8 marzo 2011

DARSENA 1980: ACQUA MUSEI CULTURA DELLA CITTÀ


Erano i primi anni ’80 e ricoprivo allora la carica di vicesindaco e assessore alla cultura. Il riassetto dell’area dei Navigli era già uno degli obbiettivi della Giunta di allora. Il progetto di riqualificazione della Darsena voleva realizzare un “museo dell’acqua”, ovvero ricordare che la fortuna di Milano era legata all’acqua, come aveva documentato la mostra su “Milano capitale dell’Impero romano 286 – 402 dC”; inoltre tale destinazione era inserita nel contesto di una sistemazione complessiva delle strutture culturali di Milano. In particolare, con una commissione di esperti, avevamo elaborato, la proposta di creare nuove possibilità per il “Museo della Scienza e della Tecnica”, sistemando la parte navale presso la Darsena e la parte ferroviaria e dei trasporti presso la stazione di Porta Genova, che doveva essere sostituita da San Cristoforo.

Per inciso, una linea di metropolitana leggera doveva collegare appunto San Cristoforo, San Siro, Lampugnano e Milano Certosa, futura stazione dell’alta velocità, in modo di creare un collegamento di trasporto pubblico esterno al centro. Con l’acquisizione dell’Ansaldo si realizzava un forte centro culturale, dove concentrare le scuole civiche di cinema, televisione e di arte applicata (liberando spazi al Castello per le civiche raccolte d’arte e per nuove strutture espositive per il Castello) e creare laboratori disponibili per i giovani per fare teatro, musica, ed esposizioni legate alla multimedialità. Ciò consentiva di fare due altre operazioni: da una parte aprire la parte destra del Naviglio, riunificando la città, interrotta dalla linea ferroviaria, e dall’altra creare un grande polo culturale Darsena – Navigli.

Dopo la dismissione dell’area di San Vittore. Il progetto da noi elaborato prevedeva di destinare la struttura carceraria a una “città della memoria”, ovvero di concentrare lì istituti, enti e archivi, che, mantenendo la propria autonomia, potevano usufruire così di servizi comuni, abbattendo i costi di gestione; inoltre vi era la possibilità di accrescere gli spazi per tutti gli istituti e di raccogliere gli archivi dei privati e delle aziende, di disegni industriali, di progetti di prodotto e di produzione, che altrimenti andavano dispersi o fuori Milano. Per il Museo della Scienza e della Tecnica, si trattava di conservare nell’attuale sede la parte storica e di creare un “parco della scienza e della tecnica” sull’area di proprietà del Comune di Milano, davanti alla stazione di Gorgonzola della linea MM2, ovvero sullo stesso asse di trasporto pubblico.

Il “polo San Vittore” diventava così un luogo dove concentrare la storia di Milano, in particolare del suo sviluppo industriale, tecnologico e scientifico. Inoltre, utilizzando meglio il Castello, si poteva pensare di creare un altro polo con la Triennale, l’Arco della Pace e l’Arena, uno spazio unico nel suo genere; per questo si era pensato di chiudere e pedonalizzare Foro Bonaparte, via Legnano e via Alemagna, in modo che ci fosse una grande area culturale e di verde dal Duomo all’Arco della Pace. In tal senso, si erano avviati degli studi per progettare sottopassi e strade sotterranee, che consentissero di liberare dal traffico privato l’area interessata.

Nel contempo, nello spazio di via Messina – via Procaccini (ndr attuale Fabbrica del Vapore) si pensava di realizzare laboratori per l’arte contemporanea, con spazi adeguati anche per ospitare “cantieri” di artisti, italiani e stranieri che lavorassero insieme con i giovani, e nel contempo arricchire, con le opere prodotte, le collezioni del Comune. Quest’area era strettamente collegata con Farini – Garibaldi – Varesine, cioè la zona con la più grande concentrazione di trasporto pubblico della Lombardia, dove con gli oneri di urbanizzazione era possibile realizzare la nuova biblioteca centrale e il museo di arte moderna, insieme con la nuova Accademia di Brera. Il disegno era quello di conservare nell’attuale sede i corsi “storici”, mentre in una nuova sede creare nuovi spazi per la didattica e per la creazione, pensando anche allo sviluppo futuro.

Per questo, si pensava anche alla Bovisa come centro di formazione, documentazione e informazione per il design, insieme a una destinazione appropriata per Palazzo Reale, Arengario, Palazzo Dugnani, Villa Belgiojoso, e la Villa Reale di Monza. In questo senso, in una prospettiva di dieci anni, si pensava non solo di riqualificare il patrimonio esistente, ma anche di creare nuove possibilità di sviluppo, con spazi, archivi informatici, biblioteche, centri di documentazione, di formazione e di informazione. In definitiva, si cercava di valorizzare, anche dal punto di vista urbanistico, la “città di Leonardo”. Allora forse si pensò troppo in grande, ma certo c’era un progetto di città che oggi non c’è.

Luigi Corbani

 

 



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