18 ottobre 2019

APPUNTI PER UNA STORIA DELL’URBANISTICA MILANESE RECENTE

La vicenda "scali ferroviari" e il PGT


Non intendo esprimermi in merito a questioni di carattere normativo e rispetto a specifici interventi che il PGT ipotizza anche perché me ne sono già interessato pubblicando due articoli su queste stesse pagine in occasione della presentazione avvenuta in tre successivi incontri alla Triennale tra maggio e giugno dello scorso anno.

Inoltre perché insieme a vari colleghi nel trascorso decennio ho tentato di dare i mio contributo su vari temi di grande importanza per la nostra città: oltre al PGT, scali ferroviari e circle line, mobilità urbana e metropolitana, Navigli, Expo e dopo Expo, architettura, paesaggio urbano e design, i musei e altri di carattere culturale affrontati in incontri in gran parte registrati sul mio sito e su FB.

Entrando nel merito, tra gli aspetti di carattere più generale del nuovo PGT, una contraddizione fondamentale consiste nell’aver gestito il recupero della aree dismesse degli scali ferroviari attraverso la procedura dell’Accordo di Programma (AdP) sottraendo questo tema urbanistico di grandissima portata al dibattito pubblico, al controllo delle regole e alla possibilità di contribuire in modo coordinato all’indirizzo strategico che dovrebbe caratterizzare il nuovo strumento urbanistico.

Questa anomala procedura dell’AdP separata da quella del PGT, adottata dall’assessore Masseroli all’epoca dell’amministrazione Moratti, è stata mantenuta sia dalla successiva amministrazione Pisapia con l’assessore De Cesaris (benché ci si fosse proposta una profonda revisione del PGT), sia dall’attuale amministrazione Sala con l’assessore Maran.

L’AdP (per l’annullamento del quale sono stati presentati al TAR della Lombardia due ricorsi dei quali è stata avviata la discussione nella seduta del 15 ottobre scorso) sottrae sostanzialmente l’operazione del recupero degli scali alla regia pubblica che dovrebbe esprimere la propria competenza per la tutela del pubblico interesse, delegando invece tutte le scelte progettuali a F Fs Sistemi Urbani e a COIMA SGR di Manfredi Catella.

Ritenere che l’aver fissato alcuni indici di edificabilità, di estensione del verde, di quote di edilizia sociale e una modestissima partecipazione alle plusvalenze possa essere la condizione per il buon esito di un’operazione che durerà inevitabilmente qualche decennio è veramente insensato, perché il recupero dei sette scali, per la loro consistenza e la disposizione a corona intorno alla città storica consolidata, potrebbe rappresentare, fuor di retorica, la più grande opportunità urbanistica della Milano dell’inizio del terzo millennio.

L’occasione per rivoltare la città come un guanto e avviare quel processo di riequilibrio tra centro e periferia a fronte di uno squilibrio che si va accentuando sempre più proprio in concomitanza con la fase di aumento degli investimenti e di crescita economica che la città attualmente attraversa.

Ma non solo: se accortamente attuato riguardo al servizio di trasporto rapido di massa, il recupero degli scali ferroviari potrebbe essere l’occasione per la sua riorganizzazione a scala regionale rendendo tutte le stazioni ferroviarie della Lombardia maggiormente interconnesse e collegate con il sistema della MM per creare un sistema di mobilità corrispondente a una Città metropolitana di oltre 7 milioni di abitanti.

Come era previsto nel primo Accordo Quadro del 2005 tra FS e Comune , all’epoca del sindaco Albertini e dell’assessore Goggi, con la realizzazione del secondo passante poi rinegoziato al ribasso dalle successive amministrazioni.

Battisti

Invece Milano, per quanto sia stata istituita la Città metropolitana, continua a svolgere la propria urbanistica entro i suoi confini amministrativi, limitandosi a generiche raccomandazioni di coordinamento con i comuni limitrofi ma senza attuare alcuna politica attiva.

In contrasto con quanto Milano, con il nuovo PGT, si proponga di essere: una città connessa, metropolitana e globale che offra opportunità ai suoi abitanti essendo attrattiva, inclusiva, vivibile, resiliente, verde e costituita da 88 quartieri riconoscibili per la propria identità e in grado di rigenerarsi.

Improbabile che tutti questi ottimi propositi si possano effettivamente realizzare visto e considerato che l’urbanistica è ormai diventata una pratica che si limita a cogliere le occasioni che il mercato e l’iniziativa privata propongono. In questa situazione la questione della governabilità appare fondamentale e la condizione per poterla attuare non dipende solo dalla capacità di esercitare una autorevole ed efficace regia pubblica ma anche dall’adeguatezza della struttura organizzativa oltre che delle conoscenze e competenze delle quali si potrà disporre.

E’ quindi essenziale immaginare quali dovrebbero essere le condizioni, organizzative, necessarie a rendere il PGT in grado di perseguire i propri obiettivi e di governare la trasformazione della città orientandone lo sviluppo anche dal punto di vista qualitativo oltre che quantitativo. Invece che, come avviene attualmente, attraverso la concertazione e mercanteggiando sugli indici.

Bisogna innanzi tutto essere in grado di operare un monitoraggio permanente della città che si trasforma. A tal fine il PGT deve necessariamente dotarsi di un’apposita struttura formata da personale qualificato e attrezzature idonee, adeguata rispetto al compito ufficiale di certificazione degli interventi, che sarà chiamata a svolgere.

