1 marzo 2011

PIAZZA SANTA MARIA DELLE GRAZIE: DI PIÙ


S. Maria delle Grazie possiede un nuovo sagrato. Lo slargo davanti alla Chiesa è stato da poco interamente rinnovato: pavimentazione in larghe lastre di granito; paracarri in masselli di serizzo; nuovo marciapiede circolare lungo il percorso di ingresso delle auto e di uscita da dove sono venute. La piazza infatti, nella nuova sistemazione, non è stata riaperta al traffico di transito tra corso Magenta e via Ruffini come si temeva. Un riconferma necessaria: la piazza resta così tranquilla, appartata, accogliente per i cittadini che vogliono sostarvi. Viene tuttavia spontaneo porsi una domanda: perché aver interrotto a metà il progetto di isolamento? Dal momento che si è presa la felice decisione di mantenere la piazza protetta e silenziosa forse più di quanto non fosse prima, perché non la si è resa isolata e riparata del tutto? Una barriera fisica eretta per separarla interamente da corso Magenta farebbe del sagrato un vero luogo “sacro”, cioè raccolto e defilato. La barriera può essere realizzata in più modi: un filare di fitti e densi cespugli, tali da impedire di attraversarli con lo sguardo; oppure un setto di muratura ricoperto da un bel rivestimento o da una parete di edera; o ancora una superficie piena artisticamente dipinta e decorata.

Sta al progettista scegliere la soluzione più adatta al luogo; e più rispondente al suo indirizzo progettuale, al suo gusto creativo. Ma se la varietà di soluzioni può essere lasciata libera, deve al contrario essere definito e considerato vincolante l’obiettivo da raggiungere, cioè la creazione di uno slargo, “segreto e secretato”, ossia di un luogo non scoperto lungo i lati, non aperto in ogni direzione, non esposto alla vista di ogni passante, sia esso un pedone, un automobilista, o un viaggiatore trasportato da mezzi pubblici. Soltanto così, se ben difeso e recintato, lo slargo può diventare un luogo di sosta, di riposo, di ricreazione. E può costruire per mamme con bambini, o per nonni con nipoti, la meta di una passeggiata e contemporaneamente un angolo di sosta e di ricreazione.

Il frequente ricorrere di persone venute a visitare la chiesa mette in luce una seconda grave carenza riscontrata nella sistemazione del sagrato: mancano le panchine. Dove ci si siede? Dove ci si riposa? Dove ci si accomoda quando si vuole guardare la nota facciata “a capanna” di Santa Maria delle Grazie? Se si aggiunge poi che a sinistra della facciata è collocato l’ingresso all’ “Ultima Cena”, davanti al quale, nei mesi di più intenso flusso turistico, i visitatori devono rassegnarsi a snervanti e lunghe attese, ci si domanda per quale irresponsabile dimenticanza siano state trascurate le panchine per il pubblico. E gli alberi? Non se ne vede nessuno; né sembrano predisposte le buche di terreno in cui piantarli; eppure sarebbero utili e graditi. Anche se la loro ombra non servirebbe, per ora, a rinfrescare le panchine inesistenti, almeno nei periodi estivi potrebbero evitare che il lastrico in pietra diventi rovente, che il riverbero della pavimentazione si faccia accecante, che l’aria del meriggio si trasformi in cappa afosa.

Una progettazione più lungimirante e più ricca di fantasia potrebbe supporre un accordo tra Comune e vicina Scuola Elementare, allo scopo di rendere accessibile al pubblico il giardinetto che si trova adiacente alla scuola e affacciato al sagrato della Chiesa; si creerebbe una gradevole zona di vegetazione, sufficientemente ampia per accogliere non solo i visitatori del Cenacolo e gli ammiratori dell’abside del Bramante, ma anche per servire agli abitanti dell’intero quartiere. Forse si potrebbe anche ipotizzare la presenza di acqua corrente e una fontana a getto costante. La fontana sarebbe di sicuro più sensata, più apprezzata e più utilizzata di quanto non lo sia l’insulso specchio d’acqua creato nella vicina piazza Cadorna, al centro di un inarrestabile carosello di automobili.

Nel cartello esplicativo dei lavori in corso non compare il nome del progettista: l’Assessorato all’Arredo Urbano ha voluto sviluppare l’intero progetto senza ricorrere alla competenza di un architetto-urbanista. E ha sbagliato: gli stessi soldi sarebbero stati spesi meglio. Se ci fosse stata una visione globale del problema, più meditata e meglio approfondita; molti errori avrebbero potuto essere evitati. Nei programmi dell’Amministrazione Comunale non compare e non sembra avere importanza l’incarico professionale, cioè il concetto che la progettazione degli spazi esterni sia affidata a persone esperte; e che le aree esterne frequentate dal pubblico siano studiate e disegnate con lo stesso impegno applicato nelle opere di architettura.

Il Comune è attrezzato per realizzare manutenzioni spicciole, riparazioni minori, modifiche secondarie: ma non ha la capacità di intraprendere né un intervento coraggioso (che non vuol dire necessariamente costoso); né una proposta brillante (che non vuol dire per forza stravagante); né una visione di ampia e lunga prospettiva. Manca, invece (e lo dimostra il recente infelice Piano di Governo del Territorio) e non è avvertita neppure in embrione una chiara idea di come debbano essere gli spazi pubblici in cui muoversi o sostare; di quale sia la forma esterna da dare alla città.

Conversando con Luca Beltrami Gadola sulla recente sistemazione di piazza Santa Maria delle Grazie, ed elencandone i molti difetti e punti deboli, si è pensato di passare in rassegna altre piazze della città, meritevoli di essere scoperte e valorizzate, per poterle poi rendere frequentabili dai cittadini con più agio e maggior conforto. Gli spazi pubblici da abbellire non sono pochi; i luoghi urbani da migliorare non sono esauriti; le aree all’aperto da valorizzare sono ancora numerose. Ciò che manca non è “la volontà del popolo”, il quale nelle consultazioni ufficiali ha dimostrato di essere attento e partecipe; ciò che manca è la capacità negli Amministratori di intuire, di immaginare, di configurare il volto della nostra città.

Jacopo Gardella

  



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