8 marzo 2011

musica


POVERO BRAHMS!

Le Serate Musicali (tutti i lunedì sera alle 21 al Conservatorio e molte altre sere, anche altrove) offrono ai milanesi uno dei migliori programmi di stagione, un ciclo ricco di iniziative e di novità, soprattutto con una qualità media molto elevata. Ma siccome nessuno è perfetto, capita anche a loro di prendere qualche scivolone; e l’altra sera il capitombolo è stato spettacolare.

Programma: Johannes Brahms, Concerto per violino in re maggiore opera 77 e Quarta Sinfonia in mi minore opera 98, due fra le più belle opere della seconda metà dell’ottocento, due capolavori grandiosi ed amati come pochi altri. Suonava l’Orchestra di Padova e del Veneto (plasmata in quarantacinque anni di vita da grandi musicisti e direttori come Peter Maag, Bruno Giuranna, Claudio Scimone, recentemente da Mario Brunello, ma soprattutto da Piero Toso che ne è stato il primo violino, e vero direttore stabile, fino a un anno fa) diretta dal cinquantenne violinista salisburghese Thomas Zehetmair, noto soprattutto come specialista di musica contemporanea.

Da anni ormai andiamo ripetendo una cosa che Zehetmair evidentemente non condivide: che non si può e non si deve suonare e dirigere insieme (figurarsi poi un grande concerto, come quello di Brahms, che prevede un impegno assoluto, di quelli che stremano le migliori energie) e che ci si deve specializzare in una sola delle due discipline, perché non basta una vita per arrivare ad eccellere nell’una o nell’altra.

Zehtmair dev’essere un buon violinista e un bravo musicista, a giudicare dal bel suono del suo strumento, dalla morbidezza con cui lo fa cantare, dalla lucidità delle cadenze (a proposito, perché i programmi di sala non indicano mai gli autori delle cadenze? di chi erano quelle eseguite l’altra sera?) ed anche dalle molteplici attività che lo vedono impegnato in tutto il mondo. Ma evidentemente è un artista dotato di un ego strabordante e di una autoreferenzialità che lo privano di spirito autocritico.

Le continue piroette per fronteggiare di volta in volta il pubblico e l’orchestra, insieme alle sgraziate movenze necessarie per dare il tempo (ma solo quello!) all’orchestra mentre suona il suo violino, finiscono non solo per annullare o quanto meno ridurre la concentrazione e il piacere dell’ascolto, ma soprattutto sbiadiscono l’esecuzione al punto tale che l’altra sera il Concerto brahmsiano – a dispetto della abilità del solista – è diventato una vera e propria melassa. Complice anche l’orchestra che sembrava patire molto l’assenza di Toso e mostrava palesi segni di distrazione (che pena, ad esempio, quelle maldestre entrate dei corni!).

Dopo un bis (di Honegger?) che nulla aveva a che spartire con il programma della serata, nel secondo tempo è arrivato il peggio, Brahms è addirittura scomparso, sembrava di ascoltare Nono o Dalla Piccola: l’attenzione del direttore era totalmente puntata sulla costruzione formale e sul linguaggio, come molto spesso si è costretti a fare con la musica contemporanea, mentre veniva clamorosamente ignorata la dimensione poetica, spirituale, emozionale, sentimentale del capolavoro brahmsiano.

Tutta la Quarta Sinfonia è basata sull’antico ritmo della Ciaccona, una danza un tempo popolare poi diventata di corte, interamente fondata su un basso ostinato; ma è solo nell’ultimo tempo, l’Allegro energico e passionato, che quella danza trova una delle sue rare espressioni formalmente compiute come in quel celebre brano conclusivo della Seconda Partita per violino solo di Bach, magistralmente trascritto per pianoforte da Ferruccio Busoni e reso ancor più celebre dalla commovente esecuzione che ne ha lasciato Arturo Benedetti Michelangeli.

La Ciaccona di Brahms è costituita da un tema di sole otto note, una per battuta, sulle quali sono costruite trentacinque variazioni che ne sfruttano ogni potenziale ritmico, melodico, armonico. Con un senso di unità che non si trova neppure nelle sinfonie beethoveniane, Brahms ci prepara a questa immensa costruzione musicale attraverso tutti e tre i tempi precedenti (allegro non troppo, andante moderato, allegro giocoso) facendo convergere tutta l’opera verso quelle otto note che, quando finalmente vengono esposte nella loro essenzialità, sembrano rivelare una sorta di clamorosa “verità”, provocare una esplosione luminosa.

