14 settembre 2019

LA SOLITUDINE DEL VICESINDACO

Una pagina di storia milanese da non perdere per capire la città


Da un secolo a questa parte il nome dei sindaci della città è ricordato con rispetto e qualche volta nostalgia. Non altrettanto si può dire per i vice sindaci, nelle varie varianti: assessore anziano, vicesindaco, prosindaco. La ricostruzione delle loro vicende, in particolare per i decenni più lontani è abbastanza difficile, nonostante tra essi ci siano stati protagonisti assoluti della vita politica cittadina, in alcuni casi (pochi) con una longevità ed un peso politico, alla pari con quello del sindaco stesso.

In origine il vice sindaco era uno stretto collaboratore del sindaco, il suo più fedele interprete, poi con Mangiagalli ne è diventato in qualche modo il controllore in quanto rappresentante di un partito o di una corrente che non era quella del primo cittadino; in alcuni periodi con coalizioni complesse vi saranno anche due o più vice; dopo il 1993 con l’introduzione della legge elettorale per l’elezione diretta il vice sindaco è diventato un “facilitatore” vale a dire contemporaneamente un rappresentante di pezzi della maggioranza che aveva contribuito a eleggere il primo cittadino e un fedele difensore delle volonà del sindaco verso la giuntà e il consiglio. Ovviamente il vicesindaco quasi sempre ha avuto anche una attività propria come assessore.

Senza alcun intento sistematico ne altro ricordiamone qualcuno.

Antonio Sanna, sardo emigrato a Milano, di professione assicuratore entra nel direttivo della sezione socialista di porta Vercelli ed è tra i fondatori nel 1912 della Federazione Impiegati di Assicurazione che promuoverà uno sciopero tra i più lunghi, tre mesi, della storia sindacale milanese. Nel 1920 viene eletto nelle liste socialiste a Palazzo Marino con 72722 voti ed entra a far parte della giunta Filippetti come assessore all’economato. Partecipa alla scissione comunista e denunciato al Tribunale speciale il 22 ottobre 1928 viene condannato a 12 anni con interdizione perpetua dai pubblici uffici. Vero esempio di rivoluzionario di professione verrà incaricato di svariate missioni dal partito per cui trascorrerà il ventennio tra amnistie e arresti per finire al confino alle isole Tremiti.

Attivo con ruoli importanti durante la resistenza prima nei Gap poi nelle Brigate Garibaldi viene designato vice sindaco assieme all’avvocato Eugenio Morandi e all’architetto Ugo Zanchetta della giunta Greppi; dal 14 maggio 1946 e sino all’11 aprile 1949 sarà assessore all’economato.

Muore a Milano il 2 aprile del 1973 a 94 anni.

Eugenio Morandi, antifascista leader della sinistra liberale milanese e fondatore del Movimento della Sinistra Liberale (MSL), poi confluito nel Movimento Liberale Indipendente (MLI) fondato da Carandini (ministro del governo Bonomi, ambasciatore a Londra e dopo la svolta conservatrice dei liberali tra i fondatori del partito Radicale).

IL MLI fu il tentativo non riuscito di dare vita ad una terza forza laico progressista che facesse da contrappeso alla Democrazia Cristiana nella quale sarebbero dovuti confluire liberali, repubblicani, socialdemocratici. Cosi ricorda quella prima giunta Greppi “Il 27 aprile, prima delle 9 di mattina, ero già in municipio, per incontrarmi con gli uomini del CLN Alta Italia, che avevano deciso di dare a me l’incarico di sindaco. Ricordo che dall’Albergo Regina, in via Santa Margherita, I tedeschi sparavano ancora su piazza della Scala. Ci sedemmo intorno a un grande tavolo ovale, e così ci mettemmo subito al lavoro, con una giunta, di cui faceva parte, oltre a me, due socialisti, Marzola e Polistina, due comunisti, Rigamonti e Sanna, tre democristiani, Porro, Napoleone Rossi e Zanchetta, tre del partito d’azione, Boneschi, Elena Oreher e Vallino, due repubblicani, Magni e Usuelli. e due liberali, Eugenio Morandi e Tanci”.

Di Morandi resta qualche traccia nelle bibliografie perchè è autore dell’opuscolo: “I liberali nella Resistenza”.