E’ anche necessario mettere a fuoco metodologie di conoscenza delle varie situazioni urbane per essere in grado di analizzarle e interpretarle nella loro reale complessità, prendendo in esame tutti i fattori che contribuiscono a definirne caratteri e qualità, risorse e carenze, potenzialità e crucialità.

Per svolgere adeguatamente questo compito è opportuno chiamare a collaborare permanentemente i dipartimenti di ricerca delle università milanesi che sono dotate di competenze di assoluta eccellenza in ambito sociologico, economico, urbanistico, ambientale e architettonico utilizzando il PGT come terreno di sperimentazione e coordinamento delle iniziative di ricerca scientifica sul campo, applicate alla città e al territorio.

Soprassedere quindi alla consuetudine di assegnare ai dipartimenti di ricerca incarichi diretti di carattere professionale finalizzati a utilizzare la loro autorevolezza per convalidare decisioni già assunte in sede politica, ma non verificate nella loro fattibilità tecnica, economica e urbanistica. Come avvenuto con l’assegnazione dell’incarico al Politecnico conseguente alla decisione di trasferire alcuni dipartimenti scientifici dell’Università Statale da Città Studi a Expo, senza eseguire alcun vero approfondimento di carattere scientifico, un bilancio costi-benefici o analisi SWOT.

Dato che il PGT individua 88 NIL (Nuclei di Identità Locale), affinché essi non restino lettera morta, è necessario istituire in ciascuno di essi un tavolo di monitoraggio permanente dei bisogni, e delle situazioni di degrado mettendo a collaborare soggetti anche con compiti istituzionali come vigili urbani di quartiere e assistenti sociali, insieme a rappresentanti di associazioni di cittadini in grado di segnalare le condizioni di criticità e intervenire direttamente per far fronte alle situazioni di particolare urgenza.

Se si vuole effettivamente “governare” lo sviluppo urbano della città, come il PGT presuppone, bisogna prima di tutto conoscerla in termini dinamici, interpretandone le possibili trasformazioni in ogni punto e in ogni momento, non solo quindi nello spazio ma anche nel tempo. Immaginando quali trasformazioni avranno luogo e prevedendone gli effetti sia positivi che negativi. Il PGT deve quindi dotarsi di un’apposita struttura permanente di analisi delle trasformazioni in atto e di previsione degli scenari possibili, a partire dalle segnalazioni dei tavoli di cui si propone l’istituzione in ciascun NIL.

Per gestire un processo tanto complesso è poi necessario che il Comune disponga un organico tecnico amministrativo idoneo sia in termini numerici che qualitativi. Tale struttura deve essere formata da un numero adeguato di architetti/urbanisti di comprovata esperienza affiancati da economisti e ambientalisti in grado di esaminare e istruire le pratiche edilizie non solo sotto il profilo del rispetto della normativa ma anche per gli aspetti ambientali e architettonici. Questa struttura, in appoggio alla Commissione del paesaggio, che non ha la possibilità di istruire adeguatamente le pratiche edilizie da esaminare, dovrebbe essere formata da esperti che non operino professionalmente a Milano per evitare conflitto d’interesse.

Un’applicazione responsabile, dell’istituto della perequazione applicata anche con finalità specificamente qualitative, potrebbe rivelarsi una grande risorsa Ma questa opportunità potrà avverarsi soltanto eseguendo simulazioni per prefigurare i futuri assetti urbani. Tali simulazioni dovranno consentire di verificare le volumetrie ammissibili caso per caso e gli effetti della conseguente densificazione in rapporto ai requisiti di accessibilità, disponibilità di servizi urbani, compatibilità ambientale e sostenibilità sociale. L’apparato per la loro elaborazione dovrà coordinarsi strettamente con la struttura di monitoraggio delle trasformazioni, di elaborazione dei futuri scenari e con la task force preposta alla concertazione supportandone permanentemente l’attività.

Le forme di premialità sia fiscale che volumetrica non dovranno applicarsi esclusivamente a migliorie di natura tecnica, quali l’efficienza energetica degli edifici, o di natura sociale, come la percentuale di edilizia economica da realizzare, ma anche ad aspetti qualitativi di carattere urbano e architettonico, secondo i criteri già enunciati nel Manifesto della Commissione del Paesaggio, subito dopo la sua istituzione, quando era presieduta da Pierluigi Nicolin.

Per ottenere ciò bisognerà incoraggiare e generalizzare la pratica dei concorsi di architettura anche per gli interventi privati localizzati in ambiti di particolare interesse storico monumentale e/o ambientale, chiamando a giudicarli giurie indipendenti, formate anche da architetti stranieri. Il caso dei concorsi internazionali per l’espansione dell’Università Bocconi è l’esempio di come ciò sia attuabile anche a Milano.

In attesa che si conosca la documentazione ufficiale della variante del PGT approvata il 14 ottobre si potranno anticipare alcune valutazioni sulla qualità e l’attendibilità delle proposte avanzate. (segue)

Emilio Battisti



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  1. FedericoArticolo interessante e, nonostante vada giù pesante, anche troppo leggero a pensare chi oggi presiede l'assessorato all'urbanistica.
    30 ottobre 2019 • 01:25Rispondi
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