17 novembre 2015

MILANO, EXPO E IDENTITÀ METROPOLITANA


Cosa vuol dire essere o sentirsi milanesi ora, dopo i sei mesi di ribalta mondiale sulla quale la città è rimasta grazie ad Expo? Sarà riuscita l’Esposizione Universale a definire meglio i connotati identitari delle popolazioni che ogni giorno vivono, consumano attraversano la metropoli? Avrà avuto almeno il merito di evidenziare quanto i flussi di energia che la percorrono non si scaricano necessariamente all’interno della Milano storica ma si distribuiscono anche oltre i limiti amministrativi della città metropolitana? Si può affermare che se esiste un’eredità di Expo dopo di sé essa stia nell’avere stabilito l’appartenenza a una riconoscibile dimensione metropolitana di quel territorio tra Milano e Rho, differenze del biglietto del metrò a parte?

05barzi40FBIl rischio che a queste domande non si dia alcuna risposta è alto, dato che l’attenzione dell’opinione pubblica viene ora dirottata sulla metonimia (“procedimento linguistico che consiste nel trasferimento di significato da una parola a un’altra in base a una relazione di contiguità spaziale, temporale o causale”, recita il vocabolario Treccani on line) del Modello Milano. Identificando quest’ultimo con la buona gestione di un grande evento come Expo si opera un trasferimento con il quale il tutto (Milano e il suo territorio metropolitano) viene perso per strada a favore della parte (Expo). Si sa d’altra parte che è difficile distinguere la sineddoche dalla metonimia.

Guido Martinotti, anche su ArcipelagoMilano, aveva ripetutamente sottolineato quanto sia difficile cogliere gli aspetti caratteristici della nuova forma urbana identificabile con la metropoli. La metafora in più di una occasione utilizzata per sottolineare quanto sia urgente abbandonare le distinzioni tra urbano e periurbano – se si vuole cogliere l’identità metropolitana spaziale e sociale – egli la prese in prestito da Deyan Sudjic, autore di The 100 miles city. «Immaginate il campo di forza attorno a un cavo dell’alta tensione, scoppiettante di energia e lì lì per scaricare un lampo a 20.000 volts in uno qualsiasi dei punti della sua lunghezza, e avrete un’idea della natura della città contemporanea. Solo che il campo di forza che la città esercita sul territorio non è continuo, ma si stende per centinaia di chilometri attorno al nucleo centrale dei maggiori insediamenti storici scaricandola sua energia qui e là» (1).

Expo, così come l’attiguo polo espositivo, è una delle tante forme insediative tipiche della metropoli dove «la potenzialità urbana si scarica, come l’elettricità da un cavo ad alta tensione». Durante il suo svolgimento l’esistenza del cavo dell’alta tensione che attraversa Milano nella sua dimensione 100 miles city era chiaramente percepibile non tanto grazie a un viaggio in metrò fino a Rho Fiera, da una delle stazioni della linea rossa, quanto in virtù di un tragitto da 40 minuti in treno da Varese, lungo uno dei corridoi della mobilità che scardina il dualismo centro-periferia della dimensione urbana classica. Si tratta di un nuovo spazio metropolitano che, come aveva opportunamente sottolineato Martinotti, non è il semplice ingrandimento della città tradizionale, quanto una nuova forma urbana, una meta-città che supera i confini comunali e travolge la struttura urbana storicamente percepita, proiettandola dentro un più vasto processo di trasformazione.

Expo, al di là delle sue premesse e dei suoi contenuti, sembra aver dimostrato quanto sia ormai operante, e non solo da punto di vista spaziale, l’identità di Milano come metropoli dove una distinzione tra urbano e periurbano risulta priva di senso. Quale influenza abbia avuto tutto ciò nell’immaginario collettivo dei cittadini e della classe dirigente è questione ancora da indagare, ma in ogni caso un po’ di strada l’identità metropolitana tra i milanesi latu sensu forse ne ha fatta. È un’occasione, questa dell’eredità di Expo, che non va sprecata, a partire dal presupposto che in questi sei mesi Milano non è più stata valutata solo con il metro del suo ruolo alla scala regionale o nazionale (come nel caso della metonimia Modello Milano) perché oramai il ranking è quello continentale o mondiale. E questo dal punto di vista della capacità di auto-valutarsi non è privo di significato se i temi che saranno oggetto di discussione nei prossimi mesi di campagna elettorale sono gli stessi affrontati dalle altre metropoli del pianeta. Opportunità, inclusività, equità, tanto per stare sulle questioni di principio e sperare in una loro prossima declinazione ambrosiana.

 

Michela Barzi

 

1 Cfr. G. Martinotti, La nuova fiera e il sistema metropolitano milanese, in G. Martinotti (a cura di), Nuovi stili di vita dei cittadini. La popolazione di Rho e di Pero, Quaderni della Fondazione Fiera Milano. Anno V, n°8, Milano, Fondazione Fiera Milano – Libri Scheiwiller, aprile 2005, pp. 16-45.



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