Marossi-1Agostino Giambelli (1891 1978) Ingeniere, antifascista, fu segretario del Partito Popolare, è ricordato con una lapide nel mezzanino della metropolitana di San Babila perché fu uno degli artefici della sua costruzione. Infatti quando nel luglio 1952 la Giunta Municipale affidò all’ing. Belloni la redazione del progetto della rete delle linee metropolitane le direttive vennero impartite dalla Commissione Assessorile, presieduta da Giambelli e composta dagli assessori Steno Baj, Gino Cassinis, Ersilio Confalonieri, Cesare Covi e Lamberto Jori.

Così quando il 6 ottobre 1955 venne costituita la “S.p.A. Metropolitana Milanese” Giambelli ne poteva legittimamente essere considerato il “padre”.

Fu anche presidente e sostenitore della Elipadana una società a partecipazione comunale che aveva il compito di unire mediante voli in elicottero il capoluogo lombardo con le città vicine, Torino e Genova, e con Lugano, l’eliporto era in uno spiazzo in via Restelli, tra piazza Carbonari e viale Stelvio. Il primo volo fu quello del 28 settembre 1959, sulla tratta Milano-Malpensa-Lugano, nel luglio 1961il servizio fu sospeso.

Giambelli, segretario provinciale della DC dal 53 al 54, per 14 anni assessore ai lavori pubblici dal 46 al 60 con Greppi e Ferrari, fu uno dei protagonisti con gli altri consiglieri comunali Ajroldi, Balbiano di Belgioioso, Rinaldi, Giani, dell’opposizione all’apertura a sinistra con collegamenti per quello che veniva considerato il gruppo tambroniano con altre città in primis Firenze o Genova dove si pubblicava “L’Ordine civile”, rivista quindicinale diretta da Gianni Baget Bozzo utilizzando anche il quotidiano “L’Italia” (poi fusosi con l’avvenire d’Italia per dare vita a l’avvenire) l’organo montiano che fu per un certo periodo, fino alla direzione di Lazzati, il principale veicolo degli oppositori al centrosinistra. Giambelli divenne un caso nazionale quando al tempo della campagna elettorale per le elezioni amministrativa del 6 novembre 1960 pubblicò un articolo “No ad una giunta con i socialisti” firmato tra gli altri da Luigi Meda e Gian Paolo Melzi d’Eril. Messo in minoranza dopo una breve assenza sarà negli anni successivi assessore ai trasporti e all’edilizia con Bucalossi.

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Luigi Meda, figlio di Luigi Meda uno dei principali protagonisti del cattolicesimo politico milanese, che fu deputato, presidente della Provincia di Milano, Ministro delle finanze nel governo Boselli, del tesoro nel governo Giolitti, presidente della Banca Popolare Milanese.

Attivo fin da giovanissimo nel cattolicesimo politico anche con posizioni diverse da quelle del padre divenne durante la resistenza rappresentante della DC nel comitato militare del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia. Arrestato nel 1943 fu liberato grazie a uno scambio di prigionieri con la mediazione dell’arcivescovo Schuster. Assessore allo Stato civile nella giunta Greppi, fu costituente e poi sottosegretario alla difesa del governo De Gasperi. Tornato a Milano fu Assessore al Bilancio e tributi dal 1956 al 1960, all’Istruzione dal 1960 al 1964 e all’Educazione dal 1964 al 1966. Oppositore del centro sinistra ne divenne poi il garante, ponte tra i conservatori montiniani e la sinistra DC. Per Giovanni Marcora fu Meda a portare la responsabilità della prima amministrazione di centro sinistra in Italia; è di Meda l’affermazione che si dovesse parlare di un centro sinistra ambrosiano, caratterizzato da concretezza e pragmatismo. In pratica è l’inventore del “metodo ambrosiano” in politica, tante volte anche oggi rispolverato

Dopo le elezioni del novembre 1960 diventò vicesindaco, è possiamo dire l’esempio di un vice sindaco politicamente più importante del sindaco. Nel 1963 fu eletto presidente del Centro di cultura Giancarlo Puecher, nato qualche anno prima a Milano che con il Club Turati per i socialisti fu per anni un laboratorio di intese politiche. Morì in carica nel dicembre 1966

Ernesto, Schiavello (1889 1963) sindacalista figura emblematica di militante socialista passato dal sindacalismo al massimalismo al partito comunista alla resistenza antifascista per approdare al Partito d’Azione a al PSLI

Fu il protagonista della battaglia per non ricandidare Caldara e l’estensore con altri del manifesto elettorale per le elezioni del 1920 in base al quale il comune doveva diventare un presidio socialista mentre le decisioni degli eletti dovevano uniformarsi alla politica rivoluzionaria della sezione socialista. Compito dei consiglieri comunali era quello di: “ favorire l’avvento del proletariato nel dominio della società” e alla guida dell’amministrazione dovevano esserci solo “coloro che accettavano il programma della terza internazionale”, vieppiù: “gli amministratori socialisti devono governare per il trionfo del comunismo, indipendentemente e contro alle leggi vigenti”. Chi vuole approfondire quel suicidio politico può leggere il bel libro di Ivano Granata Milano Rossa.

