22 marzo 2011

DEMOGRAFIA: RIAPRIRE IL DIBATTITO


Andate e riproducetevi ovvero proletari (ma non solo) di tutti i paesi, unitevi! Ma in che senso? Siamo troppi, siamo maledettamente troppi e nessuno ha il coraggio di dirlo e per motivi religiosi e per motivi economici. Non si può infrangere il messaggio unitevi e riproducetevi non si può immaginare che un mercato di fascia medio alta da 60 milioni di persone si riduca a 40 (forse son anche troppi …). “Quasi duemila anni fa, nei giorni del massimo fulgore dell’Impero romano, gli abitanti dell’Italia erano in tutto otto milioni e mezzo. Nel 1200 – al tempo dei Comuni – essa tornò a contare otto milioni e mezzo d’individui. Attorno al 1300 – epoca delle Signorie – il numero degli italiani batté ogni record, raggiungendo la cifra di undici milioni. Nell’anno 1400, la popolazione della penisola era decimata: solo otto milioni di unità. Nel 1550, la popolazione della penisola conobbe un nuovo primato di undici milioni e seicentomila abitanti. La crisi agraria della fine del Cinquecento, la più disastrosa dell’epoca moderna, produsse in molte zone effetti catastrofici. Attorno al 1650, la popolazione italiana ridiscese a undici milioni e mezzo di unità. Da allora in poi, tornò a crescere: più di tredici milioni nell’anno 1700, più di quindici milioni nel 1750, più di diciotto milioni nell’anno 1800 “(1)

Con 60.387.000 di abitanti (al 1º gennaio 2010), l’Italia è il quarto paese dell’Unione europea per popolazione e il 23º al mondo. Il Paese ha, inoltre, una densità demografica di 200,03 persone per km/q. Nel 1860 la popolazione italiana ammontava a poco più di 22 milioni, nel Novecento, fino agli anni settanta l’aumento demografico fu invece più sostenuto. La popolazione italiana, tuttavia, è rimasta sostanzialmente invariata tra il 1981 e il 2001 (crescita zero), per poi riprendere ad aumentare nel primo decennio del III millennio, soprattutto per via dell’immigrazione in quanto il saldo naturale è stato o negativo o di poco superiore a 0. Al 1º gennaio 2010, secondo l’ISTAT, gli immigrati regolari in Italia costituivano il 7,1% della popolazione.(5) Ma quanti dovremmo essere per preservare l’italico suolo? Quanti turisti dovremmo ospitare all’anno senza danneggiare il paese? Quanti contratti l’anno dovremmo fare agli immigrati? Dovremmo consentire agli immigrati di stabilirsi definitivamente in Italia?

Paradossalmente in un paese come l’Italia la cosa più sensata da proporre, per preservare la vita, il biotipo italico, il suolo i laghi e i fiumi e tutte le altre risorse, è disincentivare le nascite, ridurre i consumi per preservare le ricchezze autoctone e limitare temporalmente la permanenza degli immigrati. Ve lo immaginate un politico che va in televisione a dire queste cose da Bruno Vespa? L’argomento della sovrappopolazione è tabù e chi lo solleva nei Paesi cattolici perde voti perché la Chiesa di Roma si è impegnata in una difesa della vita, della vita già dell’embrione, il che di fatto produce una crescita demografica dissennata. Anche la maggioranza dei demografi, è vero, avversa la limitazione delle nascite (G.Sartori (2)). In più non facciamo guerre (meno male …) e abbiamo un sistema sanitario tutto sommato efficiente. Questi due elementi che in passato erano stati forti regolatori del numero della popolazione oggi non “lavorano”.

Ma oggi disponiamo di una serie di parametri per definire l’impatto antropico ad esempio: la carbon foot che può essere definita come la porzione di terreno di cui ha bisogno ciascuna persona per vivere, cioè per ricavare le risorse che impiega e smaltire i rifiuti che produce Insomma, si tratta di tradurre in ettari di suolo tutto ciò che ci serve per vivere; la carrying capacity, noi italiani occupiamo virtualmente un territorio grande dieci volte l’Italia; la carrying capacity pro capite dell’Italia è di 1,1 ettari, vuol dire che ogni italiano dovrebbe poter vivere in uno spazio di queste dimensioni (3).

Qualcosa sta cambiando nello stile di vita dei cittadini. Il nuovo Rapporto stilato da Cittalia sulle 15 realtà metropolitane italiane mira ad evidenziare due trend, nello stesso tempo, antitetici. Da un lato i dati crescenti sulle emissioni di C02 delle 15 città metropolitane prese in esame e dall’altro un cambiamento di rotta, in fieri, nei comportamenti individuali dei singoli cittadini. Infatti, si manifesta una sempre più evidente “coscienza ambientale” lontana da mode passeggere.La ricerca ha misurato l’impatto ambientale in termini di emissione di CO2 generate dai consumi e dai comportamenti quotidiani dei singoli cittadini residenti nelle 15 città. Quattro le aree analizzate: consumi elettrici domestici, consumi residenziali di gas, trattamento di rifiuti e trasporto privato di persone (escluso il trasporto pubblico). Il rapporto misura la carbon-foot del cittadino nel corso del decennio 2000-2009.

