di sviluppo che sono gli ingredienti indispensabili per i due “grandi” obbiettivi di oggi: riduzione delle disuguaglianze e inclusione.
L. Beltrami Gadola e GC. Lizzeri
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