30 Gennaio 2018
Patrick Fogli
A CHI APPARTIENE LA NOTTE
Baldini & Castoldi, 2018
pp. 481, euro 18,00
Nel novero dei libri page-turner (volta-pagina) che non si riescono a posare fino alla fine, compare l’ultimo romanzo dello scrittore bolognese Patrick Fogli, appena uscito per Baldini & Castoldi. L’autore ci offre qualcosa di più di un giallo all’ultimo respiro. La sua scrittura particolare e ricercata riesce a percorrere una storia sulla superficie di uno specchio incrinato, posto sulle colline dell’Appennino reggiano.
Le due protagoniste che si palleggiano la trama del romanzo, la giornalista d’inchiesta Irene Fontana e la madre Dorina, che trascina la figlia nella storia; sono due donne che aprono squarci, raccontano, ricordano, resistono, lottano. Sullo sfondo c’è la descrizione di una terra, un insieme irregolare di saliscendi verdi, che è quella parte di Emilia. Il luogo in cui decidi di voler vivere, perché ti conquista e non perché là sei nato e sei cresciuto. E, come un trampolino sulla luce del mondo, c’è la Pietra di Bismantova, che spunta da tutte le parti, e sarà in una notte d’estate che Filippo si butterà, senza paura, da questa pietra.
Colpisce il fatto che ogni storia inventata contiene una storia vera. E quelle vere possono essere folli, indicibili, piene di ombre, di spaventi, possono cambiarti la vita e segnarti per sempre. E in “A chi appartiene la notte” si comprende che un segreto vero è una cosa che non si può raccontare e, per questo, ti condanna alla solitudine.
L’indagine sull’ipotetico suicidio di Filippo è condotta da Irene che inizia a investigare sulla sua vita e su quella dei suoi amici. Scopre un locale, lo Snoopy, dove nel giorno di chiusura si organizzano festini piuttosto estremi. Incontra un artista che vive isolato in una casa museo, in compagnia delle sue sculture da incubo. Così il quadro si tratteggia, si delinea e si riempie anche di elementi che vengono da molto più lontano. Un patto fondato nel dopoguerra per garantire prosperità. Cinque famiglie, in cinque frazioni diverse dell’Appennino, giovani vite in cambio di un futuro più saldo.
Sono pagine tra le più sentite del romanzo, il rendering letterario di un incubo sulla psicologia del genere umano, dove sempre echeggia una frase di Svjatlana Aleksievič:“esiste qualcosa di più spaventoso delle persone?”
Cristina Bellon
Rubrica a cura di Cristina Bellon
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