1 marzo 2011

L’ORDALIA DEL PAT


A volte ritornano, ho pensato. La pubblicazione degli elenchi degli affittuari del Pio Albergo Trivulzio, che come tutti i milanesi un po’ in età considero sempre essere “quello di Mario Chiesa”, avvenuta dopo mesi di “resistere, resistere, resistere” (ahi, chi altro mi ricorda?) da parte dei vertici dell’Istituto è stata ancora una volta un piccolo evento che ha dato la stura a un diluvio: via quindi con gli elenchi del Policlinico, del Golgi Redaelli e di altri nomi mai sentiti. Anche il Circo Barnum politico mediatico è sempre lo stesso: si cercano i nomi “eccellenti”, ci si indigna, il Sindaco chiede “trasparenza” sulle sue nomine e sui comportamenti di chi lei stessa ha nominato, i giornali selezionano e sparano i nomi, la gente si incazza e con la tipica mentalità dei sudditi e non quella dei cittadini sogna una jacquerie tipo Mani Pulite travolgendo con le parole tutto e tutti.

Gli inquilini più o meno eccellenti rischiano di essere lapidati senza distinzione di sesso, religione ed età, tendenzialmente peggiorano la situazione cercando di dare spiegazioni a volte molto sensate (la distinzione tra alloggi popolari e destinati all’affitto sociale e patrimonio immobiliare da mettere a reddito per ottenere risorse per l’attività sociale, per esempio) ma che nel vortice nessuno sta a sentire. Ma perché questa ordalia si ripete a distanza di anni, come un flashback niente affatto divertente? Sono convinto che la cadenza temporale sia del tutto casuale: in questo caso, da un lato la tignosità del presidente della commissione comunale Barbara Ciabò, magari anche per infastidire la non più amica sindaca Letizia, dall’altro, molto più insidioso e preoccupante, il ricorrente tentativo di mettere le mani sull’immenso patrimonio immobiliare pubblico e semipubblico da parte dei soliti noti.

Non dimentichiamoci infatti che la vicenda odierna non parte dal Pat, ma dal Policlinico, dove il neo presidente Cesana, ciellino che più ciellino non si può, dopo pochi giorni dal suo insediamento aveva subito tentato di passare la gestione patrimoniale a Infrastrutture Lombarde Spa, il cuore del sistema di gestione degli appalti regionali dove il tasso di ciellinismo rasenta il 90%, società che essendo del tutto priva di know how di gestione immobiliare avrebbe rapidamente provveduto a subappaltare in seconda e terza fase, il tutto a trattativa privata senza controlli ulteriori. La lite con i “soci” della Lega Nord fece saltare l’operazione, innescando una delle solite operazioni “trasparenza” che ha innescato tutte le altre.

E sono convinto che dal polverone non possa che scaturire un peggioramento della situazione: l’imbrattamento generalizzato della politica e della gestione pubblica farà dimenticare gli anni di malversazione della gestione privatistica del bene pubblico casa: tanto per capirci pensiamo a quel che ha fatto Albertini del patrimonio immobiliare del Comune affidato ai “privati” e che si è ignominiosamente esaurito dopo dieci anni durante i quali non si è fatta manutenzione, è aumentato il degrado e si è peggiorata la gestione.

“Il sole 24 ore” ha già cominciato la campagna dell’antipolitica su questo tema, la sinistra dell’indignazione permanente si è risvegliata dal suo sonno abboccando “senza se e senza ma” all’amo della casa della compagna di Giuliano Pisapia, la Moratti fa volare come uno straccio un altro dei suoi – il presidente del Pat Trabucchi – cercando di ripetere la solita operazione di mescolarsi alla folla e dare dell’assassino al proprio sicario, mentre avvocati e architetti di lorsignori sono già pronti a presentarsi per “salvare” l’etica pubblica pappandosi il boccone che, come nel caso del Policlinico, troppe volte non sono riusciti a ingollare.

Ma se credo alla casualità degli eventi, non credo affatto alla casualità degli effetti. Non penso che sia solo per ragioni elettorali, per esempio, che si cerca di trascinare Giuliano Pisapia nella fanghiglia di questioni delle quali non si è mai in alcun modo occupato: certo, gli strateghi di Donna Letizia cercano di utilizzare qualsiasi appiglio per cercare di arginare l’imprevisto cedimento nei sondaggi preelettorali (nessun Sindaco uscente è mai stato così in difficoltà), ma c’è dell’altro. C’è una parte consistente del Pd che non ha esitato a cercare di sfruttare l’occasione per indebolire o addirittura arrivare a silurare il candidato che lo aveva sonoramente battuto alle primarie e che si è pervicacemente rifiutato di farsi riassorbire nelle logiche della piccola oligarchia partitica come accadde a Ferrante e a tutti gli sfortunati predecessori.

Ma c’è forse di più, nella convergenza fra i protagonisti della mediocre ultima stagione della politica milanese di maggioranza e opposizione: c’è l’idea di cercare di isolare e respingere un possibile Sindaco che ha già dimostrato di essere un corpo estraneo rispetto al sistema a parti fisse della politica milanese e che addirittura minaccia di ripristinare regole e modalità corrette nel sistema pubblico milanese diverse da quelle delle fazioni e dei gruppi che lo hanno “occupato”.

Ironia della sorte (?) è proprio sulla pubblicità dei dati, relativi al patrimonio come a quelli dell’attività pubblica, che Giuliano Pisapia ha detto fin da subito parole chiare e inequivocabili: dati, contratto, elenchi, procedure, tutto deve essere costantemente pubblico (e non a intervallo decennale), attraverso Internet oltre che sull’Albo pretorio o l’inserzione di un giorno sulla “Gazzetta di Ponte Lambro”. Ha fatto propria la proposta di Pietro Ichino (che a sua volta l’ha mutuata dalle democrazie anglosassoni) sulla non esistenza della “sensibilità dei dati” relativi alle attività pubbliche se non esplicitamente e motivatamente deliberata.

Un programma che certo non rassicura chi è abituato alla gestione da “arcana misteri” del potere pubblico milanese e italiano, disponibile ad aprir spiragli e lasciar passare spifferi secondo convenienza e non certo ad aprire porte e finestre per far entrare aria nuova nelle sue stanze. Ancora tre mesi e sapremo se a Milano la capacità di capire e distinguere è tornata, come sembra sia possibile, o se dobbiamo prepararci alla ordalia prossima ventura, grosso modo prevedibile per il 2020.

Franco D’Alfonso



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