22 dicembre 2019
L’ALBA DIFFICILE DI “MILANO 2030”
Un piano di governo del territorio inadeguato
22 dicembre 2019
Un piano di governo del territorio inadeguato
Questo PGT proprio non mi piace, per molti motivi anche di carattere generale. Siamo lontani da una nuova urbanistica che non sia la ripetizione di vecchi slogan, di impegni irrealizzabili, di inadeguatezza rispetto ai cambiamenti, di mancate analisi: ricalca obbiettivi e argomenti dei passati PGT senza domandarsi perché non siano stati raggiunti. “Perseverare diabolicum”.
Racconto una storia, forse un po’ noiosa ma è una storia milanese. Ripeto cose già dette ma se perseverare è diabolico è altrettanto vero che “repetita iuvant”.
Con l’approvazione in Consiglio Comunale si è dunque concluso l’iter di adozione del Piano di Governo del territorio, iter di fatto cominciato il 29 maggio dell’anno scorso con la presentazione da parte dell’assessore Maran dei punti chiave del nuovo PGT : “progetti e cantieri che cambieranno Milano nei prossimi anni” nel quadro di una più ampia operazione partita il novembre 2017, intitolata “Milano 2030, idee per la città che cambia”. Visti gli argomenti trattati negli incontri alla Triennale, si era illustrato qualcosa che assomigliava a un piano strategico per la città con un orizzonte al 2030: qualcosa di ben diverso da un Piano di Governo del Territorio come lo intende la Legge Regionale 12.
Il PGT nelle sue tre articolazioni – Documento di piano, Piano dei servizi e Piano delle regole –dovrebbe mirare a definire gli aspetti fisici della città, i relativi cambiamenti e non il suo uso: parlare di uso della città non è quello che chiede la legge 12 e invece molto si è parlato proprio di uso della città. Le relazioni tra l’uso previsto – desiderato – della città e la sua fisicità erano apparse labili, per altro comunque difficili da individuare ma soprattutto del tutto aleatorie perché non precedute da una seria “analisi dei bisogni”.
Il PGT approvato è, come per il passato, un’invasione di campo da parte dell’urbanistica, quella della Legge Regionale 12, mirando, impropriamente e illegittimamente a definire in sostanza la strategia di governo complessivo della città “orizzonte 2030”.
Dunque oggi si è consolidato un “costume politico” di inversione logica: prima si sarebbero dovuti definire i contenuti programmatici generali – la “visione” della città con le relative argomentazioni e discuterne in Consiglio Comunale – poi disegnare un PGT che definisse i contenitori fisici necessari a dar corpo al programma di governo, programma che ci piacerebbe poter chiamare piano strategico di sviluppo.
Il PGT è fatto di norme, definisce spazi, volumi, destinazioni d’uso e il suo requisito essenziale dal punto di vista giuridico è la sua certezza nei confronti degli operatori e della stessa amministrazione chiamata a farlo rispettare dunque non può accogliere indicazioni di indirizzi e tantomeno programmi. Inserire questi contenuti anche solo in una lunga premessa è sbagliato oltreché pericoloso.
Nel comunicato stampa di lunedì scorso (14.10), ci sono cose già dette anni fa, altre divagazioni di pura fantasia autoreferenziali ma, nel caso fossero operazioni future, del tutto prive di quello che concerne la cosiddetta copertura finanziaria. Di più, si è ribadito il contributo dei privati alla soluzione del problema dei beni comuni, della realizzazione di alloggi a canone moderato in affitto o in vendita, contributo di cui ho ragione di dubitare dopo cinquanta e più anni di osservazione del settore delle costruzioni: se c’è, è sempre un concambio sfavorevole per la pubblica amministrazione. C’è squilibrio tra benefici alla rendita e utilità: affidarsi alla collaborazione pubblico-privato vuol anche dire aspettare che il privato ne veda la convenienza e i tempi delle sue decisioni non coincidono quasi mai con le “necessità” della pubblica amministrazione.
Resta irrisolto e non affrontato il problema della “partecipazione” all’elaborazione del Piano di Governo su due aspetti fondamentali: la “natura” delle osservazioni e la possibilità di farle in relazione all’informazione disponibile.
Le osservazioni sono limitate ad aspetti specifici del PGT non possono avere carattere generale anzi se hanno questo contenuto, vengono respinte proprio perché mettono in discussione l’impianto generale, mai pubblicamente discusso.
Il comune cittadino, comunque coinvolto poi dai cambiamenti, non è in grado di capire come alcune operazioni potranno cambiare la sua vita. Offrire al riguardo una comunicazione è difficile, lo capisco, ma essenziale: bisogna predisporre documenti, anche con tecniche di comunicazione grafica e multimediale, che chiudano questo iato tra informazione e decisione dei cittadini.
Chi si è sentito oggi attraverso il meccanismo delle osservazioni? Operatori immobiliari, proprietari di aree e di edifici, professionisti del settore, gruppi di cittadini autonomamente organizzati e che si oppongono alle grandi trasformazioni delle quali sono venuti a conoscenza e che li riguardano da vicino.
Dunque a esprimersi sono solo pochi e particolari.
A tutti i cittadini interesserebbe sapere che cosa effettivamente si intenda per “città del 2030”, capire che mutamenti siano previsti e da chi, in base a quali scenari: che società e con quali rapporti tra soggetti, quali gli attori principali, quali attività lavorative si prevedano, che tipo di mobilità, quale welfare sarà possibile, che densità, che clima. E sono solo alcuni aspetti tutti in qualche modo legati a scelte urbanistiche.
Solo così finalmente anche i giovani, dei quali tanto si parla, di cui ci si preoccupa spesso solo a parole, avranno modo di capire qual è il futuro che gli si prospetta mentre oggi sono del tutto esclusi dalla possibilità di determinarlo. Che presenza hanno oggi?
Per il momento dibattito e confronto si muovono essenzialmente dentro il consueto steccato: rendita fondiaria versus verde e ambiente, uno steccato troppo angusto.
Prima di chiudere molto provvisoriamente il discorso, una sola curiosità, anzi una domanda: si è calcolato quanti metri cubi di nuova edificazione saranno potenzialmente realizzabili con questo PGT? Si è tenuto conto che a ogni nuovo metro cubo é necessaria una quantità di verde? Dato che lo spazio urbano è quello che è, ci sarà o no un momento in cui l’impossibilità di trovare altro verde fermerà l’edificazione? Forse, more italico, si farà come per l’inquinamento dell’acqua: si cambiano i parametri. Meno verde ad abitante. Il gioco è fatto!
Ma se quel che fatto è fatto e il PGT è quello che è, a meno di qualche consueto ricorso al TAR che rimetta in gioco tutto, perché parlarne? Perché criticarlo?A futura memoria.
Luca Beltrami Gadola
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