Consigliere comunale dopo le elezioni del 20, fu vicesindaco di Filippetti ma si dimise accusando la giunta socialista di essere democraticoide.

Fu tra i più strenui difensori dell’occupazione delle fabbriche e tra i più determinati fautori di una risposta dura alle violenze fasciste. Ritornato nel PSI, per la sua costante attività politica verrà confinato ad Ustica come ricorda nelle sue memorie: «Arrivai a Ustica l’11 Dicembre 1926, quando vi erano solo dieci o dodici confinati politici e più di seicento coatti comuni […] Giunta, con successivi arrivi, la Colonia politica ad una sessantina di persone e non essendovi nel piccolo paese possibilità alcuna di lavoro, sorse in alcuni l’idea di dar vita a delle scuole elementari, di francese, di tedesco, all’unico scopo di toglierci dall’ozio, dalle osterie …” in pratica diventa il leader organizzativo di una colonia che in periodi diversi comprende anche Gramsci, Bordiga, i Rosselli, Bauer, Scalarini, Romita.

Nel 1946 diventa membro dell’esecutivo del partito d’azione con Guido Calogero, Tristano Codignola, Alberto Cianca, Alberto Levi, Paolo Vittorelli e Francesco de Martino. Attivo in quel di Varese fu membro della costituente, successivamente aderirà al PSLI

Luigi Veratti eletto per la prima volta a Palazzo Marino nel 1910 era stato assessore alla Sanità nella giunta Caldara, diventa assessore anziano al posto di Filippetti obbligato alle dimissioni per incompatibilità. Medico dirigente l’ambulatorio delle malattie celtiche del Fatebenefratelli fu uno dei più stretti collaboratori di Caldara rappresentando l’ala riformista turatiana.

A lui toccò il compito improbo di affrontare il problema alimentare, igienico e sanitario della città nel periodo di guerra con l’invasione dei profughi civili, dei feriti militari e poi la pandemia della febbre spagnola. Esponente di quello che Cosmacini chiama «socialismo medico» (con lui Filippeti, Giovanni Allevi, Edoardo Bonardi, Luigi Carozzi, Francesco Ferrari, Giuseppe Forlanini, Paolo Pini), fu fautore del naturismo e grazie a lui si aprirono le prime scuole all’aperto, si avviò il progetto delle colonie e la progettazione di una scuola all’interno del parco trotter.

Il suo maggior merito, forse, fu quello di imporre alla città una diversa cultura del bagno (leggi anche cesso), in una città in cui bassissimo era il numero di case con bagni privati e acqua corrente ma dove anche scarseggiavano i bagni pubblici perché i cittadini preferirono utilizzare i Navigli e i canali “per lavarsi” gratuitamente.(Luigi Veratti, Bagni antichi e moderni. Le future terme ambrosiane, «Bollettino municipale Città di Milano», n. 9, settembre 1917).

Nel 1933 viene segnalato dalla questura come facente parte dei gruppi di Giustizia e Libertà con il soprannome di Caio, mentre il nipote Roberto Veratti fu importante dirigente socialista clandestino.

Secondo Stefano Fabei, nel suo ultimo libro, I neri e i rossi, Veratti fu il protagonista della “Croce rossa” dei socialisti, votata al salvataggio dei compagni arrestati o incarcerati. Come aveva già scritto il discusso Carlo Silvestri: ”Il dottor Luigi Veratti ex vicesindaco socialista di Milano, medico di Mussolini fino al 1929, valendosi di questa sua amicizia personale, cominciò. subito nel 1927, a scrivergli per dire “il tale, mandamelo a casa dal confino: ha la moglie (o la mamma) malata”. “Evita la denuncia di XY al tribunale speciale: mi è carissimo; se c’è una condanna, una famiglia sarà distrutta”. “Ti scongiuro di graziare il Tale, se no diventa tubercolotico”. Ogni anno, dal 1927 in poi, centinaia di lettere e di memorie di questo genere con risultati positivi per il novanta per cento dei casi”

Si narra che uno dei più importanti risultati conseguiti dal “Soccorso antifascista” di Veratti fu il ricovero, nella clinica Quisisana di Roma, di Antonio Gramsci e tra gli altri beneficiati vengono citati Corrado Bonfantini e lo stesso Silvestri.

