30 ottobre 2013

MEMORIE DI ADRIANO. PENSIERI SULLA PARTECIPAZIONE


Ho letto con un certo disagio l’articolo di Eleonora Poli e il suo resoconto dell’assemblea al Quartiere Adriano. Disagio non tanto per ciò che viene affermato – il personale punto di vista della signora Poli, opinabile, ma legittimo – quanto per la capacità di trascurare alcuni “dettagli” che sono la chiave di lettura di ciò che sta accadendo in quell’area e in quel quartiere. E che fa brontolare l’autrice anziché farla inorgoglire per quanto – nei fatti, non solo a parole – stiamo riuscendo a fare come amministrazione.

08scavuzzo37FBVado con ordine e, spero, con chiarezza. L’assemblea pubblica di cui parliamo (fortemente richiesta dalla Zona e dei cittadini), non era un dibattito aperto su un’area di cui si vuol progettare il futuro, bensì un incontro per raccontare lo stato dell’arte di un percorso di salvataggio di un dramma urbanistico, complesso e complicato, che dalle precedenti amministrazioni è stato voluto e avviato senza essere portato a conclusione, e che oggi è una matassa talmente aggrovigliata da fermare anche gli interventi più urgenti. Dato che la signora Poli allarga il discorso a Santa Giulia, diciamo che ci troviamo in una condizione di estrema difficoltà analoga a quella di Santa Giulia: e lo dico con una punta d’orgoglio e di speranza, visti i risultati estremamente positivi conseguiti dall’Amministrazione Pisapia – e dall’assessore De Cesaris in particolare – nella partita di Santa Giulia.

C’è poco da ironizzare sulla partecipazione in situazioni così complicate e soprattutto prive di attività progettuale: bisogna trovare il percorso corretto ricordando che il diritto di proprietà è sancito dalla Costituzione Italiana e che il Comune non può agire come se esso non esistesse, bisogna affrontare le fatiche economiche di questi tempi così duri e distinguerle dal malcostume di operatori che in modo sconsiderato hanno abbandonato i cantieri e fermato i lavori, bisogna allungare il passo laddove si può e fermarsi un centimetro prima del burrone per evitare di cadere vittima delle pastoie della burocrazia e dei ricorsi al TAR. I cambi di amministrazione e la fatica a dialogare con alcuni soggetti (penso, ad esempio, ad ALER) non sono da meno e si aggiungono ai fattori che potrebbero rendere vano ogni sforzo e bloccare qualunque passo verso un miglioramento delle condizioni del quartiere.

Mi stupisco che la signora Poli non riporti alcuni passaggi importanti di quanto affermato nel corso dell’assemblea: la promessa di procedere a gara pubblica per poter effettuare la demolizione delle strutture abusive (concretizzata la settimana successiva l’incontro con una delibera di giunta), il compimento delle opere del parco a verde pubblico con l’installazione dei giochi per bambini, l’avvio dei lavori per la scuola materna e il nido, la trattativa per poter costruire la scuola media senza rinunciare al cantiere per la piscina.

Alla signora Poli forse sfugge che questi passi non sono semplicemente degli annunci o delle promesse: quanti sono i politici e gli amministratori che si sono succeduti in zona 2 promettendo mari e monti, salvo poi evitare di riconvocare assemblee periodiche per valutare lo stato di avanzamento delle opere promesse?

