11 febbraio 2009

LE CASE MUSEO A MILANO


Da un accordo di programma sottoscritto nel 2004 fra Regione Lombardia e Comune di Milano, con il sostegno di Fondazione Cariplo nasce una nuova rete museale, dedicata alle Case Museo di Milano; dall’ottobre 2008 il circuito è attivo e comprende alcuni dei musei più noti e altri pochissimo conosciuti della nostra città. Il Museo Poldi Pezzoli, il Museo Bagatti Valsecchi, la Casa Boschi Di Stefano e la neonata ( in qualità di museo) Villa Necchi Campiglio, recente acquisizione del FAI, oggi sono correlati fra di loro e costituiscono un polo omogeneo e del tutto specifico della cultura artistica milanese.

Il fatto, al di là di ogni positiva valutazione, pone delle questioni di fondo che la politica culturale dovrebbe considerare.

quattro musei riuniti nel circuito dimostrano di riconoscere nella loro identità di casa museo un valore, non solo da salvaguardare, ma anche da potenziare al fine di un migliore funzionemento delle singole realtà museali. L’assioma “insieme si vince” o “l’unione fa la forza” si fonda, in questo caso, sul disperato tentativo di singoli musei di divenire interlocutori non tanto e non solo della città, quanto delle amministrazioni di riferimento. Va detto che certamente l’idea di elaborare una progettualità quanto meno coordinata e di dare inizio all’abitudine di un lavoro comune risponde certamente alle esigenze dei musei e del loro porsi nella vita culturale della città. Da sempre ci si lamenta di come in Italia i musei siano delle isole più o meno abbandonate alle iniziative spesso meritevoli dei direttori, degli assessorati, dei funzionari preposti.

I musei infatti non sono abituati a lavorare fra di loro, nè è valso il tentativo dell’allora assessore Carrubba di costituire una sorta di riunione dei musei milanesi sul modello di quella più nota e più fortunata della Francia. Questo colpevole far da sé nuoce alla vita culturale del paese e non facilita soluzioni condivise nell’ambito della comunicazione, della gestione e della valorizzazione del nostro patrimonio artistico

Tutto ciò premesso, ci si domanda però quali esiti reali potrà avere questa nuova rete delle case museo. Si tratta di realtà tanto diverse fra di loro da far fatica a capire quale progetto comune le possa legare. Se infatti il Poldi Pezzoli è una realtà storica che trae le sue origini nella cultura aristocratica e illuminata del collezionismo di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, a cui è corrisposta una tradizionale e sapiente conduzione del museo fino a renderlo portavoce nel mondo di questa specifica identità, poco si può dire della recente villa Necchi Campiglio, se non che è affascinante per l’architettura del Portaluppi, lo splendido giardino e quel sapore retrò di un arredo interessante, cui la donazione d’arte contemporanea di Claudia Gianferrari conferisce innegabile prestigio. Ma la villa non è un museo, o per lo meno non lo è ancora, né appare una casa museo se non nella misura in cui tutte le case belle, ricche, ben arredate, lo possono essere.

Gian Giacomo Poldi Pezzoli aveva consapevolezza delle scelte che operava e un’idea civile ed altissima; sapeva di rendersi interprete del gusto migliore di un’epoca, tanto che la sua casa è espressione del suo pensiero, del suo gusto e nel contempo di una collettività che in essa si riconosceva e che in essa ancora riconosce una testimonianza storica e artistica importante ed unica. Il fascino della villa Necchi non nasce da tanta consapevolezza, né ha una storia che possa in qualche modo essere confrontata con quella del Poldi.

Le bellissime opere di Claudia Gianferrari sono state collocate in un contesto per cui non sono nate e con il quale non hanno rapporto alcuno. L’innegabile interesse della villa non ha, dunque, nulla a che vedere con la dimensione museale e ci si chiede cosa la leghi al Poldi Pezzoli.

Il Museo Bagatti Valsecchi è certamente una casa museo, ma, anche qui, quale differenza con il Poldi, non solo per la qualità e l’importanza delle opere conservate nei due musei, ma per l’assenza dal Bagatti di qualsiasi progettualità museale. L’avvio del museo che aveva offerto ben altre speranze è stato presto interrotto per un pragmatismo al quale non è corrisposta una convinta e qualificata attività culturale.

Casa Boschi, in una città che normalmente trascura l’arte del Novecento, è un raro esempio di un collezionismo difficile a vedersi altrove e i coniugi Boschi Di Stefano, che non hanno certamente pensato alla loro casa come ad un museo, hanno però in qualche modo operato secondo i criteri di un collezionismo attento e colto ed erano capaci di intuire le novità dell’epoca e di scorgere nelle nuove generazioni le grandi promesse dell’arte.

Visitare casa Boschi è un’avventura emozionante che dà la misura di una borghesia illuminata, per nulla aristocratica, ma protesa all’eccellenza. Potrà questa casa museo lavorare con il Poldi Pezzoli e tutte quattro insieme queste case potranno rappresentare una concreta prospettiva per Milano? Naturalmente ce lo auguriamo, ma non possiamo negare alcune perplessità che qui si sono volute esprimere.

Il problema è rompere l’isolamento dei musei ed aprire un tavolo di lavoro e di programmazione comune prendendo ad esempio le recenti esperienze torinesi e veneziane. Se questa rete potesse avviare un processo di tal genere dovremmo riconoscere che, al di là della sua strana composizione, il circuito delle Case Museo di Milano corrisponde ad una scelta intelligente e lungimirante.

Anna Maria Carminati



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