21 maggio 2019

VOTARE ALLE ELEZIONI EUROPEE

Una breve indispensabile guida al voto consapevole


L’Europa è qualcosa di più di una confederazione di stati sovrani che hanno messo in comune solo alcune cose. Ma è qualcosa di meno di uno stato sovrano federale. Ha un’integrazione a metà strada, né forte né debole. Il percorso verso una integrazione forte ha portato a istituire, nel 1978, un Parlamento eletto direttamente dai cittadini.

A CHE SERVE IL VOTO DEL 26 MAGGIO – Quando andiamo in giro per il mondo e ci chiedono da dove veniamo diciamo: dall’Italia. Se parliamo con una persona anziana l’indicazione dice qualcosa. Ma sempre più, incontrando giovani cinesi o sudafricani o di altre parti del mondo, converrà dire: dall’Europa. Europa, politicamente, vuol dire Unione europea. Comprende tutta l’Europa tranne la parte europea della Russia e stati di minor peso. L’Unione europea, come idea, ha una lunga storia, ma come istituzione è stata creata solo nel 1958, entro l’arco della vita dei nonni di oggi.

Ranci-1

La sua forma di governo è particolare. È come un cappello a tre punte.

1 Prima punta: il Consiglio. Rappresenta gli stati membri, 27 o 28 (dipende dagli inglesi). A seconda del tipo di decisioni da prendere è formato dai capi di stato (re o presidenti di repubblica, per noi Mattarella) o dai capi di governo (per noi oggi Giuseppe Conte, in passato i politici più importanti come De Gasperi, Craxi, Berlusconi, Prodi). Per decisioni specifiche, è formato dai ministri competenti nella materia della decisione da prendere.

2 Seconda punta: il Parlamento. Rappresenta il popolo europeo, da cui viene eletto. Quello che ha operato negli ultimi cinque anni scade. Il nuovo lo eleggeremo il 26 maggio.

3 Terza punta: la Commissione. Svolge il lavoro quotidiano di far funzionare l’amministrazione europea, preparare le norme e farle applicare. È composta da un presidente e tanti commissari, che sono come ministri, con competenze ciascuno in un settore. Per prassi (cioè abitudine, non obbligatoria) essi sono scelti uno per ciascun paese membro. La Commissione che sta per scadere è di 28 commissari. Per l’Italia Federica Mogherini, che ha competenza sulle questioni di politica estera.

Le decisioni sono prese attraverso il consenso di tutte e tre le punte, quindi in modo laborioso. Si è creata persino una parola nuova, il trilogo, cioè un dialogo a tre. Questa forma di governo, unica al mondo, è un misto di stato unitario e di federazione tra stati. Questa forma mista opera anche nella nomina della Commissione e soprattutto del suo presidente, che oggi è Jean-Claude Juncker. Il presidente della nuova Commissione lo proporrà il Consiglio. Il nuovo Parlamento potrà approvarlo o respingerlo. Quindi il Consiglio deve fare una proposta che il Parlamento possa approvare. Nel Consiglio si forma una maggioranza tra stati. In Parlamento si forma una maggioranza tra partiti politici, la cui forza sarà determinata dal nostro voto.

Il Parlamento ha poteri notevoli. Oltre al presidente, esamina uno a uno i candidati alla Commissione. In passato ne ha bocciato più di uno. Poi esamina e vota tutte le “leggi” dell’Unione, che si chiamano Direttive e Regolamenti. Discute i problemi segnalati dalla Commissione, o altri argomenti scelti dai parlamentari stessi, e formula pareri e proposte. Ad esempio, le norme a difesa dell’ambiente che oggi sono in vigore in Italia vengono per la maggior parte da decisioni europee, non nazionali. Sono state adottate spesso grazie all’iniziativa e al sostegno del Parlamento europeo, non del Consiglio.

I PARTITI ALLE ELEZIONI EUROPEE – Voteremo per il Parlamento Europeo il 26 maggio ed eleggeremo 751 europarlamentari, compresi gli inglesi che non sono riusciti a realizzare la loro uscita (Brexit) pur avendola votata tre anni fa. Come elettori europei sceglieremo tra:

  • Partiti “sovranisti” che vogliono far arretrare l’integrazione. Esaltano le tradizioni nazionali. Respingono l’immigrazione. Sono divisi tra nazionalisti (ENF, con i francesi di Marine Le Pen e la Lega) e conservatori (ECR, che comprende i conservatori inglesi e il PiS che è il partito al governo in Polonia).

