13 novembre 2013

TIRO A SEGNO A MILANO: UN BERSAGLIO DA SALVARE


Uscendo da Milano lungo viale Certosa si attraversa piazzale Accursio e si nota sulla sinistra, semisepolto da rovi e da erbacce, un edificio non comune, anzi accattivante, come una signore non più giovane ma di cui si indovina ancora la passata bellezza. È il Tiro a Segno Nazionale, dove in passato generazioni e generazioni di sportivi e appassionati di armi da fuoco per uso pacifico sono venuti a esercitare la loro bravura di tiratori. Oggi il tiro a segno è deserto; abbandonato; non più in funzione. È stato di recente sostituito da un nuovo impianto costruito nelle vicinanze, e dotato di nuovi edifici e di nuovi campi da tiro. Tuttavia sorge un’ovvia domanda: non vi è in questa frenesia del nuovo compiaciuta soddisfazione di cancellare tutto ciò che è vecchio? La mancanza di riguardo, anzi il palese disprezzo nei confronti di edifici ricchi di pregio storico-artistico. È noto che la sede del Tiro a Segno è un bell’esempio di costruzione in stile floreale; un modello di quella architettura che ha segnato un’epoca di crescita per la nostra città; un edificio monumentale che non è stato mai né alterato né stravolto da successivi interventi irrispettosi o vandalici.

07gardella39FBCome il non lontano Ippodromo di San Siro anche il Tiro a Segno avverte e risente il modificarsi delle mode sportive, il mutare del gusto nella scelta dei divertimenti; l’evolversi (o involversi) del modo di occupare il tempo libero. Ma come per San Siro anche per il Tiro a Segno è un vero imperdonabile delitto lasciare morire l’edificio che lo ospitava senza prima cercare di recuperarlo e destinarlo a nuove e più aggiornate funzioni. Degli orrendi e costosissimi mostri edilizi costruiti ultimamente a Milano se ne sarebbe potuti innalzare uno di meno e trasferirne la destinazione in un’opera già esistente e di riconosciuto valore architettonico. Una operazione certamente non facile né semplice ma non impossibile, purché la Pubblica Autorità faccia sentire la sua voce, e gli organi amministrativi sappiano dimostrare la necessaria volontà politica.

Ma esiste oggi una volontà politica? Un disegno urbanistico e sociale che sia capace di prevedere il futuro sviluppo della città? E soprattutto una cultura civica che apprezzi e difenda le testimonianze della storia cittadina? Nell’attuale momento di dissennata “deregulation”, nella totale mancanza non tanto di regole, le quali anzi sono troppe e troppo confuse, ma di indirizzi e di visioni chiare e lungimiranti, la mano pubblica è vergognosamente assente, la rinuncia a ogni forma di dirigismo è letale; la scomparsa di ogni intervento dello Stato e degli Enti locali sta precipitando il paese nell’anarchia.

Per quanto riguarda lo sviluppo di Milano si deplora non soltanto l’assenza di indicazioni provenienti dall’alto, la inesistenza di progetti elaborati da organismi posti al vertice, ma si biasima anche la inerzia dell’Amministrazione Municipale di fronte alle opportunità a volte insperate, a volte inattese, che le imprevedibili vicende della città continuamente portano alla ribalta. Il caso del Tiro a Segno Nazionale ne è un esempio lampante: l’area da esso occupata è di notevole estensione; la posizione in cui esso si trova offre interessanti prospettive urbanistiche: il nuovo utilizzo che gli si potrebbe riservare è promettente e stimolante. Il Tiro a Segno e la superficie a verde che lo circonda si trovano a poca distanza dal Monte Stella; non lontano dal Giardino dedicato a chi è caduto in aiuto del Terzo Mondo; in prossimità del nuovo attraente Parco del Portello.

Una posizione invidiabile per fare del Tiro a Segno la componente di un sistema a verde di ampio raggio; per includerlo in una complesso di parchi pubblici interconnessi e integrati. Sarebbe uno studio entusiasmante per chi abbia passione e interesse a intervenire nello sviluppo della città e dare un indirizzo positivo alla crescita urbana; per chi sappia cogliere le opportunità offerte dalle situazioni sempre nuove che di volta in volta si presentano. Ci si accorgerebbe che un unico percorso nel verde potrebbe collegare località per ora fortunatamente scampate alla cementificazione; un unico itinerario pedonale potrebbe collegare zone riservate allo svago e agli esercizi sportivi. Sarebbe sufficienti elevare alcuni cavalcavia percorribili da pedoni e ciclisti; togliere il passaggio di veicoli in alcune strade di minore traffico; imporre qualche deviazione al transito automobilistico; e nascerebbe nella zona ovest di Milano un ampio sistema di passeggiate nel verde ed una invidiabile riserva destinata allo svago e alla ricreazione. Occorre saper vedere, intuire, indirizzare, occorre avere in Comune persone capaci di ideare progetti per una azione urbanistica buona, sana, ragionevole. Occorre trovare persone dotate di fantasia, di coraggio, di lungimiranza.

A Londra, in previsione della crescita urbana successiva al secondo conflitto mondiale, era stato istituito uno speciale Ufficio di progettazione, diretto dal noto urbanista Patrick Abercrombie; ed era stato elaborato un Piano di Sviluppo della città, all’interno del quale erano indicate le linee direttrici e la configurazione spaziale della futura grande Londra; della Londra che prossimamente si sarebbe estesa al di là del vecchio nucleo storico. La saggezza anglosassone aveva capito che il progetto di una nuova città non può essere condotto da un Sindaco, da un Assessore, da una Giunta: deve essere anzitutto studiato – e in seguito proposto al giudizio dei politici – da un organo speciale, da una Commissione appositamente creata, da un ufficio libero di svolgere indisturbato il difficile e impegnativo compito di dare un volto alla città del futuro.

Nessuna delle passate Amministrazioni ha mai voluto creare un simile organismo; nessuna Commissione Comunale è mai stata costituita al fine di tracciare le principali linee di crescita urbana.

Ogni operazione urbanistica richiede un accordo tra costruttore privato e amministratore pubblico: una collaborazione fra chi possiede i mezzi per realizzare e chi ha la visione per dirigere; un equilibrio tra interesse e profitto personale da un lato, e benessere e vantaggio collettivo dall’altro. Negli ultimi anni mentre lo strapotere del costruttore privato ha deturpato la città, la debolezza (o connivenza) dell’Autorità Pubblica ha rinunciato a esercitare qualsiasi controllo; o peggio ha concesso norme troppo permissive e troppo favorevoli a ottenere esagerati profitti personali realizzati costantemente ai danni della collettività. Basta pensare alla sciagurata legalizzazione dei sopralzi che hanno provocato un peggioramento della congestione urbana, oppure alla disastrosa concessione di parcheggi sotterranei non destinati, come si sarebbe dovuto, ai soli residenti, ma previsti per un deprecabile uso prevalentemente a rotazione.

Il recupero di un edificio e dei suoi estesi dintorni, come la sede del Tiro a Segno Nazionale, difficilmente prenderà spunto e avvio dalla volontà o dall’interessamento di un imprenditore. Fino a quando i responsabili del destino urbano, cioè gli Amministratori Comunale, non saranno capaci di offrirci un piano di sviluppo della città, difficilmente le occasioni ricche di promettenti sviluppi urbanistici verranno colte e tradotte in fatti concreti, in operazioni utili alla cittadinanza.

 

Jacopo Gardella

 

 

 



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