6 maggio 2019

LE COLPE DEI GIALLOVERDI NON SONO MERITI NOSTRI

Tutto gira attorno a tasse, IVA, oneri contributivi


Il fatto che i gialloverdi siano pericolosi incapaci di tutto non autorizza a fare piani per un futuro alternativo senza fare proposte. Se stiamo scendendo nei sotterranei è colpa di questo governo di bugiardi e peracottari, ma se siamo da tempo fermi al piano terra si deve andare a cercare le responsabilità nei governi della cosiddetta Seconda Repubblica, da Berlusconi a Monti a Renzi.

Primo esempio, le tasse sul reddito personale: la retorica delle tasse da tagliare perché bloccano la crescita è “made in Berlusconi”, Renzi se ne è appropriato e nessuno, nemmeno i gialloverdi, è più riuscito a liberarsene. Un linguaggio di verità dovrebbe partire dal fatto che l’ Irpef sulle persone fisiche cuba mediamente euro 5200 (cinquemiladuecento) all’anno, è pagata per oltre il 50% dai lavoratori dipendenti e solo 2 milioni di contribuenti, nemmeno il 5% del totale delle dichiarazioni, denuncia redditi superiori a 50 mila euro all’anno ed il totale del gettito di questa tassa copre poco più il 6% della spesa pubblica annua (come dire che l’intera Irpef finanzia a mala pena la sola sanità pubblica e poco altro).

Se ricordiamo che le tasse sulle imprese ed i contributi sul lavoro cubano quasi il doppio del totale Irpef, è piuttosto evidente che il problema fiscale principale è il clamoroso e unico al mondo squilibrio fra tassazione sul lavoro e tassazione sulle rendite che sono – è addirittura diventato impolitico chiamarle con il loro nome, per paura di perdere voti al solo toccare l’argomento – patrimonio, pensioni e finanziarie.

Dalfonso

Senza girarci intorno, riequilibrare significa tagliare drasticamente i costi dei contributi previdenziali trasferendoli direttamente sulle buste paga degli unici veri tartassati in Italia, i lavoratori dipendenti di ogni ordine e grado, finanziando le stesse con un aumento della tassazione oltre i 100 mila euro e con il recupero dell’evasione fiscale ( già nel 2017 è stata di 20 miliardi, non bruscolini) da vincolare direttamente a questo scopo ed all’estensione delle esenzioni totali dalle tasse da portare a 20 mila euro di reddito individuale annuo.

Un meccanismo semplice, comprensibile e gestibile e di effetto immediato.

Secondo esempio, gli investimenti pubblici. Finita l’era della finanza creativa e dei liberisti di Stato, con i project financing a costo pubblico e utile privato, tutti o quasi sono diventati keynesiani e d’accordo sulla necessità di investimenti pubblici per far ripartire lo sviluppo e partono a caccia di soldi e finanziamenti, meglio se “europei”. Qualcuno ricorda, di solito all’inizio del mandato, che ci sono 147 miliardi (ma forse sono 105, tanti comunque) di investimenti già a bilancio (tradotto : non servono altri soldi per realizzarli) che si sono accumulati negli anni. Bilancio dopo bilancio, questa somma di “residui” aumenta invece che diminuire : in pratica vuol dire che si spende meno di quanto si annuncia e si stanzia a bilancio.

Questa situazione, unica al mondo, che genera periodici interventi di sblocca-qualcosa, leggi sulle semplificazioni che inseriscono nuove commissioni, firme, passaggi , sistemi di anticorruzione e prevenzione che finiscono per prevenire l’inizio dei cantieri più che furti e corruzione, è figlia legittima di un sistema burocratico, spagnolesco, centralistico ed inefficiente.

Per uscire da questo mostro giuridico burocratico, che fa sì che tra la data dello stanziamento e la spesa del primo euro di investimento passino almeno tre anni, sono necessari interventi altrettanto “mostruosi”, per la logica degli “uomini chiamati cavilli” che ci governano : un provvedimento straordinario che affidi ad una unica autorità, il più vicina possibile al territorio sul quale investire, l’intero procedimento; l’eliminazione, in via straordinaria e temporanea, della competenza dei Tar (altro unicum mondiale del quale non sappiamo se essere fieri, visti i risultati..) e di qualsiasi altra autorità che non sia la magistratura ordinaria civile e penale; l’istituzione di una tesoreria unica di progetto presso questa autorità (tradotto: dare al commissario tutto il “grano” e dargli la possibilità di spenderlo senza formalità e passaggi autorizzativi, pagando le imprese ed i dipendenti) .

E’ praticamente sicuro che aumenterebbero i rischi di corruzione, comparaggio, grassazioni e via scorrendo il codice penale, ma trattandosi di un provvedimento “straordinario” valido per 20,30, 40 miliardi di investimenti già stanziati, ci sarebbe il tempo per redigere un nuovo sistema semplificato di gestione degli investimenti pubblici e comunque niente fermerebbe il lavoro dei Pm e delle polizie: gli imbecilli (tali sono coloro i quali pensano che sia ancora possibile rubare nel pubblico senza essere scoperti) che venissero condannati (non solo indagati..) dovrebbero essere sottoposti a “daspo” decennale da qualsiasi incarico pubblico ed avere di default la pena massima prevista dal codice. Troppo semplice ? Forse, ma se si vuole affinare il meccanismo meglio su questa strada che quella sull’allungamento dei controlli che alla fine portano a nessun controllo.

Dalfonso-01

Terzo esempio, l’Iva ed i consumi. Continuare a strillare in coro che l’aumento dell’Iva è una sciagura e magari augurarsi sottobanco che scatti per automatismo per poterne dare colpa a qualcuno (la sinistra ai gialloverdi, i gialloverdi a Renzi, Renzi a Monti e che palle ! ) serve a poco. Anche qui servirebbe un po’ di verità : e dire che un aumento dell’Iva genera un po’ di inflazione, utile per la situazione debitoria, che non avrebbe affatto un effetto automatico e lineare su tutti i consumi e, soprattutto, che l’aumento della salvaguardia (13 miliardi di euro nel 2020) è pari a meno di un terzo dell’evasione Iva stimata in Italia, che prospera tra le mille esenzioni ed aliquote differenti per lo stesso bene o servizio.

Anche qui occorrerebbe una proposta semplice e di impatto : eliminazione di tutte le esenzioni, riduzione a tre aliquote del 4, 10 e 22 per cento; ma soprattutto “regionalizzazione” dell’imposizione, dando la possibilità ai territori di finanziarsi con una aliquota Iva aggiuntiva ovvero finanziare i territori in difficoltà ( in massima parte il Sud) con la concessione di un rimborso parziale Iva erogato direttamente ai cittadini o indirettamente alle imprese.

Esiste una proposta Visco – che nessuno ha preso in seria considerazione – che permetterebbe non solo la sterilizzazione del famigerato aumento delle salvaguardie, ma anche la riduzione dell’aliquota massima dal 22 al 20 per cento , che creerebbe uno spazio di applicazione di una addizionale del territorio fino al 3-4% per cento che non inciderebbe di fatto sui consumi : è proprio tempo perso andarla a verificare prima di starnazzare “no all’aumento” senza proporre alcunché?

Quarto esempio … . Va bene, un’altra volta … .

Franco D’Alfonso



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