  • Partiti tradizionali ed europeisti che hanno guidato l’Unione finora:

    • Partito Popolare europeo (PPE): di orientamento cristiano e tendenza conservatrice. Sono al governo in Germania (Merkel).

    • Socialisti e Democratici (S&D): partiti socialdemocratici o socialisti, laici e progressisti, orientati a una maggiore uguaglianza.

    • Liberaldemocratici (ALDE più En Marche di Macron) : laici, vogliono più Europa, società più aperta, più concorrenza in economia. Sono al governo in Francia.

    • Verdi: impegnati per l’ambiente.

  • Sinistra radicale, che include tendenze contrarie all’Europa e tendenze a riforme così radicali e anticapitalistiche da rendere difficile un’alleanza con altre forze.

  • Partiti ondeggianti come l’EFDD, Libertà e Democrazia Diretta (che include il partito della Brexit inglese, il movimento 5stelle in Italia) o regionali (come i catalani).

Le elezioni si tengono in tutta l’Unione secondo principi comuni: sistema proporzionale e incompatibilità per gli eletti di stare nel parlamento nazionale allo stesso tempo di quello europeo. Per il resto ci sono leggi diverse nei paesi membri. In Italia c’è la regola che entrano solo le liste che superano il 4% dei voti nella votazione nazionale. Quelle sicure di entrare, dal lato italiano, sono 5:

  • Lega che va nel gruppo parlamentare dei nazionalisti (ENF, con i francesi di Marine Le Pen)

  • Fratelli d’Italia che va nel gruppo parlamentare dei Conservatori (ECR, con i conservatori inglesi e i polacchi)

  • Forza Italia che va nel gruppo parlamentare del Partito Popolare Europeo (PPE, il più grande)

  • Partito Democratico (PD) che va nel gruppo parlamentare dei Socialisti e Democratici (S&D)

  • M5Stelle che va nell’EFDD (con gli inglesi del partito per la Brexit)

Una sesta lista ce la può fare, quella che mette assieme PiùEuropa (Bonino, Tabacci) con Italia in comune (Pizzarotti). Nei sondaggi sta proprio attorno al 4%. Andrebbe nel gruppo parlamentare dei liberali e democratici (ALDE, En Marche), un gruppo importante.

Il gruppo dei Verdi, che conterà nel Parlamento europeo più che nel passato, non dovrebbe comprendere nessun deputato italiano: una lista di Verdi c’è ma è lontana dalla soglia del 4%.

Nella stessa condizione stanno le due liste di sinistra: quella di Rifondazione Comunista e quella del Partito comunista.

Quindi l’Italia eleggerà europarlamentari di 5 o 6 liste, tre di destra e poi M5S, PD e forse +Europa. Le altre si possono votare per dare testimonianza o per dare un’indicazione, ma senza effetto sul prossimo Parlamento europeo.

Ranci-2

CONFRONTO DEI PROGRAMMI – Dei programmi si può leggere una doppia serie: quella delle liste nazionale e quella del gruppo europeo cui ciascuna lista aderisce. Inevitabilmente nei lunghi testi stanno tante cose: generiche intenzioni, grandi utopie e piccoli strumenti d’intervento su singoli problemi. Per semplificare il confronto sono andato a cercare quattro temi importanti sui quali vedo differenze significative tra le liste.

  1. PIÙ O MENO EUROPA? – Per la prima volta abbiamo liste esplicitamente nazionaliste e avverse all’Europa. ENF (Lega) e ECR (Fratelli d’Italia) accusano l’Europa di molti mali ma non dicono che fare dell’Europa che c’è. L’EFDD (5 Stelle) include gli inglesi sostenitori della Brexit, che non si capisce perché vogliano entrare nel Parlamento europeo.

Tutti gli altri sono europeisti almeno a parole. Per andare oltre il generico, ho guardato a un punto indicatore: chi sostiene la proposta di adottare il voto a maggioranza nel Consiglio europeo? Oggi in alcune materie decisive (tasse, sicurezza sociale, politica estera e difesa) è ancora richiesta l’unanimità. Fino a che basta uno stato per bloccare tutto, come è accaduto più volte, sarà impossibile affrontare i problemi principali: la politica di asilo e immigrazione, le relazioni con USA, Russia, Cina e anche Turchia o Libia, l’unione bancaria o i destini dell’euro.

