5 dicembre 2012

UMBERTO AMBROSOLI. UNA CANDIDATURA E LE SUE RAGIONI


Dall’8 novembre, in queste prime tre settimane di avviamento di una campagna elettorale in Regione Lombardia, ci sono alcuni punti fermi e alcune cose un po’ confuse. L’8 novembre è stato il giorno in cui Umberto Ambrosoli ha convinto il centrosinistra politico a fermare la macchina elettorale limitata ai partiti (che hanno realizzato una serie storica di sconfitte, finendo alle ultime elezioni, sotto l’ombrello di Penati, al 33%) per creare una cornice di gestione e garanzia della campagna costituita da un Patto civico per metà rappresentato dalla politica, nella forma di sindaci del centrosinistra delle maggiori città lombarde; e per l’altra metà dall’associazionismo civile che, allargando la base sociale della coalizione, punta non a perdere come sempre, ma a conquistare il 51%, che è cosa non scontata.

I punti fermi sono questi:

* il centro-destra (berlusconiano, formigoniano e leghista) è al termine di un ciclo di potere in cui per malapolitica e divisioni può cedere terreno elettorale rispetto a una maggioranza di cittadini che nella Lombardia (più conservatrice rispetto a Milano) lo ha per quasi venti anni privilegiato;

* le divisioni e gli antagonismi attuali del centro-destra (sommati agli opportunismi di un centro ancora molto esile elettoralmente) sono destinati a comporsi perché gli interessi rappresentati e a lungo gestiti questo chiedono; da quel momento la battaglia si farà meno scontata di come appare;

* l’astensione (annunciata attorno al 40%) contiene elettori disgustati dalla politica che possono tornare ad accostarsi al voto a fronte di specchiate candidature che nascono non da finti civismi ma da un vero moto di “reazione civile” in seno alla società, capace di considerare i partiti politici come necessari ma non sufficienti, proponendo loro un percorso di cambiamento e maturazione e non di “occupazione” delle istituzioni (così l’esperienza milanese di Pisapia).

I fattori di incertezza sono questi:

* le primarie del centrosinistra erano avviate e legittimamente sono state mantenute nel quadro diverso che è intervenuto per traguardare il risultato finale; le candidature nate all’interno dei partiti (Pizzul, Cavalli, Civati, Biscardini) hanno lasciato il campo a favore di Ambrosoli come opzione di allargamento dello spettro elettorale a scopo di successo; il candidato dell’area politica fuori da questa coalizione (Di Stefano per Rifondazione) è rimasto in campo per tenere in tensione elettorale una porzione di voto con certe caratteristiche; la candidatura di tipo personale e settoriale di Alessandra Kustermann è rimasta in pista perché chi è entrato nell’arena con queste caratteristiche ha legittimità di comprovarsi rispetto alle proprie idee e al proprio profilo;

* ciò produce un clima politico che in questa fase non corrisponde integralmente a quello che emergerà nella vera battaglia finale, ma che corrisponde piuttosto al tradizionale modo di misurarsi e, un po’, anche di dividersi della sinistra, in cui spesso le parole d’ordine contano più della realtà e che comunque caratterizza un tempo 1 che ha profilo diverso dal tempo 2; qualcuno (anche autorevolmente, come Valerio Onida) dice che questa è una perdita di tempo dannosa; Umberto Ambrosoli ha detto che questo è un legittimo passaggio di confronto, emersione di problemi e riscaldamento dell’opinione pubblica in un dibattito che, se condotto correttamente, fa luce anche sulla consapevolezza e il senso di responsabilità di un vasto elettorato in ordine al possibile conseguimento del successo;

* in tutti i confronti molti sono i fattori che introducono strappi e qualche irrazionalità, a cominciare dai media che adorano mettere un po’ di zizzania, per riscaldare l’attenzione; i personalismi giocano il loro ruolo; le componenti più di sinistra che demonizzano quelle moderate e viceversa quelle moderate che demonizzano i caratteri tradizionali della sinistra sono cose all’ordine del giorno e la lezione di armonizzazione che è venuta dal caso Milano qui deve ancora prendere piede.

Ecco allora che i contenuti cominciano a essere importanti. Lo saranno sempre di più quando si potrà parlare di “programmi”. Ma è evidente che un programma deve nascere da un percorso partecipativo che solo i cento giorni che ci separano dalle elezioni determineranno. Umberto Ambrosoli ha proposto un documento più breve di un programma: delle linee guida in dieci punti in cui sono ricostruite le sue ragioni e il profilo essenziale di opzioni attorno alle politiche pubbliche che sono la parte consistente delle responsabilità dell’istituzione regionale. Insieme ad alcuni caratteri (legalità, trasparenza, recupero del deficit di democrazia, netta propensione alla discontinuità) che sono propri della sua personalità e della sua cultura.

 

Stefano Rolando

 

 

Leggi qui le linee-guida del progetto di Umberto Ambrosoli



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