In realtà pare che l’amicizia nascesse dal fatto che Veratti aveva curato Mussolini dalla sifilide (tema sul quale c’è ampia letteratura) e che effettivamente fosse restato in contatto con il duce fino all’ultimo tanto da orientarlo in alcune scelte abbastanza curiose per il truce, come quando nel 1931 (22 novembre) nel discorso ai medici ebbe a dire: “Anche nel tema più recente della civiltà contemporanea i medici debbono dire la loro parola. Parlo del naturismo, che in tutti i paesi del mondo è ormai una cosa seria e tale deve essere anche in Italia; tutto ciò non ha niente a che vedere con il nudismo. Io sono profondamente convinto che il nostro modo di mangiare, di vestire, di lavorare e di dormire, tutto il complesso delle nostre abitudini quotidiane, deve essere riformato. Bisogna fare agire gli elementi della natura sul nostro corpo; prima di tutto l’aria, il sole ed il movimento … I medici debbono insistere perché la vita si svolga in forma più razionale”.

Non va dimenticato quello che fu il primo vicesindaco a controllare il sindaco: Giuseppe Aversa (1879 1924), uno degli organizzatori della assemblea di Pzza San Sepolcro, che era stato arrestato con Mussolini con il quale aveva un solido rapporto di amicizia. Di lui si ricorda che fu il principale sostenitore/ispiratore del sindaco Mangiagalli nelle sue iniziative di restaurazione amministrativa annunciate fin dal primo discorso quando accusò di malversazioni le giunte socialiste precedenti, promise severa disciplina e ordine nei confronti degli impiegati comunali, chiamati “privilegiati”, annunciò la soppressione del sabato festivo (o sabato inglese) e la chiusura del corpo di vigili del fuoco (chiamata “la guardia rossa di Filippetti”), mentre nei confronti dei tranvieri, l’ala più combattiva degli impiegati comunali, pronunciò parole di minaccia.

Aversa morì nel 24 e oggi in realtà prima di trovare notizie sul web dovete superare le centinaia di riferimenti dedicati al più noto Giuseppe Aversa patron stellato di un ristorante di Sorrento.

Insomma non generosa la storiografia con i vice tra cui citiamo alla rinfusa Vittorio Korach, Luigi Fiamberti, Giuseppe Zola, Luigi Corbani, Antonio del Pennino, Giorgio Malagoli, Alberto Zorzoli, Roberto Camagni, Andrea Borruso, Marisa Bedoni, Maria Grazia Guida, Elio Quercioli, Ugo Zanchetta, Riccardo de Corato, Francesca Balzani, Ada Lucia de Cesaris, Pietro Montagnani.

L’unico elemento che accomuna tutti i vicesindaci, assessori anziani, prosindaci, non me ne voglia l’attuale Scavuzzo (è consentito fare gli scongiuri), è che non hanno mai fatto il sindaco, anche se qualcuno/a ci ha sperato.

Eccetto uno: Filippetti ma è un precedente non molto fortunato visto che la giunta fu commissariata dai fascisti

Walter Marossi.



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  1. marco romanoSamuele Polistina, un avvocato di Sinopoli - trasferitosi a Milano verso il 1934 con il fratello Nando e la sorella Lina - divenne da subito stretto amico di mio padre e di mia mamma, quando .trovarono tutti casa in un palazzo in viale Umbria 49. L'amicizia con i miei genitori portò Polistina nell'ambito degli architetti modern di allora - Edoardo Persico lo ricorda appunto tra i suoi amici - e contestualmente nell'opposizione colta al fascismo dei seguaci di Benedetto Croce . e poi nel 1945 esponente del CLN e del partito socialista nella Giunta della Liberazione. Fu lui a promuovere subito un concorso di proposte per il nuovo piano regolatore di Milano che la nuova legge urbanistica del 1942 di fatto imponeva, un invito cui aderirono tutti gli architetti più giovani della città, che poi diverranno famosi. Le loro proposte verranno discusse in un convegno dal quale emergeranno idee in parte recepite nel PRG del 1953. Ma mi piacerebbe molto che qualche casa editrice pubblicasse quei 10 progetti, in fondo come monito di quanto allora ci nutrissimo di speranze che oggi non ci sorreggono più.. .
    2 ottobre 2019 • 19:45Rispondi
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