A favore del voto a maggioranza sono i liberali dell’ALDE (+Europa), i socialisti-democratici di S&D (PD) e anche i popolari del PPE (FI). Come mai allora è stato impossibile arrivarci finora? Il voto a maggioranza è già previsto nel trattato di Lisbona come procedura normale, ma sono state poi fissate ampie eccezioni, a tutela della sovranità nazionale. Quindi il vero test sarà nel formare la maggioranza nel Parlamento europeo che possa esprimere il presidente della Commissione. Se il PPE va con le destre dovrà rafforzare le sovranità nazionali e indebolire quella europea.

Legalmente le eccezioni si possono eliminare, sia pure con una procedura complessa, se c’è una maggioranza decisa a farlo. Vi fanno esplicito riferimento i programmi di S&D (PD) e di ALDE (+Europa).

  1. MIGRANTI E IMMIGRATI. – Il programma del PPE, in versione breve, indica 12 cose da fare, tra cui, in tema di migrazioni, si cita solo la protezione dei confini. La versione italiana di Forza Italia ha un capitolo “Stop all’immigrazione irregolare” in cui invoca una strategia europea per bloccare l’immigrazione irregolare, rimpatriare chi non ha diritto di rimanere, e lanciare un Piano Marshall per l’Africa.

I 5 Stelle vogliono una ricollocazione obbligatoria dei migranti in tutti i paesi membri, per distribuire l’onere, e i rimpatri volontari incentivati grazie ai fondi europei.

I liberali dell’ALDE (+Europa) si impegneranno per garantire protezione a tutti coloro che fuggono dagli orrori della guerra o dalla tragedia della repressione politica, evitare che i rifugiati e i richiedenti asilo corrano rischi evitabili, offrire protezione nelle aree di provenienza dei richiedenti asilo dove l’UE farà accordi di immigrazione con i Paesi sicuri del Medio Oriente e dell’Africa.

Anche i S&D affermano una comune e giusta politica in materia di asilo e migrazione, basata su condivisione delle responsabilità, solidarietà tra gli Stati membri e collaborazione con i paesi di origine e di transito.

Il PD aggiunge una proposta concreta: approvare subito la riforma del regolamento di Dublino sulla base del testo votato dal Parlamento europeo nel 2017. Quindi ricorda che una riforma limitata ma ragionevole è già stata approvata dal Parlamento, ma poi bloccata. Quella riforma prevede che quando un Paese riceve un numero sproporzionato di richiedenti asilo scatti automaticamente una redistribuzione tra tutti, e anche se uno stato non l’accetta scatti comunque un meccanismo di solidarietà. Il Parlamento può rilanciarla, specie se intanto passa il criterio del voto a maggioranza in Consiglio (vedi punto precedente).

  1. AMBIENTE E CLIMA. – Naturalmente il programma più deciso per un’economia verde è quello del partito verde europeo. In Italia una lista verde c’è ma non raggiungerà il 4%.

Le liste di destra non mostrano molto interesse per il tema. L’ECR poi include i conservatori polacchi che difendono strenuamente il carbone.

I 5 Stelle promettono incentivi alle imprese che non inquinano e vogliono mettere “la salute dei cittadini al primo posto con le energie rinnovabili”, trasporto merci su ferro, divieto di OGM e uno stop a fonti fossili, trivelle e inceneritori. Di tutto, di più.

Il manifesto dell’ALDE, liberali (+Europa) è ben costruito come riconoscimento dei problemi, conferma di principi, proposte precise anche non facili da far accettare, come ad esempio flussi liberi di energie rinnovabili, abolizione delle riduzioni fiscali ai carburanti degli aerei.

Anche S&D (PD) e popolari del PPE (FI) si propongono come fautori di un’economia verde. Anche qui il test sarà l’alleanza che si costruirà, con o senza i sovranisti, che non mostra o interesse al tema.

