1 marzo 2011

IL SALTO TRIPLO DI PISAPIA


Tanti modi di dire dello sport sono emigrati verso la politica, il più tragico è stato per noi “discesa in campo”: gli anni di Berlusconi. Vorrei lanciarne uno io: il salto triplo, l'”hop”, lo “step” e il “jump” come usano dire gli esperti. Pisapia l'”hop” – la campagna per le primarie – l’ha superato bene. E partito per primo, una buona rincorsa, è rimasto in testa. Il rischio era che non lui ma la sinistra si spaccasse. È andata bene anche se con qualche amarezza. Eccoci allo “step”: la manifestazione di sabato sera. Al Dal Verme la folla delle grandi occasioni e il tutto esaurito anche senza far venire le star nazionali. Doveva essere la presentazione del programma frutto del lavoro della “officina” e lo è stata solo in parte ma va bene così: chi ha parlato dal palco ha fatto capire che un programma c’è (per i nostri lettori: programma pisapia), denso di contenuti e frutto di una larga consultazione di cittadini attivi.

Ora arriva la parte più difficile: il “jump”. Saltare e arrivare primi. Cosa serve? Molto e molte cose diverse. Sino ad ora tutti i successi sono stati per la maggior parte sul fronte interno, tutto dentro il recinto della sinistra: per l’esterno era importante far vedere che c’era e c’è una coalizione compatta e che la volontà di vincere ha conquistato tutti, anche i pessimisti e gli scettici. A questo punto bisogna entrare nella zona grigia quella dei renitenti al voto e degli incerti e tenere presente che tra i primi c’è il segmento costituito dai giovani – al primo e magari al secondo voto – che sono difficili da catturare, malgrado si rincorrano attraverso i social network.

Non deve ingannare il successo delle ultime manifestazioni – “Se non ora quando” delle donne o quelle promosse da Cinque stelle e Popolo viola – perché sono manifestazioni “nate” all’interno dei social network, spontaneamente, non “calate” dall’esterno. È difficile far partire movimenti spontanei che per loro natura sono orizzontali e frutto di opinioni e sentimenti che si sedimentano lentamente, non certo nel breve volgere di una campagna elettorale, anche se sono poi opinioni e sentimenti che si coagulano con grandissima rapidità com’è tipico delle e-community. Forse bisogna pensare a messaggi brevi, molto emotivi e di grande chiarezza ma non credo che gli esperti in comunicazione abbiano ricette di sicuro successo.

Quel che resta comunque è il sistema tradizionale della vecchia sinistra: il rapporto personale e il passa parola e l’azione da frate pellegrino. Chi desidera, vuole, spera in una vittoria di Giuliano Pisapia e con lui il ritorno del centro sinistra a Milano sa bene quello che deve fare: andare personalmente a caccia di voti, almeno uno pescato tra gli indecisi o nel campo avverso. Esiste un modo personale di fare politica senza se e senza ma: è questo. Ma non basta, dobbiamo fare come nelle democrazie moderne, dobbiamo finanziare la campagna del nostro candidato.

Se il finanziamento sarà popolare avremo vinto due volte: dando una dimostrazione di coerenza e sconfiggendo lo scetticismo di quanti dicono “non è affar mio, i partiti trovino i soldi”. Quando un partito, e lo abbiamo visto, cerca i soldi nel migliore dei casi si compromette, nel peggiore si vende. Vinceremo una seconda volta dimostrando che sappiamo fare più di quanto non facciano i pochi che sovvenzionano la destra: per molti elettori contribuire alla candidatura sarà un sacrificio, magari piccolo ma una rinuncia; per quelli della destra solo la conferma che ogni uomo ha il suo prezzo. Basta pagare. Nei prossimi giorni il nostro giornale organizzerà una raccolta di fondi tra i suoi lettori.

L.B.G.



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