22 ottobre 2019

DOV’È UN “VERO” RUOLO PUBBLICO SULLA “MILANO 2030”?

Chi pensa ad un piano energetico della città?


La volontà di accompagnare Milano verso il 2030, questo è il proposito del PGT approvato dal Consiglio Comunale, al fine di attuare da tre finalità: estendere il buon momento di Milano a tutte le fasce anagrafiche e sociali, allargare la crescita a tutti i quartieri, coniugare lo sviluppo con il miglioramento delle condizioni ambientali, di qualità della vita, dell’offerta di verde. Ciò si traduce in 5 obiettivi: 1) Una città connessa, metropolitana e globale, 2) Una città di opportunità attrattiva e inclusiva, 3) Una città green, vivibile e resiliente, 4) Una città composta da 88 quartieri da chiamare per nome, 5) Una città che si rigenera.

Nella presentazione c’è una affermazione forte di esercizio di una soggettività politica pubblica attraverso il PGT: “L’urbanistica non può tutto in una città, ma su alcuni punti deve creare politiche forti per conseguire questi risultati.”. Una prima analisi del PGT, alla luce della sua genesi, solleva grosse perplessità sulla tenuta di questa affermazione di soggettività pubblica e degli obiettivi dichiarati.

Se è indubbio che Milano cerca di adeguarsi agli indirizzi europei legati alla sostenibilità e alla qualità del vivere urbano, rispondendo anche alle principali mobilitazioni civiche che hanno interessato alcune aree della città, dalla Goccia della Bovisa a Piazza d’Armi, è altresì chiaro che la definizione e la regolamentazione delle Grandi Funzioni Urbane omette e non riguarda intere aree di valore strategico.

Se è inaccettabile, per l’esercizio pieno di una soggettività pubblica che dell’Accordo di programma sugli ex scali FS, destinato a regolare complessi e rilevanti problemi interessanti la città di Milano e i numerosi Comuni con essa collegati, in violazione della normativa, possa far parte un Fondo di investimento estero, non è spiegabile che la parte edificabile delle sette aree degli ex scali ferroviari non risponda agli indirizzi e alla allocazione di grandi funzioni urbane.

Parliamo di aree per complessivi 1.250.000 mq, servite da rotaie ferrotranviarie di superficie e, a volte, anche sotterranee. Le funzioni lì allocate avranno una relazione determinante sulla realizzazione delle finalità del PGT: possono essere avulse da una indicazione pubblica e richiamate solo come interruzioni urbane da risolvere, trattate nell’Accordo di Programma 2017 che per tanti contenuti anticipa questo Piano?

Dicevamo un fondo estero (Olimpia Investment Fund controllato da Kennedy Wilson Europe Real Estate Plc, quotato alla Borsa di Londra) per gli ex scali FS 2030, ma in un PGT che prevede la connessione del Parco Nord con il Parco Sud (amministrato dalla Città Metropolitana): una Green Belt integrata dal Parco Metropolitano da promuovere ai bordi di Milano, con 3 milioni di nuovi alberi a ricucire, nonché la riapertura dei Navigli, quale ruolo ha avuto la Città Metropolitana milanese?

Quale ruolo i 133 Comuni della vastissima area che circonda la città di Milano, con la quale essi dovrebbero collaborare per risolvere i relativi problemi per svilupparne le possibili opportunità? Quale relazione tra il Piano Strategico Metropolitano e il PGT del Comune capoluogo? Nessuno, nessuna.

Nessuna innovazione procedurale capace di contribuire, nei fatti, al compimento del residuo di quella che è stata la Provincia di Milano, che la Legge Del Rio ha chiamato Città Metropolitana. Eppure il sindaco di Milano è, automaticamente, il sindaco Metropolitano.

Nel PGT si parla di vocazione internazionale e di cura della prossimità di quartiere, ebbene una delle caratteristiche delle aree dei quartieri al limitare della città è quella di ospitare i capannoni per il deposito dei rifiuti che ogni tanto prendono fuoco e oggi sono all’attenzione della Magistratura.

Chi rilascia le autorizzazioni, chi dovrebbe effettuare i controlli? La Città Metropolitana, appunto. Qui vorrei fare una osservazione specifica, nel PGT si fa ampio riferimento alla riduzione del consumo del suolo e alle percentuali di verde, nonché alle acque. Bene, tutto ciò ha immediatamente a che fare con la necessità di un Piano Energetico, del quale il ciclo riduzione/recupero/riciclo/riuso di ciò che diviene rifiuto deve avere una filiera, degli spazi, dei controlli, coerenti e circolari.

Se si vuole cambiare paradigma in chiave ecologica non basta adottare un nuovo dizionario, occorrono misure integrate conseguenti, capaci di dare corpo a pratiche di cittadinanza rispondenti a un’etica della responsabilità condivisa, invece che all’ ‘effetto NIMBY’ ( not in my back yard-non nel mio giardino). Ma per il PGT, così come per l’Accordo di Programma sugli ex scali FS, per i cittadini non c’è stata alcuna possibilità di una partecipazione informata al processo deliberativo, né su piattaforme digitali, né con Urban Center decentrati, magari negli 88 quartieri definiti dal PGT.

Fiorello Cortiana



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema





21 novembre 2023

OPERE A SCOMPUTO ONERI

Pietro Cafiero



3 ottobre 2023

PGT 2030, O FORSE NO….

Pietro Cafiero



16 maggio 2023

UN RICORDO DI LUIGI MAZZA

Gabriele Pasqui



2 maggio 2023

PGT: FORSE SI CAMBIA

Gregorio Praderio





Ultimi commenti