Credo che questo sia un percorso partecipato perché i cittadini ne sono parte integrante: non si partecipa solo esprimendo desideri o sogni (anche), ma si partecipa restando nel merito delle questioni e seguendo il percorso, monitorando lo stato di avanzamento dei lavori, supportando il cambiamento e facendo sentire che il quartiere è vivo e che le persone che lo abitano hanno diritto a vederlo migliorare giorno dopo giorno. Esprimendo disagio e chiedendo, interagendo nel merito di ciò che viene realizzato o non realizzato, verificando la qualità delle opere e dei manufatti, aiutando l’Amministrazione a fare al meglio il proprio compito. Anche questo aspetto – che ben ha descritto una delle cittadine residenti che è intervenuta nel dibattito – rende più forte l’Amministrazione che si confronta con gli operatori, con i soggetti privati, con le altre istituzioni, con ALER. Un’Amministrazione che non agisce per suo (torna)conto, ma che è spinta dalla forza e dal bisogno dei propri cittadini. La necessità di ridurre il rumore nei pressi della centrale elettrica non è un vezzo ideologico del Comune di Milano, è una richiesta esplicita di molte famiglie che subiscono un fastidio continuo. La richiesta di spostare le fermate dell’autobus n. 86 non è un vezzo di un dirigente che vuole spostare le pensiline, ma verrà valutata come richiesta da parte delle molte persone che usano i mezzi pubblici per spostarsi, andare a scuola e al lavoro. Ecco che si compartecipa al percorso di salvataggio del Quartiere Adriano contribuendo a dare concretezza alle scelte dell’Amministrazione.

Competente, sicura delle proprie affermazioni perché precisa e preparata sull’argomento, un’assessora che conosce benissimo la situazione dal punto di vista tecnico, legislativo, giudiziario ed economico. Così la signora Poli descrive Ada Lucia De Cesaris, testuali parole. La discriminante è quella di non vivere direttamente il quartiere. Penso che sia un discorso bizzarro. Guardo a ciò che accade e penso che oggi più che mai abbiamo bisogno di amministratori (e politici) competenti, sicuri delle proprie affermazioni perché preparati sull’argomento, che conoscano le situazioni dai diversi punti di vista, che siano disponibili a incontrare i cittadini per raccontare ciò che stanno facendo e raccogliere opinioni e commenti.

E dovremmo smetterla con questo fuoco amico travestito da positivo spirito critico. L’alleanza medico/paziente rafforza la cura, migliora gli sforzi di entrambi, vivifica il percorso di terapia e aumenta le probabilità di guarigione. Allo stesso tempo è il medico competente che sceglie la cura e imposta la terapia, che stabilisce le priorità e in base al protocollo valuta gli interventi, i correttivi, i farmaci o la chirurgia. E si assume la responsabilità di quanto decide avendo come bene supremo la salute del paziente. Non faccio un paragone azzardato: la situazione del PII Adriano Marelli, come quella purtroppo di molte altre, è delicata e rischia di cronicizzarsi o di essere letale se non si interviene in modo adeguato.

Un medico dev’essere malato per curare bene un paziente? Non credo debba soffrire con lui per proporgli la cura più adeguata per una pronta guarigione, non credo debba condividere la malattia per osare opporvisi con successo. E il paziente cerca un medico competente e preparato, che sappia proporgli buone soluzioni, non che attui ciò che in autodiagnosi egli ha pensato per sé. Un medico di cui si fida e che mostra di proporre soluzioni che portino a miglioramenti. È certamente nell’alleanza medico-paziente che si sviluppano al meglio le capacità del medico e le risorse del paziente: è a questo, a mio avviso, che dobbiamo puntare con i percorsi partecipati in casi come il PII Adriano Marelli o Santa Giulia. Che non sono progettazioni ex novo, ma che richiedono un efficace dialogo fra le istituzioni e i cittadini: non mi convince chi vuole sostituire alla politica delle istituzioni (democraticamente elette nel caso degli organi elettivi, legittimamente nominati nel caso degli organi fiduciari) quella di gruppi più o meno organizzati di cittadini.

Le parti non si devono scambiare, né intersecare. La confusione dei ruoli può ingenerare deresponsabilizzazione e non ci serve che le responsabilità siano di tutti perché abbiamo imparato che poi finiscono con l’essere di nessuno. Ciascuno si assuma le proprie responsabilità e metta al servizio della collettività le proprie competenze, esprima giustamente i propri bisogni e il proprio punto di vista, sempre ricordandosi che siamo una collettività anche in questo, e l’Amministrazione ha il dovere di far sintesi e lavorare per il bene di tutti.

 

Anna Scavuzzo*

 

 

*consigliera comunale di Milano Civica



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