7 maggio 2019

LE CONSULTAZIONI CLANDESTINE DI PALAZZO MARINO

“Meno gente c’è più si va via spicci”. E la partecipazione?


Prima di cominciare voglio togliermi un sassolino dalla scarpa. Tutte le volte che un mio editoriale o qualche intervento su ArcipelegoMilano sono di critica, spesso molto aspra, verso la Giunta attuale, mi sento chiedere insistentemente: “Ma da che parte stai?”. Vorrei dire dalla parte del buon senso, se ne ho, certamente dalla parte della tutela dei beni comuni e, ovviamente per quanto mi riguarda, dalla parte dei più deboli, degli invisibili, degli inascoltati.

Napoleone Bonaparte diceva: “Non interrompere mai il tuo nemico mentre sta facendo un errore”. Per me è vero il contrario: “Interrompi sempre il tuo amico mentre sta facendo un errore”.

Quali sono gli errori che sta facendo questa Giunta a mio modo di vedere? Lasciando da parte gli aforismi del tipo “chi non fa non sbaglia”, due errori mi colpiscono particolarmente: non avere chiara la scala delle priorità – anche politiche – e non aver capito quale deve essere il rapporto con i cittadini, errore purtroppo tipico della sinistra di oggi.

Veniamo al caso. Il Comune con un suo annuncio del 30 di aprile dice di proseguire il percorso di consultazione pubblica sul progetto di masterplan redatto da FS Sistemi urbani e Coima SGR per la rigenerazione degli scali Farini e San Cristoforo: prima riunione il 2 di maggio. Partecipazione direi scarsa: 20 presenti alla prima sessione, 5 alla seconda.

Ovviamente annunciare questa riunione sul sito del Comune Informami il 30 aprile per il 2 maggio sembra fatto apposta per non avere nessuno. La prima, in sala Alessi il 17 di aprile, era andata meglio ma nemmeno allora la sala era piena.

Editoriale-Sala Alessi

Mi domando questa “consultazione” che fase sia per il Comune nell’iter di approvazione di un masterplan. Si è trattato per il momento solo e semplicemente dell’illustrazione del progetto che comunque non è, ovviamente, la proposta del Comune stesso ma un’iniziativa del tutto privata: FS Sistemi urbani e Coima SGR. E poi cosa s’intende per “consultazione”? Un’operazione clandestina, meno se ne parla e meglio è? Perché non dare reale pubblicità alla cosa? Gli strumenti ci sono.

Per quale ragione il Comune sostiene questa iniziativa privata che si muove nel solco di un Accordo di Programma rispetto al quale pendono dinnanzi al TAR tre ricorsi? E se il TAR accogliesse anche uno solo dei ricorsi verrebbe annullata la delibera di approvazione dell’Accordo di Programma con la conseguente invalidità di tutti gli atti successivi. L’udienza al TAR è fissata per ottobre, non valeva la pena di aspettare?

I ricorsi in campo mettono in dubbio molte cose: in sintesi la natura di “società privata” di FS Sistemi Urbani S.r.l. , azienda partecipata al 100% da Ferrovie dello Stato Italiane risultata tale a seguito del discusso spacchettamento – previa privatizzazione – di FF.SS..

Se FS Sistemi Urbani S.r.l. è un’azienda privata, come la stessa spesso sostiene secondo la convenienza del momento, non può essere parte di un Accordo di Programma tra enti pubblici (come non potrebbe esserlo nemmeno la Saville SGR, altro partecipante all’Accordo).

Anche se questo scoglio fosse superato, resta l’altro, fondamentale, che è presente nei ricorsi: se FS Sistemi Urbani S.r.l. possa disporre o meno liberamente dei beni in questione – gli scali ferroviari – i quali non essendo mai stati formalmente sdemanializzati devono considerarsi fare ancora parte del Demanio Ferroviario (ancorché in possesso/gestione della FS Sistemi Urbani S.r.l.) con tutte le limitazioni che ne conseguono al loro uso e quindi di certo non essendo in sua piena proprietà privata.

Basta scorrere gli articoli pubblicati su Patrimonio Pubblico – La rivista del Demanio e Patrimonio – per rendersi conto della solidità di questa tesi. Ma anche altre ragioni vi sono a limitare l’uso di queste aree, indipendentemente da chi ne abbia la formale intestazione.

In tempi non sospetti, almeno dodici anni fa, sostenevo che queste aree dovessero restare demaniali ma per passare al demanio comunale, ossia alla collettività milanese.