  1. ECONOMIA E LAVORO. – Per uscire dalla bassa crescita e alta disoccupazione serve una politica di maggiori investimenti da parte degli stati che non hanno un problema di eccessivo debito pubblico (esempio la Germania). Questa trascinerebbe la crescita dei paesi come l’Italia, per i quali non è saggio aumentare il debito. A livello europeo servirebbe conferire maggiori risorse alle istituzioni europee, che oggi hanno un bilancio modesto. Inoltre, una proposta mirata è quella di un’assicurazione europea contro la disoccupazione.

Questa la linea dei partiti di sinistra moderata, i S&D (PD), e la si ritrova nelle loro proposte elettorali. I liberali di ALDE (+Europa) vogliono rendere più efficiente il sistema di spesa comunitario, prima di aumentarlo. I popolari del PPE (FI) puntano sul continuare come per il passato, con molta enfasi verbale sulla crescita ma senza nuovi strumenti.

CHE SUCCEDE DOPO IL 26 MAGGIO? – Finora il Parlamento ha avuto una maggioranza di popolari e socialisti, stabilmente alleati per far funzionare l’istituzione, e ha funzionato. I provvedimenti sono stati sempre discussi a lungo per trovare compromessi ragionevoli. Questa volta, a quanto pare, i popolari, o almeno una parte di essi, sono attratti dall’ipotesi di fare maggioranza senza i socialisti-democratici e con le destre.

La prima mossa toccherà al PPE, come lista più votata nell’insieme dell’Unione europea. Forse cercherà dapprima di comporre una maggioranza di centro destra. Dovranno decidere quanto spingersi verso la destra estrema. Poiché questo non basterà, dovranno aggregare gruppi più piccoli come i separatisti inglesi o i Cinquestelle, con la difficoltà che se ne imbarchi uno ne perdi un altro.

Oppure dovranno aprire al centro ai liberali di ALDE, ma non basterà. Quindi dovranno tornare all’alleanza con i socialisti-democratici, ma questa volta non saranno comunque abbastanza forti per fare maggioranza in due e dovranno allargare ai liberali e forse ai Verdi. Conterà quanto peseranno i tre lati: quello di destra, quello di centro-sinistra, quello dei minori che potranno offrirsi chiedendo specifiche contropartite, regionali o altre.

La posta in gioco è una possibile, esplicita scelta di marcia indietro nell’integrazione europea. Quella integrazione che ci ha dato 73 anni di pace nella zona del mondo che nei 30 anni precedenti aveva scatenato due guerre mondiali con 85 milioni di morti. Che ha consentito a una quindicina di paesi di transitare pacificamente dal comunismo alla forma di capitalismo più bilanciata e sociale che ci sia oggi al mondo. Che ha portato in Italia una politica per l’ambiente che non ci saremmo mai data da soli. Che ci offre l’unica possibile via per contare qualcosa nei conflitti e nei negoziati economici e politici mondiali.

Se non una marcia indietro esplicita, rischiamo una soluzione confusa che lasci aperto, implicitamente, questo disastroso percorso. Oppure può emergere il coraggio di continuare, correggere gli errori, colmare le insufficienze. Conterà anche l’affluenza al voto che nel 2014 è stata solo il 57%, più bassa di quella alle elezioni nazionali. La tendenza è da tempo alla diminuzione dell’affluenza, in tutte le elezioni. Questa volta bisognerebbe proprio rovesciarla.

Pippo Ranci



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  1. ugo targettiSintetico, chiaro, utilissimo. Nella campagna elettorale non si è discusso di come funziona l'Europa e di come dovrebbe funzionare se non per slogan "populisti". Sarebbero state utili iniziative comuni del PD e degli altri partiti progressisti per la campagna elettorale. Per esempio un incontro tra sindaci socialisti e progressisti, a Milano. Speriamo.
    22 maggio 2019 • 10:35Rispondi
  2. vittorio dottiGrazie a Pippo Ranci per l'ottima e utile sintesi e per le considerazioni finali assolutamente condivisibili. Osservo,in generale,che in questa campagna elettorale fa difetto una adeguata comunicazione relativa alle liste dei partiti in lizza, ai nomi dei candidati e alle informazioni essenziali a loro proposito.
    22 maggio 2019 • 13:21Rispondi
  3. Maria g MeriggiLa Sinistra è però molto vicina al quorum
    22 maggio 2019 • 14:01Rispondi
  4. Gianluca BozziaGrazie. Questa è informazione condita da opinioni: ben fatto.
    24 maggio 2019 • 15:30Rispondi
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