A tutto ciò il violinista-direttore non ha attribuito alcuna importanza; ha trattato l’intera sinfonia come fosse costruita su una serie, un puro meccanicismo tecnico, senz’anima né passione, senza il tormento e la tensione delle parti iniziali (quel tema dolente, ansimante del primo tempo …) e senza la conseguente emozione della risoluzione nel finale.

Massimo Mila ha scritto: “Nell’anima di chi ha scritto la Quarta Sinfonia sono passate le forze che hanno sconvolto il mondo negli ultimi cent’anni e le esperienze di vita su cui sorgono Proust e Kafka, Freud e Joyce, Musil e Thomas Mann; solo che Brahms è il più grande di tutti, e la storia della cultura non riuscirà mai a farsi un quadro completo ed esauriente del decadentismo europeo, finché trascurerà d’annettersi quei valori musicali” L’avrà letto Zehetmair? Avrà letto Proust e Kafka, Freud e Joyce, Musil e Thomas Mann?

 

Musica per una settimana

*giovedì 10 e sabato 12 marzo al Teatro Dal Verme l’orchestra dei Pomeriggi Musicali ci propone il “Concerto per violino e orchestra” opera 35 di Tchaikowskij, con Yossif Ivanov, preceduto da un Song di Arvo Pärt e seguito dalla suite di Pulcinella di Strawinskj

* giovedì 10, venerdì 11 e domenica 13 marzo all’Auditorium, l’Orchestra Verdi con la sua direttrice Xian Zhang esegue la Quinta Sinfonia di Mahler in do diesis minore, preceduta da “Rendering” di Luciano Berio, composizione del 1989 costruita su musiche e frammenti di Schubert.

* giovedì 10, sabato 12, martedì 15 e sabato 19 alla Scala, l’opera “Death in Venice” di Benjamin Britten, diretta da Edward Gardner per la regia di Deborah Warner ed un cast rigorosamente e giustamente inglese.

* giovedì 10 marzo, al Conservatorio, per le Serate Musicali, come avevamo già annunciato, un programma dedicato alla viola di Yuri Bashmet che suona e dirige (siamo sempre lì!) i Solisti di Mosca con musiche di Paganini, Alessandro Rolla (Pavia 1757-1841) e una novità del giovane violoncellista piacentino Lamberto Curtoni, “Concerto per due viole ed archi” scritto appositamente per questa occasione.

* lunedì 14 marzo la Filarmonica della Scala,
con Barenboim al pianoforte, esegue i due Concerti di Liszt, in mi bemolle e la maggiore, facendoli precedere da un’Ottava Sinfonia di Beethoven e in mezzo una prima assoluta, le “Variazioni per orchestra” commissionate dalla stessa Filarmonica a Carlo Boccadoro, il tutto sotto la bacchetta di Omer Meir Wellber che ha appena terminato le repliche della tanto discussa Tosca.

* lunedì 14 marzo al Conservatorio, per le Serate Musicali, i Zukerman Chamber Players (violinista Pinchas Zukerman) eseguono il Trio in si bemolle maggiore D 471 di Schubert, il Quintetto in do maggiore op. 29 di Beethoven (chiamato del tutto impropriamente “La Tempesta”) ed il Quintetto in si bemolle maggiore op. 87 di Mendelssohn.

* mercoledì 16 marzo, ancora al Conservatorio ma per la Società dei Concerti, il pianista Igor Levit eseguirà i Momenti Musicali opera 94 di Schubert e gli Studi Trascendentali di Liszt.

* da segnalare infine che domenica 20 marzo alla Scala avremo la prima del nuovo Flauto Magico diretto da Roland Böer per la regia di William Kentridge, con Saimir Pirgu e Steve Davislim nella parte di Pamino, Genia Kűhmeier in quella di Pamina e Albina Shagimuratova che sarà la Regina della notte.

* fino al giorno prima, e cioè fino a sabato 19 marzo, proseguiranno invece al Piccolo Teatro le recite di un Flauto Magico tutto diverso, quello di Peter Brook, che sta riscuotendo un grandissimo successo.

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 




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