Resta poi sempre la questione legata alle condizioni necessarie per rendere legittimo e conveniente l’utilizzo dell’Accordo di Programma per la destinazione urbanistica delle aree degli ex scali ferroviari, condizioni che nel caso in esame non sembrano esserci ma che in generale, di là dal caso specifico, deve preoccupare chi ha a cuore i beni comuni: l’utilizzo dell’Accordo di Programma costituisce, infatti, una forte limitazione dei poteri in materia urbanistica del Consiglio comunale che viene chiamato solo a ratificare l’Accordo senza poterlo sostanzialmente discutere, così derogando alle normali procedure per le variazioni al Piano di Governo del Territorio. M a questa è anche una scelta politica e per questo ben più delicata.

Lasciamo da parte fino alla prossima volta la questione scali ferroviari e veniamo all’altro pasticcio, quello della riapertura dei Navigli. Qui si tratta di chiarire una volta per tutte il significato del quesito sui Navigli del referendum del 2011: “Volete voi che il Comune di Milano provveda alla risistemazione della Darsena quale porto della città e area ecologica e proceda gradualmente alla riattivazione idraulica e paesaggistica del sistema dei Navigli milanesi sulla base di uno specifico percorso progettuale di fattibilità”.

L’interpretazione autentica la diede il sindaco Sala in Consiglio comunale il 4 ottobre2017 a proposito di un nuovo referendum dicendo: “Vorremmo indire il referendum [sui Navigli] in concomitanza con una delle tornate elettorali della prossima primavera” e poi “[ i milanesi] si sono già espressi, in termini di principio, in questo senso, dichiarandosi in larga parte favorevoli alla prospettiva di riapertura dei Navigli“. E ancora: “Ma in quel caso la scelta ancora non si basava su un progetto concreto: oggi vogliamo invece sottoporre ai nostri cittadini un progetto concreto, misurabile, tecnico e specifico nella sua puntuale definizione.”. Il referendum non si fece perché la domanda di abbinamento con le Regionali fu rigettata dal TAR.

Si insiste nel dire che il 94% dei milanesi è favorevole? A cosa? L’assessore Lipparini e i sostenitori senza se e senza ma della riapertura e che si fanno forza con l’argomento referendario si allineino a quello che disse il Sindaco nell’ottobre del 2017 ammettendo sinceramente che a quel referendum dissero sì non il 94% dei milanesi ma il 94% del 49% e comunque non si può spacciarlo per il volere nemmeno della maggioranza dei milanesi rispetto alla riapertura.

Dunque, se tutto va bene, un nuovo referendum, progetto e costi alla mano.

Vorrei parlare anche delle periferie e delle aree di Expo2015, di Città studi ma la pazienza dei lettori penso abbia un limite. Alla prossima allora.