Qualche numero potrà darci la misura della qualità della vita nelle nostre città. Ad esempio, prendendo come punto di riferimento il dato medio di emissioni nelle 15 realtà considerate di CO2 procapite pari a 1.804 kg e come anno di riferimento il 2009, si noterà che, tra le città maggiormente inquinanti vi è Roma, in cui le emissioni di C02 ammontano a circa 2.406 kg (questo anche per il suo alto indice di popolosità). A seguire Torino con 2.303 kg, Firenze 2.296 kg, Bologna 2.284 kg, Trieste 2.215 kg e Milano con 1.842 Kg, poco più della media. La gran parte delle emissioni totali di CO2 si rilevano nelle città del centro nord che vede Roma capolista con circa 6.600 migliaia di tonnellate, seguita da Milano con 2.408 e Torino con 2.904 (ben oltre la soglia media di 1.261 migliaia di tonnellate). Le città del sud, invece, complessivamente fanno registrare quote inferiori di emissioni di CO2. Nell’insieme le città di Roma, Milano, Torino e Genova sono responsabili per circa il 65% delle emissioni totali mentre quelle del sud del 20% appena.

L’UE ha introdotto, con la direttiva 87/2003/CE, il sistema dei permessi di emissione, che ha determinato la nascita dell’Emissions trading, il mercato delle emissioni. Nel caso delle città in esame i costi più alti si registrano a Roma con 92,6 milioni di euro, cui seguono Milano con 33,8 e Torino con quasi 30 milioni di euro. Più del 48% delle risorse è destinato a piani ambientali; a confermare questo dato sono le città di Roma, Milano e Bologna. È la mobilità urbana al centro della maggior parte degli interventi (circa il 65% dell’ammontare complessivo); a seguire progetti legati alla tutela del territorio (24%) e interventi legati alla gestione delle acque (7%), soprattutto al sud.

Sono principalmente le abitudini di consumo individuale a incidere sull’ambiente. Disattenzione e fretta sono nemiche di stili di vita eco-sostenibili. Ad aggiudicarsi la maglia nera di “spreconi” sono i cittadini di Milano e Messina mentre un’attenzione più marcatamente eco-friendly si rileva tra gli abitanti di Catania, Venezia, Reggio Calabria e Genova. (4) Nel 1900 la popolazione mondiale era di 1,6 miliardi. Nel corso di un secolo è aumentata nettamente e questa tendenza non accenna a diminuire. Se alla fine del 1999 eravamo più di 6 miliardi, nel 2007 abbiamo già raggiunto i 6,5 miliardi e, secondo l’ultimo Population Prospect delle Nazioni Unite uscito agli inizi di marzo, saremo con ogni probabilità (variante media) 9,2 miliardi nel 2050.

Il risultato è naturalmente un sempre maggiore impatto sulle risorse naturali. Una delle più recenti ricerche condotta dal Sustainable Europe Research Institute (SERI) sui flussi delle materie prime che attraversano le economie mondiali attesta che la quantità annuale delle risorse estratte dagli ecosistemi a livello globale da parte delle società umane è aumentata dai 40 ai 53 miliardi di tonnellate l’anno nel periodo che va dal 1980 al 2002, un arco di soli 22 anni. Si prevede che nel 2020 arriveremo a sottrarre agli ecosistemi 80 miliardi di tonnellate annui.(5)

“Scavando su web ” tramite google ho trovato quest’articolo: L’INCONTRO TRA TRUMAN E DE GASPERI: Il presidente del Consiglio ha infine sottolineato la gravità del problema della sovrappopolazione dell’Italia e ha informato Truman degli sforzi del governo di Roma nella ricerca di soluzioni internazionali al problema dell’emigrazione italiana. Dunque, sui quotidiani del settembre 1951 si leggevano frasi come quella evidenziata. Frasi che sottolineavano come un’Italia popolata da poco più di 40 milioni di persone fosse un’Italia afflitta da un “grave problema di sovrappopolazione“.(6) Il problema è dunque noto, da tempo e a tutti forse è il caso di cominciare a parlarne. E’ sia un problema d’inquinamento antropico dove il numero eccessivo di umani è fattore di inquinamento e questione di comportamento eco sostenibile.

Riccardo Lo Schiavo

(1) La Popolazione italiana. Un profilo storico di Bellettini Athos; Tassinari F. (cur.) Einaudi

(2) http://archiviostorico.corriere.it/2010/agosto/09/crescita_demografica_non_bene_all_co_9_100809003.shtml

(3) http://www.ilcambiamento.it/inquinamenti/impronta_ecologica.html

(4) http://www.cittalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2658:prime-anticipazioni-sul-qrapporto-cittalia-2010-cittadini-sostenibiliq&catid=1:documenti-cittalia

(5) http://www.wwf.it/client/render.aspx?root=555

(5) Wikipedia

(6) http://www.oilcrash.com/italia/commenti/degasper.htm



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