Luca Beltrami Gadola



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  1. Roberto BrambillaArticolo interessante! Ci possiamo sentire? RB
    8 maggio 2019 • 07:40Rispondi
  2. Cesare MocchiUn dettaglio: credo che da un punto di vista metodologico (non entro nel merito) il Comune faccia bene ad andare avanti nell'attuazione di scelte urbanistiche prese (in questo caso, l'AdP sugli scali ferroviari) anche in pendenza di un ricorso al Tar. In caso contrario, si assegnerebbe ai ricorrenti e agli organi amministrativi un enorme potere di veto o comunque di rallentamento, che costituirebbe un precedente pericoloso: chiunque ricorrerebbe al Tar per rallentare i progetti poco graditi - e si sa che rallentare vuol dire spesso accantonare. Discutiamo e litighiamo, magari. Ma non diamo ai tribunali ruoli che non hanno. Se poi emergessero irregolarità, chi ha corso il rischio ne affronterà le conseguenze.
    8 maggio 2019 • 08:50Rispondi
    • Andrea PassarellaConcordo in pieno, l'Italia ha un ritardo infrastrutturale di circa 20/30 rispetto alla media UE proprio per questo motivo. Inoltre più che criticare l'atteggiamento del Comune di Milano mi focalizzerei sullo scarso senso civico dei Milanesi, mi spiego meglio: se tutte le sezioni locali delle principali testate giornalistiche (Corriere e Repubblica ad esempio) riportano il progetto vincitore per Scalo Farini e cosa fare per partecipare alla consultazione, se tutti i cittadini Milanesi che fanno uso dei servizi online del Comune di Milano vengono informati via mail nel dettaglio su come avverrà il processo di consultazione, se il comune espone sui tazebao le comunicazioni circa la partecipazione e POCHI intervengono sono i Milanesi che sono disinteressati al proprio futuro, metodologicamente non ci si può fermare perché pochi partecipano; un comune non è un semplice condominio e non può essere condannato all'immobilismo.
      10 maggio 2019 • 16:52
  3. Bruno AmbrosiPerfetto! ma per quanto riguarda i navigli, forse Sala sta facendo un po' di marcia indietro. Mi pare che ultimamente scivoli via sul tema di fronte alle emergenze "periferie", tema ben più impegnativo ed "elettoralistico".
    8 maggio 2019 • 09:20Rispondi
  4. Marina RomanòAnche a me un noto giornalista del quotidiano più venduto in Italia mi ha riferito che si sente porre la stessa domanda nelle stesse circostanze “Ma da che parte stai?”. Le critiche, anche quando costruttive e formulate con garbo e buon senso, infastidiscono. Soprattutto gli amici. Sul rapporto o meglio pseudo/finto rapporto con i cittadini, "errore purtroppo tipico della sinistra di oggi", non posso che essere d'accordo. Cittadini che hanno creduto nella svolta arancione e si sono dovuti ricredere, con grande amarezza. Cittadini lasciati soli. Infine, sull'utilizzo dell'A.d.P. anche per il futuro di Città Studi, ci sono le stesse perplessità esposte nell'articolo del direttore, che coglie, come sempre, nel segno
    10 maggio 2019 • 21:29Rispondi
  5. Maurizio GiufrèIn assenza di strategie chiare l'urbanistica milanese tentenna e ne godono come sempre i nuovi (e vecchi) rentier. Ai problemi della città il politico (Sala) cerca soluzioni immediate e vi si accodano tutti coloro che scalpitano per "fare", comunque "fare", infischiandosene dei diritti collettivi dei cittadini, in particolare di quelli che verranno. Sarebbe ora che si aprisse un vero confronto tra le istituzioni pubbliche e i milanesi con i cittadini dell'area metropolitana. A gestirlo il Comune "fa acqua" (come è evidente dai fatti di cronaca): ben più pericolosa di quella dei navigli come la storia dell'urbanistica milanese insegna.
    15 maggio 2019 • 14:59Rispondi
  6. Riccardo AntoniolGentile dott. Gadola, io ho scaricato e studiato il Master Plan Scalo Farini e parteciperò alla presentazione del progetto. Per il momento la mia opinione sui progetti è molto positiva. Certo, verranno "cementificate" parecchie migliaia di metri quadrati, ma in cambio la collettività riceverà molte migliaia di metri quadrati di verde pubblico. Mi sembra un "do ut des" positivo per la collettività. Al contrario, non trovo, ne positiva, ne costruttiva la sua critica al progetto. Innanzi tutto manca una presa di posizione sui contenuti del progetto. La discussione verte solo su aspetti metodologici. (Perché non si attende la conclusione del ricorso al TAR?) Mi creda, se uno non vuole fare le cose, troverà sempre una scusa valida per "non fare". Ma aspettare per non fare, è una non-scelta, e negli ultimi 50 anni di non-scelte ne abbiamo accumulate fin troppe in Italia. Invece credo sia giunto il momento dell'onestà intellettuale. Questo progetto mi piace e lo faccio, questo progetto non mi piace e mi oppongo. Anche le critiche legali al progetto, mi causano un'immediata reazione allergica. Che un progetto del genere non veda la luce, perché FS Scali Ferroviari in base all'art. xx del DPR xy è un ente privato, ma la L yz del xx prevede che gli Accordi di Programma possono avvenire solo tra enti pubblici. mi sembra una sterile discussione burocratica da Stato Borbonico. Invece mi piacerebbe vivere in un paese moderno poco burocratico in cui le norme fossero chiare e inoppugnabili per tutti i cittadini... ma temo sia solo un'Utopia.
    22 maggio 2019 • 13:58Rispondi
    • Luca Beltrami GadolaGentile Antonioli, la mia critica era ed è essenzialmente sul metodo non sul contenuto del progetto. La mia osservazione da attento spettatore delle cose comunali, è che fanno le cose male e, anche se le scelte sono condivisibili, si fermano appunto di fronte a chi si mette di traverso perché non approva il progetto ricorrendo ai tribunali. Quello che poi non mi piace è sia l'abitudine a non rispondere, non a me ma a chi esprime opinioni in pubblico, sia il gabellare per partecipazione quello che non lo è. Quanto al progetto non intervengo ma in altra occasione ho detto che ritenevo un errore congelare le destinazioni d'uso a quello che sembra essere la domanda attuale, ben diversa da quella futura. Il Comune deve tenersi un magazzino di aree per soddisfare esigenze future che oggi è impossibile individuare.
      22 maggio 2019 • 16:35
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